Cass. civ., sez. III, sentenza 15/06/2020, n. 11584
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a seguente SENTENZA sul ricorso 4507-2018 proposto da: ABC ACQUA BENE COMUNE DI NAPOLI AZIENDA SPECIALE NAPOLI in persona del procuratore speciale e legale rappresentante, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato E C;2019 - ricorrente - 2626 contro COMUNE NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPENNINI 46, presso lo studio dell'avvocato L SUDIO LEGALEASSOCIATO, rappresentato e difeso dall'avvocato F M F;CONDOMINIO DI VIA NERVA N 54 RIONE TRAIANO IS. 146 NAPOLI in persona dell'amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. MARTINI 2, presso lo studio dell'avvocato D B, rappresentato e difeso dall'avvocato L B;CONDOMINIO DI VIA GIUSTINIANO 131 IS. 166 NAPOLI in persona dell'amministratore p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. MARTINI 2 presso lo studio dell'avvocato L B che lo rappresenta e difende;- controricorrentl - nonchè controCONDOMINIO VIA GIUSTINIANO 131 IS 166 NAPOLI, CONDOMINIO GIRASOLE VIA DOMENICO PADULA 121 PALAZZO VARCHETT, REGIONE CAMPANIA;- intimati - Nonché da: REGIONE CAMPANIA in persona del legale rappresentante Presidente p.t. della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29, presso lo studio dell'avvocato A C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F NICEFORO;- ricorrente incidentale - contro ABC ACQUA BENE COMUNE DI NAPOLI AZIENDA SPECIALE NAPOLI, CONDOMINIO DI VIA NERVA N 54 RIONE TRAIANO IS 146 NAPOLI , DI COSTANZA ROSALBA, CONDOMINIO VIA GIUSTINIANO 131 IS 166 NAPOLI , CONDOMINIO GIRASOLE VIA DOMENICO PADULA 121 PALAZZO VARCHETTA NAPOLI, COMUNE NAPOLI ;- intimati - avverso la sentenza n. 7411/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 26/06/2017;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ALBERTO CARDINO, che ha chiesto l'accoglimento del sesto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, e il rigetto del ricorso incidentale;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha chiesto l'accoglimento del sesto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigetto del ricorso incidentale;udito l'Avvocato MASSIMO CESARO per delega;udito l'Avvocato L B;FATTI DI CAUSA 1. L'Azienda Speciale A.B.C.-Acqua Bene Comune Napoli (d'ora in poi, "ABC") ricorre, sulla base di sette motivi, per la cassazione della sentenza n. 7411/17, del 26 giugno 2017, del Tribunale di Napoli, che - rigettando sia il gravame principale da essa esperito contro la sentenza n. 27966/13, del 25 luglio 2013, del Giudice di Pace di Napoli, sia quello incidentale proposto dalla Regione Campania - ha confermato la condanna di ABC e della Regione Campania a restituire al Condominio di via Nerva n. 54, Napoli, al Condominio di via Giustiniano n. 31, Napoli, e al Condominio Girasole di via Domenico Padula n. 121, Napoli, nonché a R D C, le somme dagli stessi versato a titolo di corrispettivo per la depurazione acque, in relazione alla fornitura del servizio idrico. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio, unitamente al Comune di Napoli, dal Condominio di via Nerva n. 54, Napoli (con successivo intervento in causa degli altri utenti il servizio idrico sopra meglio identificati), il quale chiedeva la ripetizione di quanto versato a titolo di corrispettivo per la depurazione delle acque. In particolare, la pretesa attorea si fondava sul presupposto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 335 del 10 ottobre 2008, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché dell'art. 155, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui prevedevano che tale quota della tariffa del servizio idrico fosse dovuta anche nel caso in cui "manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi";declaratoria di illegittimità costituzionale motivata sul rilievo che, nell'ipotesi suddetta, l'obbligo di pagamento risultava non correlato ad alcuna controprestazione. Su tali basi, nonché deducendo che l'impianto di depurazione sito a Cuma era "obsoleto e notoriamente non funzionante", secondo quanto risultante dalla documentazione prodotta in giudizio, l'attore (e con esso gli intervenuti in giudizio) agiva per la restituzione nei confronti di ABC e del Comune di Napoli. Deduce, altresì, l'odierna ricorrente di essersi costituita in giudizio, eccependo sia il proprio difetto di legittimazione passiva che quello di legittimazione attiva dell'attore (e degli intervenuti in giudizio), nonché l'erronea qualificazione della domanda giudiziale, da proporsi - a suo dire - ai sensi degli artt. 1559 e 1453 cod. civ., oltre alla carenza probatoria circa il mancato funzionamento del servizio di depurazione e, in ogni caso, l'intervenuta prescrizione del diritto azionato. In forza di tali rilievi, pertanto, essa si opponeva all'accoglimento della domanda attorea, non senza, tuttavia, richiedere la chiamata in causa della Regione Campania (essendo a ciò autorizzata), nonché l'integrazione del contraddittorio - che non veniva, invece, ordinato dal Giudice di pace - nei confronti della società Hydrogest Campania S.p.a. (d'ora in poi, "Hydrogest"), ovvero l'affidataria del servizio di depurazione. Ciò detto, la ricorrente riferisce che l'adito giudicante accoglieva la domanda attorea esclusivamente nei confronti di essa ABC e della Regione Campania (verso la quale la domanda era stata estesa dall'attore e dagli intervenuti), condannandole alla restituzione delle somme suddette, con decisione successivamente confermata dal Tribunale di Napoli, in funzione di giudice d'appello, che rigettava il gravame principale di ABC e quello incidentale della Regione Campania. 3. Avverso la sentenza del Tribunale partenopeo ricorre per cassazione ABC, sulla base - come detto - di sette motivi.3.1. Il primo motivo ipotizza - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 1559 e 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 75, 81, 100 e 112 cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto di rigettare il motivo di gravame, proposto dall'odierna ricorrente, volto a dimostrare il difetto di legittimazione attiva dell'attore (e degli intervenuti in giudizio), avendo, in particolare, il Tribunale di Napoli affermato che essi avrebbero provato l'esistenza del rapporto di utenza producendo le "bollette-fatture periodiche" con le quali era stato "richiesto ed ottenuto il pagamento del corrispettivo per il servizio idrico". Orbene, sul rilievo che la legittimazione attiva - o meglio, la titolarità dal lato attivo del rapporto dedotto in giudizio - deve essere provata dall'attore, e che la sua mancanza è rilevabile anche d'ufficio dal giudice (pure in sede di legittimità;Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951), la ricorrente si duole del fatto che in un caso, come quello presente, in cui è stata contestata dal convenuto l'esistenza del rapporto contrattuale, era onere dell'attore (e degli intervenuti in giudizio) fornire prova dello stesso, all'uopo non potendosi ritenere sufficienti le fatture prodotte, essendo inidonee a tale scopo e non risultando, in taluni casi, neppure intestate alle parti in causa. Il tutto, poi, senza tacere del fatto che tale difetto di titolarità attiva del rapporto non è stato rilevato neppure d'ufficio dal giudice, il quale, anzi, avrebbe valutato in modo carente gli elementi probatori acquisiti, visto che agli atti di causa non risultavano depositati né il contratto, né le fatture (intestate, in taluni casi, a soggetti terzi), né le corrispondenti ricevute di pagamento. 3.2. Il secondo motivo ipotizza - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. - omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti riguardo l'estromissione dei terzi interventori e sulla modifica della competenza a decidere ai sensi degli artt. 9, 10 e 103 cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare sul motivo di gravame con il quale era stata contestata l'affermazione del giudice di prime cure, il quale - nel respingere la richiesta di estromissione dei soggetti intervenuti in giudizio - aveva qualificato il loro intervento come adesivo autonomo, ritenendo che, come tale, esso fosse disciplinato "dal secondo comma" dell'art. 105 cod. proc. civ., che, al contrario, fa riferimento all'intervento adesivo dipendente. Inoltre, poiché la mancata declaratoria di inammissibilità dell'intervento ha permesso che il conseguente cumulo delle domande proposte determinasse una modifica della competenza a decidere dell'organo giudicante, ai sensi dell'art. 10, comma 2, cod. proc. civ., l'omissione di pronuncia sul motivo di gravame, relativo all'intervento in causa, si sarebbe tradotta anche in un'omissione di pronuncia sulla censura relativa alla modifica della competenza. 3.3. Il terzo motivo ipotizza - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 1559 e 2033 cod. civ., nonché degli artt. 1218 e 1453 cod. civ., in relazione all'art. 101 cod. proc. civ., in relazione alla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società Hydrogest, società affidataria del servizio di depurazione delle acque di Napoli. Deduce la ricorrente di aver sempre sostenuto, nei propri scritti defensionali, la necessità distinguere l'ipotesi della inesistenza dell'impianto di depurazione da quella della temporanea interruzione del servizio, giacché solo nel primo caso è prospettabile un indebito oggettivo, visto che, nel secondo, sarebbe, al più, ipotizzabile una responsabilità di natura contrattuale per inadempimento delle prestazioni afferenti la gestione dell'impianto stesso. In altri termini, sebbene l'attore e gli intervenuti in giudizio abbiano fatto riferimento all'art. 2033 cod. civ., avrebbero, nella sostanza, azionato una responsabilità civile per inadempimento, visto che la ripetizione di indebito è prospettabile solo quando il vincolo contrattuale non sia mai sorto, o sia venuto meno (anche per effetto di caducazione), e non quando, come nella specie, si verta in tema di inesatto adempimento di una prestazione ricompresa nel contratto di somministrazione. Orbene, proprio a causa di tale errata qualificazione della domanda, il giudice di prime cure - con valutazione condivisa da quello di appello - ha ritenuto di rigettare la richiesta di integrazione del contraddittorio verso la società Hydrogest, ovvero l'affidataria del servizio di depurazione. Si tratta, secondo la ricorrente, di una decisione viziata da un duplice errore logico e processuale. Risultando, invero, che essa ABC si è limitata a svolgere solo l'attività di riscossione del corrispettivo (essendo, invece, la Regione la proprietaria del depuratore e la società Hydrogest l'affidataria del servizio di depurazione), la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tale società rispondeva proprio all'esigenza di consentire all'odierna ricorrente di produrre quella documentazione, non in suo possesso, in ordine alla regolarità del servizio espletato. Inoltre, una volta accertato nel giudizio di rivalsa verso tale società il corretto funzionamento del servizio, ABC sopporterebbe le conseguenze ingiuste della mancata integrazione del contraddittorio.
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