Cass. pen., sez. II, sentenza 30/06/2020, n. 19561

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 30/06/2020, n. 19561
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19561
Data del deposito : 30 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C G nato a PALERMO il 27/12/1971 avverso l'ordinanza del 08/11/2019 del TRIB. LIBERTA' di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere F D P;
sentite le conclusioni del PG STEFANO TOCCI il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito l' Avvocato C S, in difesa di C G, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 15 Ottobre 2019 il Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Palermo disponeva il sequestro preventivo della carta Postamat n. 5338 7015 0794 2507 rilasciata in favore di C G in relazione al reato di cui agli artt. 640 bis cod. pen. e 7 comma 1 D.L. 4/2019 rilevando che dalla documentazione acquisita dalla P.G. era emerso che nella certificazione ISEE presentata dallo stesso per ottenere il reddito di cittadinanza non era stata inserita la convivente G R che risultava svolgere l' attività di lavoro dipendente presso l' ospedale Villa Sofia di Palermo.

1.2. Il Tribunale del riesame di Palermo, con ordinanza in data 08/11/2019, dichiarava l' inammissibilità dell' istanza di riesame proposta dal CARUSO avverso detto decreto rilevando la carenza di un interesse concreto ed attuale ad impugnare atteso che risultava che nelle more, su richiesta dei C.C., l' INPS aveva revocato il beneficio connesso al rilascio della carta sicchè l' indagato non poteva in ogni caso conseguire alcun vantaggio dalla restituzione del bene in sequestro.

2. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione, a mezzo difensore di fiducia, C G il quale, con un unico motivo, deduce ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. violazione dell' art. 321 comma 3 ter cod. proc. pen. quanto alla ritenuta inammissibilità dell' istanza per carenza di interesse. Rileva che il tribunale omettendo di pronunziarsi sulla questione preliminare sollevata relativa alla tardività del provvedimento del G.I.P. ed alla perdita di efficacia del disposto sequestro aveva unicamente evidenziato la carenza di interesse ad impugnare del ricorrente non considerando che questi, in sede di riesame, aveva argomentato in ordine al permanere di un interesse alla revoca del provvedimento in quanto in tal modo avrebbe potuto richiedere la revoca del blocco della carta disposto dall' INPS in ragione della assoluta mancanza di gravi indizi di colpevolezza nonché al fine di esperire le azioni civilistiche, precisando che il mantenimento della misura cautelare precludeva la possibilità di contestare all' ente previdenziale la revoca unilaterale del documento abilitativo al sussidio. Richiama, in tal senso, i principi fissati dalla Cass. SS.UU. sent. n. 51515 del 27 Settembre 2018, Romeo Gestioni, sul tema della persistenza dell' interesse ad impugnare in ipotesi di revoca della misura cautelare a seguito della realizzazione delle condotte riparatorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Osserva il collegio che le censure avanzate non colgono del segno apparendo il provvedimento de quo coerente con i criteri che informano la valutazione dell' "interesse" richiesto dall'art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità dell'esercizio del diritto d'impugnazione. Occorre evidenziare che il CARUSO, in sede di riesame, con le note difensive in atti allegate al verbale di udienza, ha precisato che la carta in questione era stata, su richiesta della Stazione dei C.C. si San Martino delle Scale (Palermo), revocata dall' INPS e non era più utilizzabile, osservando che, conseguentemente, andava escluso l' indefettibile presupposto del periculum in mora, elemento questo sul quale i giudici del riesame hanno fondato la decisione rilevando, come detto, la carenza di interesse dell' impugnante. Ciò premesso deve rilevarsi che il ricorrente non ha comprovato, apparendo sul punto il ricorso privo dei requisiti di specificità ed autosufficienza, di avere adeguatamente dedotto ed allegato nel corso del procedimento ex art. 324 cod. proc. pen. "I' attualità de/I' interesse alla prosecuzione del ricorso".

3. Va, quindi, evidenziato che si appalesa non dirimente il richiamo operato da parte ricorrente ai principi affermati da Sez. U, n. 51515 del 27/09/2018 - dep. 14/11/2018, R, Rv. 27393502. Osserva questo Collegio che le Sezioni Unite, in seno a detta pronunzia, hanno ampiamente valorizzato la peculiarità del sistema cautelare disegnato dal d.lgs. n. 231 del 2001 oggetto del giudizio, sicché in tale contesto normativo, la permanenza o meno dell'interesse all'impugnazione, nel caso di sopravvenuta revoca della misura, assume profili del tutto autonomi rispetto a quelli tradizionalmente valutati con riferimento alle misure, personali e reali, disposte nei confronti dell'indagato persona fisica. Al contempo, è stata sottolineata la particolare rilevanza che assume il contraddittorio nell'intera dinamica cautelare, ad iniziare dalla previsione del contraddittorio anticipato rispetto all'adozione della misura. Coniugando questi due profili, le Sezioni Unite hanno concluso nel senso che «In tema di responsabilità da reato degli enti, la revoca della misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatorie poste in essere ai sensi degli art. 17 e 49, d.lgs. n. 231 del 2001, intervenuta nelle more dell'appello cautelare proposto nell'interesse della società indagata, non determina automaticamente il venir meno dell'interesse all'impugnazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'adozione ed il mantenimento delle condotte riparatorie costituiscono un onere per l'ente, che viene meno solo nel caso di accertata carenza ab origine delle ragioni della cautela)». Una volta riconosciuto che la revoca della misura non determina l'automatica cessazione dell'interesse all'impugnazione, la Corte ne ha tratto l'ulteriore principio secondo cui «In tema di responsabilità da reato degli enti, l'appello avverso una misura interdittiva che, nelle more dell'impugnazione, sia stata revocata a seguito dell'adempimento delle condotte riparatorie di cui agli artt. 17 e 49, d.lgs. n. 231 del 2001, non può essere dichiarato inammissibile "de plano", ai sensi dell'art. 127, comma 9, cod. proc. pen., ma deve essere deciso nell'udienza camerale e nel contraddittorio tra le parti, atteso che la revoca può implicare valutazioni di ordine discrezionale in merito al perdurante interesse all'impugnazione», sicchè i principi di diritto affermati non consentono di pervenire alle conclusioni formulate dalla difesa.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi