Cass. civ., sez. V trib., sentenza 20/09/2022, n. 27536
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U ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 12170/2016 R.G. proposto da: M A M, res.inAvellino, rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. A B, come da procura in atti, presso il quale è el.dom.to in Roma, Via Vittoria Colonna 18;-parte ricorrente - contro Comune di Avellino, in persona del Sindaco e legale rappresentante;-parte intimata - avverso sentenza Commissione Tributaria Regionale Campania n. 9894/15 del 6.11.15;Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.9.22 dal Consigliere G M S;udito il Procuratore Generale dott. D M che ha concluso per l’accoglimento del quarto e del quinto motivo di ricorso. Fatti rilevanti e ragioni della decisione. § 1.1 A M M propone sei motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l'avviso di accertamento per maggiore Ici 2008 notificatole dal Comune di Avellino in relazione ad alcuni terreni ed aree fabbricabili in sua proprietà. La commissione tributaria regionale, decidendo nella contumacia del Comune, ha in particolare osservato che: - la base imponibile era costituita dal valore venale dei terreni in questione, desunto dal Comune in conformità ad una delibera applicativa dei moltiplicatori previsti dalla legge, a sua volta fondata sulla stima dei singoli immobili da parte dell'agenzia del territorio;- la contribuente non aveva impugnato né la stima dell'agenzia del territorio né la delibera comunale, pubblicata ai sensi di legge, il che ne precludeva la disapplicazione nel presente giudizio ai fini Ici. Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dal Comune di Avellino. § 1.2 La ricorrente ha depositato memoria allegando sopravvenute sentenze della Commissione Tributaria Regionale Campania (passate in giudicato come da relativa attestazione di segreteria) con le quali: - (sent. n. 5783/16 del 15.6.2016) è stato disposto l’annullamento di analogo avviso, concernente l’annualità 2009, per insufficiente motivazione del medesimo;- (sent. n. 4962/52/17 del 5.6.17) è stata revocata, con accoglimento rescissorio dell’appello della contribuente, la sentenza Commissione Tributaria Regionale n.9895/17 (oggetto del ricorso per cassazione n.12175/16 chiamato anch’esso all’udienza odierna), concernente l’annualità 2007, così residuando controversia tra le parti unicamente nel presente procedimento relativo all’annualità 2008. Ciò premesso, non si ritiene che sussistano nella specie i presupposti per l’estensione alla presente controversia del giudicato di annullamento di cui alla citata sentenza Commissione Tributaria Regionale n.5783/16. Va infatti osservato che quel giudicato ha rilevato la difformità dell’avviso di accertamento dal modello legale, stante la carenza di motivazione sui presupposti in fatto e sulle ragioni giuridiche dell’imposizione. Osta tuttavia la circostanza che l’avviso così annullato era relativo ad una annualità diversa da quella qui contestata e che, inoltre, neppure sono stati forniti elementi per verificare l’esatta sovrapponibilità dell’avviso annullato a quello dedotto nel presente giudizio, così che non è possibile assumere che, in forza di quel giudicato, la stessa causa di invalidità ricorra necessariamente anche nel caso qui in esame. Si è dunque al di fuori delle ipotesi di estensione degli effetti del giudicato tributario favorevole, secondo quanto stabilito dalla costante giurisprudenza di questa Corte (Cass.SSUU n. 13916/06, con indirizzo innumerevoli volte ribadito);da ciò consegue che sul punto specifico dovrà invece valere l’autonoma valutazione di cui si dirà. Altrettanto evidente, anche in tal caso per la diversità di annualità di imposizione e per la mancata deduzione e specifica indicazione degli elementi di identità, è l’ininfluenza in questa sede della ulteriore sentenza Commissione Tributaria Regionale allegata, avente ad oggetto la revocazione della sentenza di appello per il 2007. § 2.1 Con il primo motivodi ricorso si lamenta – ex art.360, co.1^, n. 4 cod.proc.civ. – nullità del procedimento per violazione degli articoli 26 d.lgs 546/92 e 25 Cost.;perché una volta proposto l'appello ed assegnato il ricorso alla sezione staccata di Salerno della commissione tributaria regionale della Campania, era intervenuto provvedimento del Presidente di quest'ultima con il quale il procedimento veniva ri- assegnato all'ottava sezione della stessa Commissione Tributaria Regionale di Napoli, il che comportava violazione del principio di precostituzione del giudice naturale, valevole anche in materia tributaria. § 2.2Il motivo è destituito di fondamento- Si è in proposito affermato (Cass.n. 14995/20) che le sezioni staccate delle CTR - istituite ai sensi dell'art. 1, comma 1 bis, del d.lgs. n. 545 del 1992, aggiunto dall'art. 35 della l. n. 28 del 1999 - costituiscono "mera articolazione interna" delle Commissioni, e che tale articolazione non incide, in quanto tale, né sulla competenza territoriale nè sulla validità degli atti processuali (al pari delle sezioni distaccate di cui al comma 1 dello stesso articolo, ciò desumendosi, in via di interpretazione sistematica, da quanto per queste ultime ivi espressamente disposto e dall'identica natura da esse condivisa). Quanto poi allo specifico problema della precostituzione del giudice naturale ed alla sua rilevanza costituzionale, si è stabilito (Cass.n. 29886/20) che: “in tema di rapporti tra sede centrale e sezioni "staccate" delle Commissioni tributarie regionali, il giudice precostituito per legge a trattare gli appelli avverso le pronunce emesse dalle Commissioni tributarie provinciali di una Regione è la Commissione tributaria regionale e non la sezione "staccata" della stessa, non rilevando che questa operi, "per criteri interni di riparto", in un determinato ambito territoriale. Infatti, essendo le sezioni "staccate" mere articolazioni interne delle Commissioni tributarie regionali, il rapporto fra le prime e le seconde non attiene alla competenza territoriale e non incide sulla validità degli atti processuali, con la conseguenza che lo spostamento, con criteri oggettivi, di una generalità di fascicoli dalla sezione "staccata" alla sede centrale o viceversa non viola l'art. 25 Cost., nemmeno se disposta con riferimento a controversie già iscritte a ruolo”. Nel caso di specie è la stessa ricorrente a riferire che la riassegnazione presidenziale del ricorso è avvenuta nell'ambito di un provvedimento organizzativo di portata generale ed obiettiva, concernente la riassegnazione alla sede centrale di tutti gli appelli proposti avverso le sentenze della commissione tributaria provinciale di Avellino e già assegnati alla sezione staccata di Salerno. Nessuna violazione del suddetto principio costituzionale risulta dunque essersi verificata. § 3.1Con il secondo motivo di ricorso si denuncia nullità della sentenza per violazione dell'articolo 112 codice procedura civile, dal momento che la commissione tributaria regionale non si era pronunciata su una questione dedotta fin dal ricorso originario e poi riproposta con il primo motivo di appello, riguardante il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento impugnato (allegato al ricorso per cassazione sub C1);avviso che si limitava a richiamare la delibera comunale concernente le aliquote applicabili, senza esplicitare i criteri impiegati per la stima del valore dei terreni. § 3.2Il motivo non può trovare accoglimento, dovendosi qui richiamare l’indirizzo secondo cui (Cass.n. 12652/20 ed altre): “il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all'art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'"iter" argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia - configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto - non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto”. Ed il rigetto così qui individuabile risulta conforme a diritto, posto che l'avviso di accertamento in questione conteneva sufficiente indicazione sia delle aree tassate (catastalmente descritte), sia del valore ad esse partitamente attribuito quale base imponibile, sia dell'imposta su tale base imponibile calcolata;il tutto con riguardo alla delibera estimativa adottata in via generale dal Comune e, pertanto, ad un atto certamente conosciuto o comunque conoscibile dalla contribuente perché assoggettato alle prescritte forme di pubblicità legale. Si è in proposito affermato (Cass.n. 16620/17) che: “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’avviso d’accertamento che fa riferimento alla delibera della giunta comunale contenente la determinazione dei valori minimi delle aree edificabili, comprensiva di quella oggetto di imposizione, deve ritenersi sufficientemente motivato in quanto richiamante un atto di contenuto generale avente valore presuntivo e da ritenersi conosciuto (o conoscibile) dal contribuente, spettando a quest’ultimo l’onere di fornire elementi oggettivi (eventualmente anche a mezzo perizia di parte) sul minor valore dell’area edificabile rispetto a quello accertato dall’ufficio”;e, inoltre, che (Cass.n. 26431/17): “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'obbligo motivazionale dell'accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'"an" ed il "quantum" dell'imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l'indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ente impositore nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva”. § 4.1Con il terzo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per violazione degli articoli 36 d.lgs 546/92 e 132 cod.proc.civ., posto che la commissione tributaria regionale non aveva sostanzialmente motivato sul perchè la mancata impugnazione della delibera comunale ne precludesse la disapplicazione da parte del giudice tributario, e nemmeno il giudice regionale aveva esplicitato perché tale delibera fosse esente dai profili di illegittimità lamentati dalla contribuente. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 5, comma quinto, d.lgs 504/92, dal momento che la delibera adottata dal Comune ex articolo 59, comma 41 lettera g) decreto legislativo 446 del 1997 limitava la potestà di accertamento dell'amministrazione comunale nel caso in cui il contribuente avesse dichiarato, ai fini Ici, un valore non inferiore a quello previsto, ma non precludeva la contestazione estimativa davanti al giudice tributario. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta nullità della sentenza per violazione dell'articolo 7, comma quinto, d.lgs 546/92, dal momento che la mancata impugnazione della delibera comunale non escludeva l'impugnabilità dell'avviso di accertamento basato su di essa, e neppure la disapplicazione della delibera medesima nel giudizio concernente l’Ici. § 4.2 Questi tre motivi di ricorso - suscettibili di trattazione unitaria perché tutti volti ad inficiare la ragione decisoria dal giudice regionale basata sulla avvenuta non impugnazione della stima dell'agenzia del territorio ovvero della delibera comunale Ici - sono fondati nei termini che seguono. Certamente errata è l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui la mancata impugnazione (tra l’altro) della delibera comunale renderebbe inattaccabile quest'ultima nel giudizio tributario avente ad oggetto la contestazione dell'Ici su di essa fondata quanto a valore venale del bene e, dunque, a base imponibile ex art.5 co. 5^ d.lgs 504/92. Al contrario, la mancata impugnazione in via diretta e principale avanti al giudice amministrativo non esclude che il giudice tributario possa e debba disapplicare incidentalmente l'atto amministrativo generale di natura presupposta (quale deve ritenersi la delibera in questione);sempre, ben inteso, entro i motivi di impugnazione dedotti dalla parte in relazione all'atto impositivo impugnato e quindi, in definitiva, entro i confini della domanda di parte. Il potere-dovere di disapplicazione, sancito dall'articolo 7 d.lgs 546/92, non poteva dunque essere qui a priori escluso per il solo fatto che la contribuente non avesse impugnato avanti al giudice amministrativo la delibera in questione, atteso che tra i motivi dell'impugnazione dell'avviso di accertamento Ici vi era appunto la contestazione della conformità del valore venale indicato in delibera (e recepito in avviso) rispetto ai parametri legali di cui all'articolo 5 comma 5 cit.. Si trattava di contestazione rituale, perché originariamente mossa e poi riproposta nei motivi di appello. Va inoltre aggiunto che la sentenza in esame, in conseguenza di quell’impostazione, neppure avverte la necessità di chiarire perché le doglianze così mosse dalla contribuente alla delibera posta a base dell'avviso di accertamento non integrassero cause di illegittimità della delibera medesima, tali da indurne la eventuale disapplicazione ex art.7 cit.. Va in proposito osservato che pur potendo l'avviso di accertamento legittimamente basarsi sulla delibera adottata dal Comune ai sensi dell'articolo 59, comma primo, lettera g) d.lgs 446 del 1997 cit., tale delibera non ha natura cogente ed imperativa, integrando piuttosto una fonte di presunzione utilizzabile dal giudice tributario quale indice di valutazione del valore venale del bene immobile tassato (Cass.n. 3757/14;5068/15;16620/17 cit.;15312/18 ed altre);trattandosi di elemento di natura presuntiva, non dissimile da quella propria degli studi di settore, resta tuttavia salva la facoltà del contribuente di fornire in giudizio la prova della non rispondenza dei valori indelibera a quelli correnti di mercato secondo quanto stabilito dal più volte citato articolo 5 co. 5^ d.lgs 504/92. E’ quindi evidente come, nella concretezza del caso, tanto la ritenuta non contestabilità della delibera avanti al giudice tributario quanto la apodittica affermazione di legittimità della delibera stessa abbiano precluso in radice la possibilità di riesaminare nel merito l'elemento essenziale del rapporto impositivo rappresentato dalla base imponibile dei terreni;e ciò nella valutazione probatoria non soltanto della stima già operata dall'agenzia del territorio, ma anche - nell'ambito di una valutazione dibattimentale improntata al principio di parità delle armi nel processo - degli elementi estimativi tutti dedotti in giudizio dalla parte contribuente. § 5.1Con il sesto motivo di ricorso si deduce – ex art.360, co.1^, n.5) cod.proc.civ. – omesso esame di tutta una serie di fatti decisivi e controversi (dedotti tanto in primo quanto in secondo grado) attestanti l’esorbitanza del valore venale attribuito dal Comune ai terreni (euro 74,26 al metro quadrato), ed insiti nella sostanziale inedificabilità diretta delle aree (pur inserite come edificabili nel vigente strumento urbanistico) come evincibile dalla perizia giurata dalla contribuente prodotta in appello;e neppure la commissione tributaria regionale aveva considerato il fatto decisivo dato dalla adozione, da parte del Comune di Avellino, di una successiva delibera (n. 267 del 27 dicembre 2011) riferita al periodo immediatamente successivo a quello di causa, e rideterminativa al ribasso del valore dei terreni ubicati all'interno delle zone di nuovo impianto del PUC (tra i 20 ed i 30 € al metro quadrato). § 5.2 Anche questo motivo è fondato, posto che la commissione tributaria regionale – evidentemente in ciò sviata dagli erronei principi evidenziati nella disamina dei motivi di ricorso per cassazione che precedono - non ha ritenuto di svolgere alcun accertamento fattuale sulla asserita eccessività del valore venale attribuito ai terreni nell'avviso di accertamento;nè essa ha preso in qualche modo posizione su tutta una serie di circostanze fattuali potenzialmente dirimenti nel dimostrare tale eccessività (circostanze illustrate nella perizia di parte allegata in appello a confutazione della stima dell'agenzia del territorio). Né potrebbe qui invocarsi la preclusione della ‘doppia conforme’ ex articolo 348 ter u.c. cod.proc.civ., dal momento che questa preclusione “presuppone che nei due gradi di merito le "questioni di fatto" siano state decise in base alle "stesse ragioni", sicché la preclusione non opera nel caso in cui l'istruzione probatoria sia del tutto mancata” (Cass.n. 29222/19). Evenienza qui riscontrabile ed attestante altresì il fatto che il rigetto del ricorso daparte del primo giudice non rispose alle stesse ragioni del giudice di appello, dal momento che quelle concernevano appunto un giudizio di sostanziale conformità della stima operata dall'ufficio, mentre queste si sono essenzialmente incentrate, come detto, sull’affermata aprioristica preclusione di ogni contestazione della delibera comunale. § 6.Ne segue dunque il rigetto dei primi due motivi e l'accoglimento dei restanti;la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale Campania la quale deciderà anche sulle spese del presente procedimento.
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