Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/01/2023, n. 2592
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
p.
1. U. SP propone sei motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimi sia i due avvisi di liquidazione (nn. 8499 e 8505/08) ancora in contestazione tra le parti (essendo stati gli altri otto, contestualmente notificati, definiti dalla banca D.L. n. 98 del 2011 , ex art. 39, comma 12, conv. in L. n. 111 del 2011 , con conseguente cessazione della materia del contendere, già dichiarata dal primo giudice), sia la cartella di pagamento notificata alla banca, in pendenza del giudizio di primo grado, a titolo di iscrizione a ruolo straordinaria, D.P.R. n. 602 del 1973 , ex artt. 11 e 15 bis, degli importi dedotti in tutti gli avvisi di accertamento opposti.
Con gli avvisi in questione l'Agenzia delle Entrate recuperava l'imposta proporzionale di registro dello 0,50% (art. 6 tariffa I Parte al D.P.R. n. 131 del 1986 ) sugli atti di cui ai rogiti del 14.3.2008 con i quali la banca aveva ceduto (retrocesso) a OR ER SP i crediti (non incassati) da quest'ultima già ceduti pro solvendo ad UN CT SP in esecuzione di contratto di factoring 25.7.06, e da quest'ultima poi confluiti, con operazioni negoziali e straordinarie infragruppo, nell'odierna ricorrente;
il tutto nell'ambito di un piano di ristrutturazione dilatoria del debito su anticipazione finanziaria inizialmente assunto, con il suddetto contratto di factoring, da OR ER SP (poi dichiarata fallita) e da quest'ultima confermato con applicazione di interessi corrispettivi.
Secondo l'Agenzia delle Entrate, l'imposta di registro qui applicabile era appunto quella proporzionale, e non quella fissa proposta dalla banca, atteso che l'operazione in questione non era assoggettata ad Iva ( D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. a) con riferimento del medesimo D.P.R. art. 10, n. 1), con conseguente inapplicabilità della regola di alternatività Iva-registro D.P.R. n. 131 del 1986 , ex art. 40. A detta della banca, invece, quest'ultima regola era qui applicabile, vertendosi piuttosto di operazione finanziaria rientrante in campo Iva (anche se esente) D.P.R. n. 633 del 1972 , ex art. 3, comma 2, n. 3) ed art. 10.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
- l'eccezione della banca circa l'inammissibilità dell'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate per difetto di motivi specifici era infondata, sia perchè il relativo onere poteva essere soddisfatto mediante la mera riproposizione delle controdeduzioni iniziali circa la fondatezza degli avvisi contestati, sia perchè l'Agenzia delle Entrate aveva comunque formulato, in sede di gravame, varie puntuali censure volte ad evidenziare gli errori logico-giuridici nei quali era incorso il primo giudice;
- in relazione ai due avvisi di liquidazione ancora in contestazione, la cessione dei crediti in questione da UN a OR ER non rientrava tra le operazioni in campo Iva D.P.R. n. 633 del 1972 , ex art. 3, comma 2, n. 3), per difetto sia del requisito legale della corrispettività sia della causa di finanziamento, essendo piuttosto riscontrabile una causa solutoria di "rientro dell'indebitamento di OR nei confronti di UN", come del resto da quest'ultima riferito;
neppure si verteva di "operazione finanziaria" riconducibile all'originario contratto di factoring, dal momento che non vi era stata cessione di crediti su anticipazione corrispettiva, bensì retrocessione dei crediti già ceduti in funzione di rientro dell'esposizione originaria (essendo la cessione di credito inquadrabile tra i negozi a causa variabile), con conseguente inoperatività del suddetto principio di alternatività e corretta imposizione proporzionale;
- in relazione alla cartella su iscrizione a ruolo straordinaria dell'intero importo, sussisteva in effetti il presupposto del "fondato pericolo" D.P.R. n. 602 del 1973 , ex art. 11, comma 3, insito nell'avvenuto fallimento di OR ER SP , di per sè legittimante la riscossione urgente in deroga ai limiti (erroneamente richiamati dal primo giudice) altrimenti operanti quanto a recupero del credito tributario in pendenza di contenzioso.
Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.
La ricorrente ha depositato memoria.
p.
2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta - ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 , - nullità della sentenza per omesso riscontro del giudicato interno che si era formato sulla prima decisione, stante l'inammissibilità dell'appello dell'Agenzia delle Entrate, privo di censure specifiche e meramente riproduttivo di argomenti già dedotti in primo grado sulla pretesa fondatezza degli avvisi.
p.
2.2 Il motivo è destituito di fondamento.
E' indirizzo costante di legittimità, basato sulla specialità del rito tributario e sulla sua natura ab origine impugnatoria, che: "ove l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell'avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l'onere d'impugnazione specifica previsto del D.Lgs. n. 546 del 1992 art. 53 " (Cass. n. 6302/22;
in termini, Cass. nn. 30341/19;
707/19 ed altre).
Ha osservato inoltre Cass. n. 32954/18 che: "Nel processo tributario la riproposizione a supporto dell'appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell'impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell'accertamento (per l'Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 , quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci".
Nel caso di specie, il giudice regionale si è fatto carico dell'eccezione così mossa dalla banca nel grado e l'ha argomentatamente respinta proprio in applicazione del suddetto indirizzo.
Va anzi considerato come la Commissione Tributaria Regionale abbia pure puntualmente indicato e ricostruito (pag.3) le specifiche doglianze con le quali l'Agenzia delle Entrate appellante aveva inteso porre in luce i vizi logico-giuridici della prima sentenza: sia in punto sussistenza, anche nei confronti della banca, dei presupposti dell'iscrizione a ruolo straordinaria, sia in punto estraneità Iva della cessione di crediti.
Si trattava dunque di censure di appello effettivamente riproduttive (e non poteva essere diversamente) dei motivi posti originariamente a base del recupero d'imposta, e tuttavia non per questo inidonei - anche nella considerazione della loro natura non fattuale ma prettamente tecnico-giuridica - a devolutivamente confutare, con sufficiente univocità e specificità, le ragioni decisorie della Commissione Tributaria Provinciale.
E' dunque fuori luogo invocare la formazione del giudicato interno sulla prima statuizione per asserita inammissibilità dell'appello D.Lgs. n. 546 del 1992 , ex art.