Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 20/12/2021, n. 40730

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 20/12/2021, n. 40730
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 40730
Data del deposito : 20 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 17564/2015 R.G. proposto da V C, rappresentata e difesa dall'avv. A O, e dall'avv. A A, presso cui è elettivamente domiciliata in Roma alla piazza dei Carracci n.1;
-ricorrente -

CONTRO

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata ai soli fini dell'eventuale partecipazione all'udienza dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma alla via dei Portoghesi, n. 12;
-resistente- avverso la sentenza n.1213/5/14 della Commissione tributaria regionale dell'Emilia - Romagna, pronunciata in data 4 aprile 2014, depositata in data 13 giugno 2014 e non notificata. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2021 dal consigliere A G. RILEVATO CHE: C V ricorre con due motivi avverso l'Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n.1213/5/14 della Commissione tributaria regionale dell'Emilia - Romagna, pronunciata in data 4 aprile 2014, depositata in data 13 giugno 2014 e non notificata, che ha accolto l'appello dell'ufficio, in controversia concernente l'impugnativa dell'avviso di accertamento del maggior reddito ai fini Irpef per l'anno di imposta 2003;
la C.t.r., con la sentenza impugnata, ha accolto l'appello dell'ufficio, ritenendo che la somma di euro 101.225,50, erogata nell'anno 2003 da Immobiliare Ferraria s.a.s. alla ricorrente, in qualità di socia della stessa, fosse imponibile ai fini Irpef, dovendosi ritenere liquidazione della quota societaria e non restituzione di finanziamento;
riteneva la C.t.r. che dalla transazione intervenuta tra la società ed i soci si ricavasse il titolo della pretesa transatta, cioè la liquidazione della quota societaria spettante ai soci, dovendosi rilevare che l'indicazione, nell'atto transattivo, dell'ulteriore causale di restituzione di pregressi finanziamenti dei soci alla società fosse solo ipotetica, dichiarata dal socio ma non confermata dalla società;
comunque, la C.t.r. concludeva nel senso della fondatezza della pretesa tributaria, in quanto da nessun atto emergevano elementi «dell'esistenza di un finanziamento da restituire e di un collegamento causale tra questo ed il pagamento» a parte la mera dichiarazione della socia in sede transattiva;
secondo i giudici di appello, sarebbe stato onere del contribuente dimostrare documentalmente se ed in che misura una parte di tale pagamento, stabilito in via transattiva, fosse da imputarsi alla restituzione di pregressi finanziamenti e non all'unico titolo dimostrato e riconosciuto (cioè la liquidazione della quota societaria);
la C.t.r. sosteneva che, a tal fine, non poteva essere preso in considerazione il bilancio societario al 31.12.94 in quanto successivamente emendato sul punto tramite ravvedimento operoso, ove le entrate imputate a finanziamento soci erano in realtà ricavi di vendita in tal modo sottratti a tassazione, come era stato ammesso dai soci superstiti nel corso del giudizio civile e confermato dal CTU nominato in quel giudizio;
la C.t.r. rilevava anche che tali circostanze erano tutte riportate nella motivazione dell'accertamento e che l'ufficio, salva la sua discrezionale valutazione, poteva legittimamente utilizzare risultanze documentali formatesi in altri procedimenti (nel caso di specie il giudizio civile);
infine, il giudice di appello riteneva che non fosse condivisibile il valore determinante assegnato dal primo giudice al decreto ingiuntivo, emesso sull'istanza della socia di restituzione dei finanziamenti, in quanto sul medesimo non soltanto non si era formato alcun giudicato, ma nemmeno era stato oggetto di accertamento giurisdizionale, atteso l'esito dell'opposizione;
a seguito del ricorso, l'Agenzia delle entrate si costituisce ai soli fini dell'eventuale partecipazione all'udienza;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 12 novembre 2021, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

CONSIDERATO CHE:

con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e 1363 cod. civ., in rapporto agli artt. 5 e 16 , comma 1, lett.I) d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, in relazione all'art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.;
secondo la ricorrente, il giudice di appello sarebbe incorso nella violazione delle norme di ermeneutica contrattuale, non individuando la comune intenzione dei contraenti nell'atto di transazione, omettendo di esaminare le singole clausole ed il contenuto complessivo dell'atto, dal quale emergeva in modo evidente la volontà delle parti di transigere ogni tipo di contenzioso insorto tra le parti, tra cui anche quello relativo alla richiesta di restituzione dei finanziamenti della socia in conto capitale della società;
pertanto, la C.t.r., in base al contenuto della transazione, avrebbe dovuto concludere che l'Agenzia delle entrate non poteva recuperare a tassazione l'importo erogato dalla società, che si riferiva a somme dovute a vario titolo, anche per la restituzione dei finanziamenti;
con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1965 e 1971 cod. civ., in rapporto agli artt. 5 e 16 , comma 1, letti) d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, in relazione all'art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.;
secondo la ricorrente, il giudice di appello non ha considerato quale causa ed oggetto della scrittura di transazione e, comunque, ragione del corrispettivo ivi pattuito, anche la controversia relativa alla richiesta dei soci Fava e Vendemiati di restituzione dei finanziamenti operati in favore della "Immobiliare Ferraria s.a.s." di cui al decreto ingiuntivo n. 114 del 20.5.1996 di lire 489.675.302 ed alla relativa causa di opposizione;sono, infatti, indubbie sia l'esistenza di una res litigiosa su tale argomento, sia le pendenza sulla stessa di una causa, scaturita dall'opposizione all'ingiunzione, avanti il Tribunale Civile di Ferrara iscritta al R.G. n. 1471/96;
è altrettanto indubbio che le parti abbiano convenuto di mettere fine anche a tale controversia nell'ambito delle pattuizioni concordate nella citata scrittura di transazione, interamente riportata in ricorso;
rileva la ricorrente che, il semplice fatto dell'esistenza di una res dubia, esclude che possa essere azionato l'art. 1971 cod. civ.. senza che sia necessario compiere qualsivoglia altra indagine (Cass.23.1.1997, n. 712);
ritiene, dunque, che l'esclusione dal complessivo alveo della transazione della questione relativa alla restituzione dei finanziamenti soci da parte del giudice di secondo grado, secondo cui sarebbe mancata in quella controversia la prova del diritto azionato, verrebbe a violare sia l'art. 1965, sia l'art. 1971 cod. civ.;
inoltre, secondo la ricorrente, la C.t.r. sarebbe incorsa nella violazione dell' art.1965, commi 1 e 2, cod. civ. anche laddove non aveva considerato che il secondo e terzo paragrafo della premessa della scrittura di transazione faceva riferimento ad una causa di esclusione dei soci Fava e Vendemiati dalla compagine sociale della "Immobiliare Ferraria s.a.s." e che anche da quella esclusione potevano generarsi questioni di dare ed avere (ad esempio, di tipo risarcitorio), che certamente avevano formato oggetto della complessiva e generale transazione formulata nella clausola C) di p. 3 della transazione, laddove questa faceva riferimento ad "ogni altro possibile debito e credito", nonché ad ogni "altro possibile titolo" e laddove la clausola A di p. 2 della scrittura considerava la premessa quale "parte integrante" dell'atto di transazione;secondo la ricorrente, se il giudice di secondo grado avesse considerato questi elementi, come in effetti avrebbe dovuto nel rispetto dei principi interpretativi ed applicativi posti dall'art. 1965, cod. civ. al fine dell'identificazione della causa e dell'oggetto dell'accordo transattivo, allora sarebbe necessariamente giunto alla conclusione che l'importo di C 206.583 previsto dalla clausola B di p. 2 della scrittura di transazione non poteva essere valutato come somma spettante ai soci Fava e Vendemiati per la liquidazione delle loro quote societarie, bensì quale corrispettivo della complessiva transazione intervenuta tra le parti, avente causa ed oggetto compositi;
i motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati;
dalla lettura della sentenza impugnata si evince che il giudice di appello ha ritenuto che, con la scrittura privata del 14/2/2003, le parti avevano definito in via transattiva tutto il contenzioso tra loro esistente, convenendo l'importo, successivamente erogato in favore dei soci, a titolo di liquidazione della quota societaria ed a saldo di ogni altro eventuale rapporto, inclusi i finanziamenti che i soci dicono di aver effettuato nei confronti della società;
la C.t.r. rilevava che l'indicazione, nell'atto transattivo, dell'ulteriore causale di restituzione di pregressi finanziamenti dei soci alla società fosse solo ipotetica, dichiarata dal socio ma non confermata dalla società;
riteneva, dunque, che la sussistenza e la entità di tali finanziamenti non emergesse dalla transazione, né dall'ulteriore documentazione depositata;
secondo il giudice di appello, l'unico elemento certo era l'uscita della socia dalla compagine sociale e, di conseguenza, la necessità di liquidare la sua quota;sarebbe stato onere della contribuente fornire idonea dimostrazione della sussistenza dei finanziamenti e della loro entità, per imputare in tutto o in parte la somma ricevuta a titolo di restituzione degli stessi;
la motivazione del giudice di secondo grado non si basa sull'esclusione dall'ambito della transazione (pure adombrata in qualche passaggio) delle questioni relative alla restituzione dei finanziamenti, che i soci asseriscono di aver versato alla società in conto capitale, quanto piuttosto sul diverso rilievo che, indipendentemente dalla definizione transattiva di tutto il contenzioso tra la società ed i soci, la contribuente non avrebbe dimostrato se e quanta parte della somma ricevuta sulla base della transazione fosse effettivamente imputabile alla restituzione dei finanziamenti e quindi non fosse assoggettabile a tassazione;
i motivi di ricorso, sostanzialmente incentrati sulla corretta interpretazione della transazione intervenuta tra la società e la socia, tendono ad affermare che il giudice di appello, in violazione delle norme di ermeneutica contrattuale, senza valutare il significato complessivo dell'atto in relazione alle singole clausole e l'intenzione dei contraenti, non avrebbe rilevato che il contenuto della transazione era più ampio rispetto alla semplice liquidazione della quota sociale e che in essa era ricompresa la composizione di diverse questioni, tra cui quella sulle restituzioni dei finanziamenti;
da ciò la ricorrente fa conseguire che la mera inclusione nell'accordo transattivo del riferimento al contenzioso relativo alla restituzione dei finanziamenti comportasse l'esclusione della tassazione dell'intera somma erogata dalla società in esecuzione dell'accordo transattivo;
tuttavia, le argomentazioni del giudice di appello appaiono in linea con il principio secondo cui l'onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità delle componenti del reddito in un determinato esercizio sociale incombe all'Amministrazione finanziaria per quelle positive, ed al contribuente per quelle negative;
in particolare, in caso di transazione, è necessario che il giudice di merito valuti in concreto gli elementi dai quali desumere. l'esistenza e la determinabilità in modo obiettivo degli elementi positivi o negativi del reddito, non potendo le parti decidere discrezionalmente la natura e l'entità degli elementi reddituali da sottoporre a tassazione;
ciò proprio perché il presupposto della transazione è l'esistenza di una res dubia, e, cioè, di un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e l'oggetto non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni (cfr. Cass. n.7999/2010);
nel caso di specie, il giudice di appello, nel valutare la natura della somma erogata dalla società in esecuzione della transazione, con una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che essa fosse riferibile con certezza alla liquidazione della quota societaria, senz'altro dovuta per l'uscita della socia dalla compagine sociale, mentre non fosse ricollegabile alla restituzione dei finanziamenti, che non erano provati nell'an e nel quantum;
invero, la C.t.r. ha ritenuto che la contribuente non avesse fornito la prova della sussistenza e dell'entità dei dedotti finanziamenti, la cui esistenza non era stata ammessa dalla società nell'accordo transattivo, non era stata oggetto di accertamento giudiziale, né risultava dalla documentazione in atti;
secondo la C.t.r. tali finanziamenti non potevano neanche evincersi dai bilanci della società, dato che, come rilevato dall'Agenzia delle entrate nell'avviso di accertamento, era emerso che essi in realtà coprivano ricavi non dichiarati, circostanza ammessa dai soci superstiti nel corso del giudizio civile e confermato dal c.t.u. nominato in quel giudizio;
la C.t.r. evidenziava anche che la somma ricevuta all'esito della transazione era inferiore rispetto a quella determinata dal c.t.u. nel giudizio civile come valore della quota societaria;
se è vero che, con tale affermazione, la sentenza non tiene conto degli importi già ricevuti dalla socia prima della transazione, comunque, deve rilevarsi che, anche a voler considerare la somma complessiva, quest'ultima risulterebbe in linea con il valore della quota societaria determinato dal c.t.u. nell'ambito del giudizio civile relativo;
per quanto fin qui detto, il ricorso va rigettato, non essendo incorso il giudice di appello nelle denunziate violazioni di legge;
nulla deve disporsi in ordine alle spese, non avendo l'Agenzia delle entrate svolto attività difensiva;
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