Cass. civ., sez. II, sentenza 26/01/2021, n. 1602

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In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società di investimenti non può comportare l'esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo "quoad functione", gravando sui sindaci, da un lato, l'obbligo di vigilanza - in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche della verifica dell'adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob, a garanzia degli investitori - e, dall'altro lato, l'obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d'Italia ed alla Consob.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 26/01/2021, n. 1602
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1602
Data del deposito : 26 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

01602-21 ro REPUBBLICA ITALIANA f n IN NOME DEL POPOLO ITALIANO e J LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SANZIONI U B - Presidente rel. AMMINISTRATIVE - Consigliere A C Consigliere E P RG. 12579/2018 G T - Consigliere Cron. 1602 C B M - Consigliere Rep. ha pronunciato la seguente U.P. 20/10/2020 SENTENZA sul ricorso 12579-2018 proposto da: C M, rappresentato e difeso dagli Avvocati M C (in proprio) e STEFANO D'ACUNTI ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ROMA, VIALE delle MILIZIE 9

- ricorrente -

contro

CONSOB Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, in - persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata presso la propria sede in ROMA, VIA G.B. MARTINI 3 e rappresentata e difesa dagli Avvocati S P, G R, S Z e ANTONIA GIALLONGO

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 47/2017 della CORTE d'APPELLO di T, pubblicata il 16/10/2017;
2238 /20 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2019 dal Consigliere Dott. U B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato M C (in proprio) ricorrente, che ha concluso come in atti, chiedendo l'accoglimento del ricorso;
udito gli Avv. G R e A G per la Consob, che hanno concluso come in atti, chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con delibera n. 19821 del 21.12.2016, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) riteneva accertata la violazione da parte di M C, in qualità di Presidente del Collegio Sindacale della Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a. (BIM), assieme ad altri componenti del Collegio Sindacale di BIM, dell'art. 149, comma 1, lett. a) del TUF, per aver omesso di vigilare sul rispetto della legge e del Regolamento OPC in riferimento all'operazione di cessione da BIM a Veneto Banca della partecipazione dalla prima detenuta in Banca IPIBI Financial Advisory s.p.a., irrogandogli la sanzione amministrativa pecuniaria di € 35.000,00. ے In particolare, in data 7.8.2014, Veneto Banca acquistava ک dalla controllata BIM il 67,22% del capitale sociale di IPIBI al prezzo di € 1,02 per azione. In pari data, Veneto Banca cedeva alla Capital Shuttle s.p.a. il 55% del capitale sociale di IPIBI al medesimo prezzo unitario: la cessione si perfezionava il 5.3.2015 a seguito del rilascio dell'autorizzazione da parte della competente autorità di vigilanza. Capital Shuttle era "società 2 veicolo", partecipata, tra gli altri, da Antonio M, che era A.D. di Capital Shuttle e di IPIBI, di cui era stato Direttore Mercato e membro del C.d.A. Interveniva anche un accordo separato tra Veneto Banca, BIM e il M con cui era confermata l'efficacia di due opzioni call e put aventi ad oggetto l'acquisto e la vendita di azioni IPIBI, accordate al M il 10.10.2008, contestualmente alla cessione a BIM del 67% del capitale sociale di IPIBI: a) l'opzione call nei confronti di Veneto Banca prevedeva il diritto del M di acquistare l'1,75% di azioni IPIBI detenute dalla Banca a un prezzo fisso di € 1,15 per azione;
b) l'opzione put nei confronti di BIM prevedeva l'obbligo per la società di acquistare tutte le azioni IPIBI detenute dal M a un prezzo da determinarsi in base a una formula concordata dalle parti. Con tale accordo separato il M attribuiva a Veneto Banca il diritto di sostituirsi a BIM quale soggetto passivo dell'opzione put e Veneto Banca si impegnava a esercitare tale diritto, ottenendo da BIM l'importo di € 3.242.250,00. Un ulteriore accordo interveniva tra Veneto Banca e una "cordata di investitori", aggregata attorno a Pietro D'Aguì, Vice Presidente e azionista di BIM con una partecipazione del 9,685% e, all'epoca dell'operazione, censito da Veneto Banca quale sua parte correlata. Tale accordo consisteva nella cessione da parte di Veneto Banca a tale cordata di investitori della sua partecipazione di maggioranza al capitale sociale di BIM (c.d. cessione BIM). Le irregolarità riscontrate dalla Consob riguardavano: a) la cessione della partecipazione di BIM in IPIBI a Veneto Banca e l'accordo accessorio nella parte riguardante l'opzione put: che 3 non erano stati deliberati regolarmente e non erano stati monitorati sotto il profilo dell'interesse di BIM;
b) la connessione tra cessione IPIBI e cessione BIM: che gli amministratori indipendenti (Comitato OPC) non avevano esaminato la connessione tra le due cessioni, limitandosi ad affermare che l'operazione era economicamente conveniente, sostanzialmente corretta e non avrebbe comportato pregiudizi per gli azionisti di minoranza della BIM;
c) la mancata considerazione che il D'Agui era parte correlata, perché partecipante alla cordata di investitori. M C proponeva opposizione avanti alla Corte d'Appello di Torino avverso la suddetta delibera della Consob, in quanto illegittima e come tale da disapplicare, deducendo: a) che la procedura sanzionatoria seguita da Consob non rispettava la separazione tra funzione istruttoria e funzione decisoria;
né rispettava la garanzia di piena conoscenza degli atti istruttori, con incidenza sul contraddittorio e sul diritto di difesa;
b) l'omessa motivazione della delibera contestata, che si richiamava alle considerazioni che chiudevano la fase istruttoria;
c) l' omesso esame delle controdeduzioni dell'opponente, che aveva esposto e documentato l'intensissima attività svolta quale Presidente del Collegio Sindacale di BIM, sottolineando le criticità presenti nell'assetto economico funzionale e in quello organizzativo funzionale sia di BIM che della controllante Veneto Banca, incidenti negativamente sull'attività di controllo, che comunque il C aveva svolto con la necessaria diligenza;
d) nel merito, che l'opponente aveva svolto effettivi controlli nonostante le citate criticità di BIM e di Veneto Banca;
e) che nella seduta consiliare del 4.8.2014 aveva richiesto chiarimenti e 4 si era riservato ulteriori approfondimenti sull'opzione put;
f) che tra l'operazione di cessione IPIBI e quella di cessione BIM mancava qualsiasi elemento che potesse consentire di ritenerle come unica operazione complessa;
g) che BIM non aveva trasferito alcunché al D'Aguì, né aveva assunto obbligazioni nei suoi confronti, per cui non poteva essere considerato parte correlata di BIM;
h) che la responsabilità del Collegio Sindacale presuppone che siano riscontrati abusi gestionali e/o irregolarità violazioni di discipline applicabili da parte degli e/o Amministratori, insussistenti nel caso di specie;
i) che avrebbe dovuto trovare applicazione, se si considerava vigente il testo precedente dell'art. 193, comma 3 lett. a) TUF, la sanzione minore prevista dal secondo comma del suddetto articolo (€ 5.000,00-1.000,00), con applicazione della sanzione più grave, che corrispondeva a quella inferiore, introdotta dalla riforma del 2015, se si riteneva l'applicabilità anche alle sanzioni amministrative della retroattività favorevole della legge penale;
1) che non era stata adeguatamente valutata, ai fini dell'entità della sanzione, l'attività di controllo effettivamente svolta dal ricorrente. Con sentenza n. 47/2017, depositata in data 16.10.2017, la Corte d'Appello di Torino, in parziale accoglimento dell'opposizione, rideterminava la sanzione pecuniaria irrogata a M C in € 25.000,00, condannando il medesimo al pagamento delle spese processuali, nella misura di due terzi, compensandole tra le parti per il rimanente terzo. In particolare, la Corte territoriale osservava, con sentenza n. 18640/2014, come la Corte EDU abbia riconosciuto che lo Stato italiano può attribuire a un'autorità amministrativa come la 5 Consob il potere di applicare sanzioni "penali", come quelle relative agli illeciti di cui all'art. 187 ter del TUF, anche se tale possibilità presupponga che la decisione della Consob sia sottoposta al controllo di un organo giudiziario dotato di piena giurisdizione, quale la Corte d'Appello, che deve assicurare la trattazione e la discussione in pubblica udienza. Tuttavia, la suddetta sentenza si era pronunciata con riferimento alla norma regolamentare precedente rispetto a quella vigente, che aveva modificato la struttura del procedimento amministrativo sanzionatorio. La Corte d'Appello escludeva di poter annullare la delibera impugnata per profili di illegittimità del procedimento sanzionatorio e anche di disapplicarla, in quanto ciò avrebbe comportato un sindacato sul regolamento inammissibile e, se considerato con riferimento alla delibera, ingiustificato essendo la Corte deputata all'esame dell'effettiva esistenza degli elementi costitutivi dell'illecito e della corretta irrogazione della sanzione. La Corte d'Appello rilevava, altresì, che la prospettata violazione dei diritti di difesa e di contraddittorio potesse avere rilevanza in quanto accompagnata da una specifica individuazione della lesione in concreto subita per difese o allegazioni che avrebbero potuto essere svolte, mentre l'opponente non precisava in quali termini sarebbero stati lesi i propri diritti di difesa. Né risultavano omissioni nella messa a disposizione della documentazione da parte di Consob. Il Giudice ribadiva come gli incolpati si fossero difesi su tutti i profili delle contestazioni svolte e lo avessero fatto, non solo nel giudizio di opposizione, ma già nell'ambito del procedimento sanzionatorio. La Corte d'Appello sottolineava, altresì, che l'illecito contestato fosse di carattere amministrativo e fosse basato sul 6 carente assolvimento dell'attività di controllo della legge e costitutivo, propria dei Sindaci, in relazione a dell'atto un'operazione con parti correlate di maggiore rilevanza: trattandosi invero di illecito omissivo, di pericolo e non della responsabilità per danni in capo ai Sindaci. Inoltre, non implicava la violazione del favor rei il riferimento alla sanzione individuata dalla norma vigente all'epoca di commissione della violazione, invece che a quella

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