Cass. pen., sez. III, sentenza 14/02/2024, n. 20245

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Sentenza
14 febbraio 2024
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Sentenza
14 febbraio 2024

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In tema di misure cautelari reali, il principio del "ne bis in idem" non preclude al pubblico ministero, in pendenza dei termini per proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di annullamento di un decreto di sequestro preventivo e prima del deposito della relativa motivazione, di richiedere l'adozione di un nuovo vincolo cautelare sui medesimi beni, a condizione che lo stesso si determini a non coltivare il rimedio impugnatorio, in quanto la contemporanea pendenza delle due iniziative cautelari contrasta con il divieto di "bis in idem". (In motivazione, la Corte ha chiarito che la verifica della litispendenza deve avvenire, con giudizio "ex post", al momento in cui è assunta la seconda iniziativa cautelare, con conseguente annullamento del secondo provvedimento per violazione dell'anzidetta regola processuale in caso di riscontrata coesistenza delle due iniziative).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 14/02/2024, n. 20245
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20245
Data del deposito : 14 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

20245-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da 306 Sent. N. Gastone Andreazza Presidente - CC 14/02/2024 Aldo Aceto - R.G.N. 20744/2023 Luca Semeraro Emanuela Gai - Relatore - Enrico Mengoni ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da De NA IE, nato a [...] il [...] GSE PA, in persona del legale rappresentante avverso l'ordinanza del 03/03/2023 del Tribunale di Taranto udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi, udito per i ricorrenti l'avv. Lamanna che ha insistito nell'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 3 marzo 2023, il Tribunale di Taranto ha respinto l'istanza di riesame, ex art. 324 cod.proc.pen., ed ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ai sensi dell'art. 12 bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, del profitto del reato di cui all'art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capi 25, 25 bis, 25 ter, 25 quater, 25 quinquies, 26 sexies e 26 sexies, 26, 27) in via diretta nei confronti di GSE PA e, in subordine, per equivalente nei confronti di De NA IE, amministratore della società, nonché del profitto del reato di cui all'art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capi 30 e 31) in via diretta nei confronti di Metal Group srl e, in subordine, per equivalente rep nei confronti di De NA IE, amministratore di fatto della società. 1 2. Avverso l'ordinanza l'avv. Lamanna, difensore dell'indagato e della società, ha presentato ricorso e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti comuni-motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.: 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all'art. 649 cod. proc.pen. Premette il ricorrente che il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato tributario, emesso dal Giudice delle indagini preliminari, in data 07/12/2022, in relazione alle incolpazioni provvisorie sopra indicate sia nei confronti della società GSE PA che, per equivalente, nei confronti del De NA, era stato annullato dal Tribunale del riesame, con provvedimento del 07/01/2023, depositato il 24/01/2023, che aveva rilevato l'assoluta mancanza di motivazione in ordine ad uno dei presupposti del sequestro preventivo, ovvero il periculum in mora;
che in data 25 gennaio 2023, il P.M. aveva emesso decreto di sequestro preventivo d'urgenza, ex art. 321 comma 3 bis cod.proc.pen. rilevando, nel caso di specie, il pericolo di dispersione dei beni già oggetto di sequestro preventivo, oggetto di annullamento, sul rilievo che proprio in ragione dell'annullamento, vi era l'elevata probabilità che sia la società che l'indagato si disfino dei beni e/o li occultino;
che, in data 03/02/2023, Giudice convalidava il sequestro d'urgenza ed emetteva decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto dei reati tributari, oggetto dell'incolpazione provvisoria, sui beni già sottoposti a sequestro che era stato annullato;
che con il provvedimento impugnato, il tribunale del riesame respingeva l'appello confermando il decreto di sequestro preventivo. Ciò posto, argomenta il ricorrente la violazione del principio del ne bis in idem, che opera anche tra i procedimenti e dunque opera anche in fase cautelare, avendo il tribunale erroneamente interpretato il disposto normativo e l'interpretazione giurisprudenziale data dello stesso, in quanto l'adozione del secondo provvedimento di sequestro preventivo sarebbe avvenuta in pendenza dei termini per impugnare il precedente provvedimento di annullamento. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la garanzia di non violazione del principio del ne bis in idem si potrebbe avere solo qualora il nuovo decreto fosse intervenuto una volta esaurito il primo procedimento cautelare, ovvero una volta decorsi i termini per proporre ricorso per cassazione. Nel caso in esame, il secondo decreto di sequestro sarebbe intervenuto durante la pendenza dei termini per impugnare il provvedimento di annullamento e, pertanto, sussisterebbe la preclusione processuale che il Tribunale avrebbe امو erroneamente escluso sul rilievo che ex post non era stata coltivata l'impugnazione. Dunque, argomenta il ricorrente che la pendenza del primo 2 procedimento cautelare avrebbe precluso l'avvio del secondo salvo che questi non si fondi su elementi nuovi.

2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge in relazione alla mancanza di motivazione, motivazione apparente in ordine al fumus commissi delicti. Il provvedimento impugnato sarebbe privo dell'esposizione delle ragioni giustificative della decisione non risultando l'iter argomentativo avendo omesso il confronto con la normativa di settore che non conduce alle conclusioni del Tribunale in punto sussistenza del fumus commissi delicti. In sintesi, il tribunale non avrebbe esaminato punti decisivi per l'accertamento del fatto sui quali è fondato il provvedimento di sequestro, il che comporta il denunciato vizio di mancanza di motivazione, non avendo esaminato quanto dedotto dalla difesa che aveva spiegato in maniera dettagliata la natura dei rapporti tra la GSE PA e le altre società che facevano parte di un contratto di rete. Al contrario di quanto sostenuto, la presenza del contratto di rete comporterebbe, secondo anche la Circolare del Ministero del lavoro n. 7 del 2018, che i firmatari del contratto di rete siano tutti i datori di lavoro nei confronti del personale indicato, sicché risulta del tutto evidente come le argomentazioni del provvedimento impugnato siano del tutto apparenti e non tengano conto in alcun modo dell'esistenza del contratto di rete che la GSE PA aveva sottoscritto con le società indicate nel decreto oggetto di impugnazione, così come non sarebbe stata presa in considerazione la circostanza evidenziata sempre dalla difesa che proprio la GSE PA in persona del suo legale rappresentante De NA IE era stata individuata come la capofila di questa rete di imprese. Inoltre, la ritenuta presunta ingerenza della GSE PA rispetto al lavoro della società appaltatrice non sarebbe di per sé idonea a ritenere integrata la fattispecie di intermediazione illecita di manodopera, posto che proprio l'esercizio da parte del committente di poter orientare la prestazione dei dipendenti non esclude di per sé la sussistenza di un appalto genuino. Peraltro, non avrebbe considerato, il tribunale, gli esiti della sentenza emessa dal tribunale civile che aveva ritenuto la validità del contratto di rete. Ancora del tutto apparente sarebbe la motivazione con la quale il tribunale aveva escluso un contratto di appalto genuino sul rilievo dell'assenza di macchinari in capo alle società distaccate. Infine, le intercettazioni telefoniche e le indagini finanziarie non sarebbero in grado di dimostrare la falsità del contratto di appalto.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione alla motivazione apparente in ordine al periculum in mora. Secondo il ricorrente il tribunale avrebbe colmato la lacuna 3 motivazionale che aveva portato all'annullamento del primo decreto di sequestro preventivo, unicamente dal punto di vista grafico non essendo evincibile le argomenti sulla base dei quali è stato ritenuto il pericolo di dispersione dei beni che sarebbe stato ritenuto sussistente sulla base del mero automatismo imperniato sulla imputazione, argomento del tutto elusivo dei principi affermati dalle Sezioni Unite Ellade. Anche le intercettazioni riportate a sostegno del presupposto del periculum, rappresentano unicamente l'oggetto delle imputazioni e non possono essere poste a fondamento del pericolo di dispersione dei beni. Il pericolo di dispersione sarebbe stato desunto solo ed esclusivamente dal tenore delle condotte contestate, situazione che non può giustificare una compressione del diritto di proprietà e sulla presunzione di una eventualità di depauperamento del patrimonio, affermazione in contrasto con il requisito di concretezza e attualità che deve rivestire il periculum in mora, oltre che apodittica.

3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso per cassazione proposto dal difensore nell'interesse della società GSA srl è inammissibile perché privo di procura speciale. Questa Corte, con orientamento consolidato, ha affermato che ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, il terzo interessato alla restituzione dei beni deve conferire una procura speciale al suo difensore, nelle forme previste dall'art. 100 cod. proc.pen. (Sez. 5, n. 25478 del 15/05/2014, Pannunzio, Rv. 259847; Sez. 6, n. 13154 del 19/03/2010, Arango Garzon, Rv. 246692; Sez. 6, n. 16974 del 13/03/2008, Pulignano, Rv. 239729; Sez. 6, n. 12517 del 12/03/2008, Calabresi, Rv. 239287; Sez. 5, n. 13412 del 17/02/2004, Pagliuso, Rv. 228019). Si è infatti affermato, simmetricamente rispetto a quanto indicato con riguardo alla presentazione di istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo ad opera di parte diversa dall'imputato o indagato (Sez. 3, n. 8942 del 20/10/2011, Porta Tenaglia Srl, Rv. 252438; Sez. 2, n. 41243 del 21/11/2006, Tanda, Rv. 235403), che la posizione processuale del terzo interessato è nettamente distinta sotto il profilo difensivo da quelle dell'indagato e dell'imputato che, in quanto assoggettati all'azione penale, possono stare in giudizio di persona, avendo solo necessità di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterli, li rappresenta ex lege ed è titolare di un diritto di impugnazione nell'interesse del proprio assistito per il solo fatto di rivestire

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