Cass. civ., SS.UU., sentenza 26/10/2006, n. 22910
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Nelle prestazioni di lavoro cui si riferiscono - prima dell'intervenuta abrogazione ad opera dell'art. 85, comma primo, lett. c) del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 - i primi tre commi dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 (divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego della manodopera negli appalti di opere e di servizi), la nullità del contratto fra committente ed appaltatore (o intermediario) e la previsione dell'ultimo comma dello stesso articolo - secondo cui i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni - comportano che solo sull'appaltante (o interponente) gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, nonché gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, non potendosi configurare una (concorrente) responsabilità dell'appaltatore (o interposto) in virtù dell'apparenza del diritto e dell'apparente titolarità del rapporto di lavoro, stante la specificità del suddetto rapporto e la rilevanza sociale degli interessi ad esso sottesi.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. IANNIRUBERTO Giuseppe - Presidente di sezione -
Dott. ALTIERI Enrico - Consigliere -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. MORELLI Mario Rosario - Consigliere -
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TO MO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio GHERA-GAROFALO, rappresentato e difeso dall'avvocato GAROFALO Domenico, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO WINNER'S SPORTING FOOTWEAR S.P.A., in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato BENITO PANARITI, rappresentato e difeso dall'avvocato ROTUNNO Giuliano, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 884/02 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 21/10/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 12/10/06 dal Consigliere Dott. Guido VIDIRI;
uditi gli avvocati Edoardo GHERA per delega i dell'avvocato Domenico Garofalo, Giuliano ROTUNNO;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 5 febbraio 1996, NT MO proponeva opposizione davanti al Tribunale di Foggia avverso lo stato passivo del fallimento della Winners's Sporting Footwear s.p.a., dal quale era stato escluso il suo credito di lavoro (L. 286.755.831, oltre accessori), insinuato in via privilegiata a titolo di indennità di mancato preavviso, t.f.r., ferie non godute, trasferte, patto di non concorrenza, retribuzione per prestazioni in giornate festive, canoni di locazione, e rimborso spese. Sosteneva a fondamento della sua pretesa che aveva svolto di fatto attività lavorativa in qualità di direttore marketing in favore della s.p.a. Master Sport, facente parte del medesimo gruppo della Winners's Sporting, pur essa fallita, dalla quale era stato formalmente assunto e che l'aveva periodicamente retribuito, a seguito di accordi intervenuti tra gli amministratori delle due società sicché, configurandosi come unico il centro di imputazione giuridica del rapporto di lavoro, anche la Winners's doveva rispondere del credito di lavoro di esso istante.
Dopo la costituzione della società convenuta che deduceva tra l'altro l'infondatezza della domanda attrice per avere il NT reso le sue prestazioni solo in favore della Master Sport, cui aveva rassegnato le dimissioni - e per non essere la sola apertura di una posizione assicurativa indice della costituzione del rapporto di lavoro con la Winners's, e dopo che nel corso del giudizio il suddetto NT aveva ridotto la sua pretesa per avere ottenuto, a seguito di transazione, il pagamento di parte del suo credito dal fallimento della Winners's Sporting - il Tribunale adito rigettava l'opposizione e condannava il NT al pagamento delle spese del giudizio.
A seguito di gravame del NT, la Corte d'Appello di Bari con sentenza del 21 ottobre 2001 rigettava l'appello e condannava l'appellante al pagamento delle spese, del grado a favore del fallimento della Winners's Sporting. Nel pervenire a tale conclusione la Corte Territoriale osservava che - contrariamente a quanto sostenuto dal NT - il disposto della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, occupandosi delle prestazioni di lavoro rese in violazione
del divieto di intermediazione di manodopera sanciva, con il suo tenore letterale, il principio che in detta fattispecie il lavoratore deve considerarsi "a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente abbia utilizzato" le sue prestazioni. Nel ritenere privo di qualsiasi rilievo il riferimento che, a sostegno della sua richiesta, il NT aveva fatto alla suddetta L. n. 1369 del 1960, art. 3, la Corte Territoriale precisava poi che detta norma ha un ambito applicativo differente da quello proprio dell'art. 1, in quanto quel che rileva ai fini della operatività delle due disposizioni è la natura delle prestazioni appaltate perché nel caso in cui esse siano riconducibili a mere prestazioni di lavoro si ha "l'inserimento del prestatore nella struttura organizzativa dell'azienda appaltante (ipotesi prevista dall'art. 1 della citata Legge)", nel caso invece in cui le prestazioni appaltate riguardano altri fattori produttivi (capitali, macchine ed attrezzature) permane "l'inserimento del prestatore nella struttura organizzativa dell'azienda appaltatrice" (ipotesi che di norma implica l'obbligo solidale di appaltante ed appaltatore di assicurare i trattamenti minimi retributivi e normativi praticati ai dipendenti del primo ai sensi della L. n. 1369 del 1960, artt. 3 e 5). Nel caso in esame non risultava che la prestazione oggetto di appalto tra le due società fosse andata al di là della sola prestazione lavorativa del NT sicché l'unica società obbligata al pagamento delle spettanze rivendicate dal lavoratore doveva ritenersi la Master Sport. Avverso la suddetta decisione NT MO propone ricorso per Cassazione, affidato ad un unico articolato motivo.
Resiste con controricorso il fallimento della società Winners's Sporting Footwear.
Ambedue le parti hanno depositato memorie difensive ex art. 378 c.p.c.. A seguito di ordinanza del 5 dicembre 2005 della Sezione lavoro, che ha rilevato come sulla questione posta dal ricorso le decisioni di questa Corte presentino un panorama non omogeneo, la controversia è stata assegnata, alla stregua dell'art. 142 disp. att. c.p.c., alle Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il ricorso la società Winners's Sporting deduce violazione e falsa applicazione della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
3. Più precisamente la società ricorrente addebita alla impugnata sentenza di avere interpretato la suddetta norma sulla base del solo dato letterale senza tenere così conto che essa - nulla dicendo in ordine alla responsabilità dell'appaltatore o interposto - presenta una lacuna colmabile con una corretta opzione ermeneutica che guardando, invece, alla disposizione nel suo complesso deve condurre a ritenere l'interposto non esonerato dagli obblighi conseguenti al rapporto di lavoro. In altri termini la nullità del rapporto di intermediazione o di interposizione nelle prestazioni lavorative non comporta la liberazione dell'appaltatore o dell'interposto dagli obblighi nati dal rapporto di lavoro perché la responsabilità di tali soggetti, che sono pur sempre i titolari del rapporto di lavoro, permane e concorre in via autonoma con quella dell'imprenditore che ha effettivamente utilizzato dette prestazioni.
1.1. Come è stato ricordato la presente controversia è stata rimessa a queste Sezioni Unite per dirimere un contrasto giurisprudenziale sorto sull'interpretazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, che ha regolato - sino alla sua abrogazione ad opera
dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 85, comma 1, lettera c) - il divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro, che originariamente previsto ex art. 2127 c.c., soltanto per i lavori a cottimo, è stato poi esteso dalla norma ora scrutinata ad ogni attività di lavoro subordinato.
2. Ed invero, un primo indirizzo giurisprudenziale ha ritenuto che in capo all'interposto, ed in concorso con l'interponente, permangono gli obblighi derivanti dal rapporto lavorativo o correlati allo stesso.
Si è in alcune decisioni affermato che i lavoratori, se pure sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze di chi ne abbia utilizzato le prestazioni, possono comunque richiedere l'adempimento di alcuni obblighi, come il versamento dei contributi previdenziali, al datore di lavoro interposto (cfr. tra le altre: Cass. 5 aprile 2004 n. 6649;
Cass. 24 marzo 2004 n. 6144;
Cass. 3 marzo 2001 n. 3096;
Cass. 3 febbraio 1993 n. 1355), evidenziandosi nell'ambito di tale indirizzo: che si configura tra il committente ed il datore di lavoro interposto una obbligazione solidale per il pagamento delle retribuzioni (cfr. in tali sensi: Cass. 27 marzo 2004 n. 6144 cit., secondo cui dal credito retributivo azionato nei confronti del datore di lavoro interposto deve essere detratto comunque quanto percepito dall'interponente datore di lavoro);
che in ogni caso il datore di lavoro interposto non può essere sottratto alla responsabilità "retributiva" dei lavoratori da lui formalmente dipendenti sicché questi ultimi, in caso di fallimento del datore di lavoro apparente, ben possono esigere dal fondo di garanzia il pagamento del t.f.r. secondo modalità e