Cass. civ., sez. III, sentenza 21/05/2019, n. 13584
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Testo completo
nunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 17292-2016 proposto da: B A, CARBONE NATALE nella qualità di curatore dell'eredità giacente di B G, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OTTAVIANO 91, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE D'OTTAVIO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato GABRIELE D'OTTAVIO giusta procura speciale in calce;- ricorrenti -contro F M, F S, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DARDANELLI, 23, presso lo studio dell'avvocato M A, rappresentati e difesi dagli avvocati G F S, CORRADO FERRANTE giusta procura speciale in calce al controricorso;- controricorrenti - nonchè contro S I S ;- intimata - avverso la sentenza n. 3525/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 23/02/2016;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/2018 dal Consigliere Dott. S G G;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F T che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;udito l'Avvocato GABRIELE D'OTTAVIO;FATTI DI CAUSA 1. A B e N C (quest'ultimo, nella qualità di curatore dell'eredità giacente di G B) ricorrono, sulla base di quattro motivi, per la revocazione, ex art. 391-bis cod. proc. civ., della sentenza n. 3525/16, del 23 febbraio 2016, di questa Corte, che ha dichiarato inammissibile il ricorso da essi proposto avverso la sentenza n. 1689/14, dell'8 maggio 2014, della Corte di Appello di Reggio Calabria. 2. Riferiscono, in punto di fatto, i ricorrenti che Alberto e G B proponevano, con citazione del 21 maggio 1996, azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ., innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, per ottenere la declaratoria di inefficacia della donazione effettuata da Salvatore Ferraro, per atto del notaio Fausto Poggio del 29 marzo 1994, in favore della figlia Margherita, sul presupposto di vantare, verso il Ferraro, varie ragioni creditorie. Essi agivano - innanzitutto - in qualità di (co)fideiussori, per aver prestato una fideiussione, al pari di Salvatore Ferrara, in favore di talune società, in relazione a debiti delle stesse verso diversi istituti di credito. Assumevano, infatti, che il Ferrara, diversamente da loro, non aveva versato quanto dovuto - in proporzione alla propria quota - in forza della suddetta garanzia personale. Gli allora attori, inoltre, assumevano di essere ulteriormente creditori verso i Ferraro, sulla base dì autonomi titoli. Riferiscono, altresì, che alla causa da costoro incardinata ex art.2901 cod. civ. veniva riunito altro giudizio, promosso dal Banco di Napoli S.p.a., avente lo stesso oggetto, trattandosi di "actio pauliana" relativa al medesimo atto di donazione intercorso tra Salvatore e Margherita Ferrara.Le domande attoree venivano integralmente soddisfatte dall'adito Tribunale (sentenza n. 104/04), contro la cui decisione proponevano appello, in via di principalità, i Ferraro, nonché, incidentalmente, i Bo, i quali lamentavano, in particolare, l'accoglimento dell'azione revocatoria proposta dal Banco di Napoli. La Corte reggina, tuttavia, mentre accoglieva il gravame principale, sul rilievo che, nella specie, non sussistessero i presupposti per l'esercizio dell'azione di regresso, respingeva, invece, quello incidentale. Avverso tale decisione veniva proposto da A B e N C ricorso per cassazione, articolato su tre motivi. Con il primo, proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2901 e 1954 cod. civ., si censurava la decisione del giudice di appello per avere falsamente applicato all'azione revocatoria i principi che disciplinano, invece, l'azione di regresso. Il secondo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., deduceva l'omesso esame delle ulteriori ragioni creditorie poste dagli attori/appellati alla base della proposta azione revocatoria, essendosi, invece, la Corte reggina limitata ad esaminare soltanto il credito spettante ai Bo in forza della già ricordata posizione di cofideiussorí. Infine, il terzo motivo concerneva il rigetto dell'appello incidentale con cui i Bo si erano doluti dell'accoglimento dell'azione revocatoria proposta dal Banco di Napoli. L'esito del giudizio di legittimità consisteva, come detto, nella declaratoria di inammissibilità del ricorso ex art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ.3. Avverso la sentenza di questa Corte è proposto ricorso per revocazione ex art 391-bis cod. proc. civ., sulla base di quattro motivi. 3.1. Con il primo motivo sì deduce violazione degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. Si lamenta che questa Corte abbia ravvisato, quale motivo di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., la mancata riproduzione, in ricorso, di atti e documenti - o, almeno, la puntuale indicazione degli stessi, necessaria alla loro individuazione, al fine di renderne possibile l'esame, e ciò anche con precisazione dell'esatta collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte - i quali non figuravano, in realtà, a sostegno dei motivi di impugnazione (ed esattamente: l'atto di citazione notificato il 21 maggio 1996;la donazione contenuta nell'atto del notaio Fausto Poggio del 29 marzo 1994;l'obbligazione fideiussoria costituita in favore delle società Italinvest S.p.a., Autosì S.r.l. ed Azzurra Motor S.r.l.;l'atto di citazione notificato il 26 marzo 1999, l'espletata CTU). Essi, pertanto, proprio perché non diretti a supportare il proposto ricorso, non dovevano - secondo gli odierni ricorrenti - essere riprodotti, né allegati, né meglio individuati nel ricorso stesso. In particolare, si evidenzia come gli atti "de quibus" risultassero contenuti nella sezione del ricorso riservata alla esposizione sommaria dei fatti di causa e allo svolgimento del processo, e ciò mediante riproduzione testuale dell'esposizione elaborata dal giudice di appello, la cui decisione, infatti, era trascritta in tale sezione. Orbene, rispetto a tali atti non sussisterebbe alcun onere di specifica indicazione (non previsto, sì assume, dall'art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.), diversamente da quanto stabilito per gli atti e documenti sui quali si "fonda" il ricorso.Quanto, invece, agli atti - ovvero: la sentenza di prime cure, l'appello principale e quello incidentale, la sentenza n. 209/2007 resa dal Tribunale di Reggio Calabria in altro giudizio, la copia del verbale di udienza del 13 marzo 2008 e la lettera del 2 marzo 1994 - sui quali il ricorso, dichiarato inammissibile, propriamente si sarebbe fondato, e dei quali la sentenza oggi impugnata pure addebita ai ricorrenti la mancata riproduzione (o, quantomeno, la puntuale indicazione), si evidenzia come gli stessi siano stati citati nella "parte motiva del ricorso", oltre che allegati all'atto di impugnazione, come risulterebbe dall'elenco in calce allo stesso.
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