Cass. pen., sez. V, sentenza 24/04/2018, n. 18110

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 24/04/2018, n. 18110
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18110
Data del deposito : 24 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti dai difensori di: E C, nato a Napoli, i119/8/1971;
G F, nato a Casoria, i130/3/1964;
L R, nato ad Afragola, iI7/1/1957;
G A, nato a Casoria, iI23/9/1975;
P G, nato a Portici, il 5/2/1951;
avverso la sentenza del 30/3/2016 della Corte d'appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
udito il Pubblico Ministero in.persona del Sostituto Procuratore generale Dott. P L, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;uditi per gli imputati gli avv.ti F S, F T, A C, A S, G B , che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi proposti nell'interesse dei rispettivi assistiti.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Roma ha confermato la condanna di E C, G F, G A, L R e P G per i reati - come rispettivamente contestati - di falso materiale in atto pubblico continuato e aggravato, falso ideologico in atto pubblico, corruzione in atti giudiziari, falsa testimonianza e favoreggiamento personale. In parziale riforma della pronunzia appellata, la Corte territoriale ha invece ridotto le pene irrogate in primo grado al G, al G ed al P. La vicenda, nella prospettazione accusatoria accolta dai giudici del merito ed in estrema sintesi, riguarda la corruzione del L, ufficiale della polizia municipale di Afragola, assoldato dall'E con il concorso degli altri imputati al fine di predisporre falsi rapporti e relazioni ad oggetto un sinistro stradale mai avvenuto, consentendo in tal modo al suddetto E di precostituirsi la documentazione necessaria a provare l'alibi dallo stesso prospettato nel processo in cui era imputato per il reato di tentato omicidio (nel quale è stato effettivamente assolto) e nel quale il L, confermando il contenuto degli atti citati, ha successivamente reso falsa testimonianza.

2. Avverso la sentenza ricorrono tutti gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori.

2.111 ricorso proposto nell'interesse dell'E articola due motivi. Con il primo vengono dedotti errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla autonoma rilevanza penale della condotta di formazione della falsa relazione conclusiva ad oggetto il menzionato sinistro contestata al capo B), che secondo il ricorrente costituirebbe un post factum non punibile, atteso che tale relazione si limita a riprodurre il contenuto dei falsi rapporti oggetto dell'imputazione di falso materiale in atto pubblico di cui al precedente capo A). Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in relazione al contestato concorso dell'imputato nella falsa testimonianza commessa dal L e di cui al capo D). In proposito viene eccepito che a quest'ultimo avrebbe dovuto essere riconosciuta l'esimente di cui all'art. 384 c.p., indipendentemente dal fatto che egli stesso, in quanto autore dei falsi rapporti, avesse cagionato la situazione di pericolo che lo aveva portato a rendere una testimonianza mendace proprio al fine di evitare di autoincriminarsi. Ciò premesso il ricorrente rileva che la Corte territoriale avrebbe altresì errato nel ritenere comunque non estensibile la suddetta esimente all'E, giacchè questi, in quanto istigatore della falsa testimonianza, era mosso dalla stessa necessità del coimputato di prevenire l'accertamento della falsità dei rapporti, di cui pure avrebbe dovuto rispondere a titolo di concorso morale.

2.2 Il ricorso proposto nell'interesse del G lamenta errata applicazione della legge penale in merito al mancato assorbimento del falso di cui al capo B) in quello di cui al capo A), prospettando i medesimi argomenti già illustrati trattando del primo motivo del ricorso dell'E, nonché in ordine al mancato riconoscimento dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. in riferimento al contestato concorso dell'imputato nei reati di falsa testimonianza e di favoreggiamento personale. Quanto a quest'ultimo, il ricorrente eccepisce altresì il suo assorbimento, in nome del principio di specialità, in quelli di falso contestati. Infine, sotto altro profilo, censura il denegato riconoscimento delle attenuanti generiche, motivato esclusivamente in ragione dell'appartenenza dell'imputato all'Arma dei Carabinieri e senza considerare la particolare situazione personale e familiare prospettata con i motivi d'appello.

2.3 Con il ricorso proposto nell'interesse del L vengono dedotti errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla conferma del giudizio di bilanciamento tra le contestate aggravanti e le riconosciute attenuanti generiche in termini di mera equivalenza nonostante le documentate condizioni di salute dell'imputato.

2.4 II ricorso proposto nell'interesse del G articola due motivi. Con il primo vengono dedotti errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla qualificazione giuridica dei fatti di cui al capo E) a titolo di concorso in corruzione in atti giudiziari,anziché ai sensi dell'art. 322 c.p., una volta riconosciuto in sentenza il mero ruolo di intermediario svolto dall'imputato nella corruzione del L. Sottoaltro profilo con il medesimo motivo il ricorrente lamenta l'indicazione solo complessiva dell'aumento di pena disposto a titolo di continuazione per i reati di cui ai capi E) ed F), non consentendo così la verifica del percorso seguito nella commisurazione dei singoli aumenti applicati. Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in merito al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche.

2.5 II ricorso proposto nell'interesse del P articola cinque motivi.

2.5.1 Con il primo il ricorrente eccepisce la violazione dell'art. 11 c.p.p. e vizi della motivazione, lamentando l'illegittimità della dichiarazione di incompetenza del G.i.p. del Tribunale di Napoli, originariamente investito del procedimento, in favore del Tribunale di Roma in ragione dell'appartenenza dell'imputato alla magistratura onoraria. In tal senso viene innanzi tutto osservato che, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, la speciale competenza derogatoria prevista dalla disposizione che si eccepisce violata riguarda sì anche i magistrati onorari, ma solo qualora questi abbiano rivestito l'incarico in modo stabile e continuativo per un arco temporale significativo. In secondo luogo viene evidenziato come la normativa ordinamentale (e in particolare l'art. 42-quinquies r.d. n. 12/1941) stabilisca che l'incarico di magistrato onorario sia triennale e possa essere rinnovato una sola volta e per un ulteriore triennio, alla cui scadenza - come chiarito dalle circolari del CSM rilevanti in materia - all'interessato è preclusa la possibilità di proporre nuova domanda di incarico presso qualsiasi ufficio giudiziario. Alla luce di tale quadro normativo, secondo il ricorrente doveva allora riconoscersi che il P era cessato dall'incarico al più tardi nel 2003, anno di scadenza della sua conferma nella nomina originariamente risalente al 1998. Peraltro dalla documentazione versata in atti (certificazioni della Presidenza e dell'Ufficio Pagamenti del Tribunale di Napoli) risulta che egli comunque non ha di fatto svolto le funzioni di magistrato onorario già a partire dal 2001, avendole egli esercitate solo per un breve periodo, talchè nemmeno può ritenersi lo abbiano riguardato le proroghe ope legis degli incarichi in corso operate dal d.l. n. 115/2005 e dal d. I. n. 248/2007. Non solo, ben prima della pronunzia di incompetenza, il P era in ogni caso decaduto dall'incarico di magistrato onorario per la sopravvenuta incompatibilità con il medesimo causata dall'esercizio della professione forense nel circondario in cui aveva svolto la funzione. Di conseguenza il fatto che il provvedimento formale di ricognizione della sua decadenza sia intervenuto tardivamente - e cioè nel 2015 - contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, non può ritenersi sufficiente a dimostrare la sussistenza dei presupposti per l'operatività nel caso di specie dell'art. 11 c.p.p.

2.5.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta errata applicazione della legge penale in merito alla ritenuta configurabilità del reato di favoreggiamento personale di cui al capo F), evidenziandosi in tal senso come l'art. 378 c.p. punisca esclusivamente colui che aiuta altri ad eludere le indagini o a sottrarsi alle ricerche dell'Autorità e non già, come invece contestato nel caso di specie e ritenuto anche nella sentenza impugnata, a garantirsi l'impunità per un altro reato. Conseguentemente la condotta contestata deve per il ricorrente considerarsi atipica, come peraltro dimostra il disposto dell'art. 61 n. 2 c.p., che espressamente contempla la suddetta finalità tra quelle che integrano l'aggravante teleologica.

2.5.3 Con il terzo motivo vengono dedotti vizi di motivazione in merito alla valutazione delle prove a carico dell'imputato. In particolare, con riguardo alle chiamate in correità del P effettuate dall'E e dal L, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe affermato in maniera illogica la credibilità di questi ultimi basandosi esclusivamente sul fatto che gli stessi hanno innanzi tutto confessato le proprie responsabilità, svalutando in modo altrettanto illogico la tardività delle loro confessioni - intervenute solo al fine attenuare il regime cautelare a cui erano già stati assoggettati - e trascurando la smentita che alcune dichiarazioni del L hanno ricevuto dagli accertamenti successivi.

2.5.4 Con il quarto motivo vengono dedotti errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla qualificazione giuridica dei fatti di cui ai capi A) e B), lamentando in particolare il ricorrente la denegata derubricazione degli stessi sotto il titolo dell'utilizzazione di atti falsi. In particolare si eccepisce l'apoditticità della motivazione con la quale la Corte ha ritenuto provato il concorso morale del P nella formazione dei falsi rapporti di sinistro sulla base della mera circostanza che questi siano stati visionati dall'imputato prima della loro produzione in giudizio, comportamento del tutto logico per un avvocato. Peraltro se effettivamente, come riferito dal L, egli avesse impartito istruzioni su come redigere i suddetti atti del tutto illogica sarebbe stata la successiva pretesa di visionarli, contraddizione questa che i giudici del merito hanno omesso di valutare.
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