Cass. civ., sez. I, sentenza 10/02/2020, n. 3022
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In tema di effetti del giudizio di rinvio su quello per la dichiarazione di fallimento, ove la sentenza di rigetto del reclamo contro la sentenza dichiarativa, di cui all'art. 18 l.fall., sia stata cassata con rinvio e il processo non sia stato riassunto nel termine prescritto, trova piena applicazione la regola generale di cui all'art. 393 c.p.c., alla stregua della quale alla mancata riassunzione consegue l'estinzione dell'intero processo e, quindi, anche l'inefficacia della sentenza di fallimento.
Sul provvedimento
Testo completo
3022 .2 0 C. I REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Oggetto Fallimento reclamo ANTONIO DIDNE Presidente ex art. 18 l.f. - cassazione con rinvio Consigliere Rel. FRANCESCO TERRUSI - -mancata riassunzione Consigliere ALBERTO PAZZI conseguenze ALD ANGELO DLMETTA Consigliere Ud. 21/11/2019 PU ROBERTO AMATORE Consigliere Cron. 3022 R.G.N. 6494/2018 SENTENZA sul ricorso 6494/2018 proposto da: T R, elettivamente domiciliato in Roma, Via Alfredo Fusco n.104, presso lo studio dell'avvocato C A, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati C F, C F S, C G, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente -
contro
M F, nella qualità di curatore del fallimento della società di fatto tra G L, Giampiero Castellacci de Villanova, R R e R T, nonché dei soci illimitatamente responsabili, elettivamente domiciliato in Roma, Viale 663 4 9 1 201 delle Milizie n.9, presso lo studio dell'avvocato R F, rappresenta e difende, giusta procura in calce alche lo controricorso;
-controricorrente avverso l'ordinanza del TRIBUNALE di ROMA in data 6-2-2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2019 dal cons. TERRUSI FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DE MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto del ricorso, come da requisitoria scritta depositata in atti;
uditi, per il ricorrente, gli Avvocati C A e Costantino Giorgio che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato F. Romeo che si riporta al controricorso.
Fatti di causa
Con sentenza del 21-11-2011 il tribunale di Roma, avendo ravvisato l'esistenza di una società di fatto costituita da Gianfranco Lande, Giampiero Castellacci De Villanova, R R e Roberto T al fine di raccolta e gestione del risparmio, e avendone accertata l'insolvenza, ne dichiarò il fallimento, esteso personalmente anche ai soci. La corte d'appello di Roma respinse il reclamo ex art. 18 legge fall., ritenendo confermata dagli elementi istruttori acquisiti l'esistenza del rapporto societario tra le suddette persone. La sentenza venne impugnata da T, con ricorso per cassazione, e la Corte (a sezioni unite, visto che uno dei motivi di doglianza prospettava una questione in tema di giurisdizione) accolse il quinto motivo di tale ricorso, ravvisando il vizio di motivazione della sentenza sul fatto controverso che egli fosse in rapporto di società di fatto con gli altri soggetti sopra indicati. Pertanto cassò la sentenza 2 resa in sede di reclamo solo in relazione al detto motivo, e dispose il rinvio della causa alla medesima corte d'appello (in diversa composizione) ai fini del riesame della dichiarazione di fallimento di T alla stregua delle doglianze da lui richiamate nel citato motivo di ricorso. Il processo non venne tuttavia riassunto, sicché Torrigiani chiese al giudice delegato di far annotare al registro delle imprese un provvedimento che desse atto delle conseguenze di tale circostanza, ex art. 393 cod. proc. civ.;
chiese inoltre di ordinare la cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli a proprio carico e a favore della massa, e di disporre il deposito del rendiconto del curatore ex art. 116 legge fall. Il giudice delegato respinse l'istanza, e il decreto, reclamato ai sensi dell'art. 26 legge fall., è stato confermato dal tribunale di Roma con l'ordinanza (rectius, decreto) in epigrafe, che ha negato fondamento alla tesi secondo cui l'art. 393 cod. proc. civ. impone di far conseguire alla mancata riassunzione del giudizio di reclamo l'estinzione del processo di fallimento. T ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo, e ha chiesto, con separata istanza, l'assegnazione del ricorso alle Sezioni unite. La curatela del fallimento ha replicato con controricorso. Il primo presidente ha rimesso al collegio di questa sezione ogni valutazione a riguardo della citata istanza. Le parti hanno depositato memorie. Il procuratore generale ha depositato una requisitoria scritta. Ragioni della decisione Col l'unico mezzo il ricorrente denunzia la nullità del I. - provvedimento per violazione degli artt. 111, 132, 134 e 135 cod. proc. civ., nonché degli artt. 336, 338, 393, 653 cod. proc. civ., 18 e 22 legge fall., censurando l'affermazione del tribunale secondo la quale al processo fallimentare non sarebbe applicabile la disciplina generale delle impugnazioni, e in particolare l'art. 393 cod. proc. civ. nella parte 3 in cui dispone che in caso di mancata riassunzione o di estinzione del giudizio di rinvio "l'intero processo di estingue". -· Ad avviso del collegio non è necessario investire le Sezioni II. unite della questione di cui trattasi, per quanto delicata essa sia. Ai sensi dell'art. 375, secondo comma, cod. proc. civ., per la particolare rilevanza della questione di diritto è sufficiente ed è - appositamente prevista - la trattazione del ricorso in pubblica udienza. Il ricorso è fondato nel senso che segue. -III. Il tribunale di Roma ha ritenuto che "la particolare struttura del giudizio fallimentare" sia ostativa all' "applicazione dell'art. 393 cod. proc. civ." Questa norma, in tema di giudizio di rinvio a seguito della cassazione della sentenza, prevede che in caso di mancata riassunzione entro il prescritto termine, o in caso di successiva estinzione del giudizio di rinvio, “l'intero processo si estingue”. Il tribunale ha osservato che gli effetti della sentenza di fallimento possono essere rimossi solo dal passaggio in giudicato della sentenza che ne dispone la revoca, e che la sentenza emessa in sede di reclamo non è destinata a sostituirsi alla sentenza di fallimento tanto che, ove quella di revoca pronunciata in sede di reclamo sia cassata senza rinvio, la prima si stabilizza. In questa prospettiva ha rilevato che il reclamo ex art. 18 non è assimilabile a una normale impugnazione, ma possiede proprie specificità e tra codeste va annoverata la previsione secondo cui la dichiarazione di fallimento può provenire solo dal tribunale, ai sensi dell'art. 22 legge fall. Viceversa l'art. 393 cod. proc. civ. - espressione di un "principio derogabile in determinati settori dell'ordinamento in ragione delle loro peculiarità sostanziali e procedurali" - troverebbe base nella efficacia sostitutiva della sentenza d'appello. Avrebbe cioè un'estensione limitata a quei casi in cui la sentenza di primo grado, in quanto già sostituita da quella d'appello, può restare travolta dalla cassazione della decisione sostitutiva. Tale assetto, ha soggiunto il giudice a quo, non si ritrova né nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui vale l'art. 653 cod. proc. civ. per come ritenuto da Cass. Sez. U n. 4071-10, né in quello fallimentare, in cui vale l'art. 22 legge fall. IV.- Queste considerazioni sono state nella sostanza replicate dal procuratore generale, sia nella requisitoria scritta, sia nel corso della discussione in udienza. V. La critica del ricorrente è invece così congegnata. - La prima argomentazione del tribunale - che gli effetti della sentenza di fallimento possono essere rimossi solo dal passaggio in giudicato della sentenza che ne dispone la revoca non sarebbe in - tema, poiché il tema è se la sentenza di fallimento sopravviva o meno all'estinzione conseguente all'art. 393 cod. proc. civ. La seconda -per cui la decisione emessa in sede di reclamo non non sarebbeha effetto sostitutivo rispetto alla sentenza di fallimento a sua volta congruente rispetto alla conclusione circa l'inapplicabilità dell'art. 393 cod. proc. civ., in ragione della particolare struttura del giudizio fallimentare. Desunta dall'art. 22 legge fall., essa (argomentazione) prescinderebbe infatti dalla doverosa distinzione delle varie ipotesi possibili, visto che la norma citata attiene al solo diverso da quello in esame - in cui il tribunale neghi il fallimento caso e il reclamo sia accolto. A loro volta le indicazioni del tribunale a proposito della natura sostitutiva della sentenza d'appello non terrebbero conto che tale natura rileva per l'effetto espansivo esterno quanto alla sorte degli atti del processo esecutivo, più volte oggetto di scrutinio da parte di questa Corte (anche mediante talune delle sentenze richiamate dal tribunale). Sicché, di nuovo, l'argomento non sarebbe alfine conferente, poiché la questione in tal caso riguarda la sorte del processo per la dichiarazione di fallimento "a seguito dell'estinzione" (rectius, della mancata riassunzione) "del giudizio di rinvio dopo la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo". 5 Il ricorrente aggiunge che la negazione dell'applicabilità dell'art. 393 al giudizio de quo non sarebbe stata in realtà sorretta da una vera motivazione, tanto da legittimare il ricorso (anche) per violazione dell'art. 132 cod. proc. civ., in quanto nessuno degli argomenti considerati è funzionale a spiegare perché la norma volta a - compiutamente regolare la fattispecie - non potrebbe essere applicata al caso in questione. VI. Può osservarsi che la critica appena mentovata è senza - fondamento nella parte in cui postula una carenza di motivazione del