Cass. civ., sez. I, sentenza 21/10/2005, n. 20464
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Il provvedimento straniero di "omologazione" della separazione consensuale, pronunziato al termine di una procedura di giurisdizione volontaria, è suscettibile di riconoscimento "automatico", senza ricorso ad alcun procedimento, nonostante la sua inidoneità a divenire "res iudicata", posto che l'art. 66 della legge 31 maggio 1995, n. 218 non esige tale condizione, ma soltanto che il provvedimento straniero di giurisdizione volontaria non sia contrario all'ordine pubblico interno, sia pronunciato nel rispetto dei diritti essenziali della difesa e provenga da un'autorità competente secondo criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano. (Nella specie la S.C., una volta ritenuto automaticamente efficace in Italia, benché non suscettibile di giudicato, il provvedimento di separazione consensuale pronunciato dal giudice venezuelano, è pervenuta alla conclusione di inammissibilità della domanda di separazione giudiziale proposta in Italia dalla ricorrente, stante l'impossibilità di richiedere il mutamento del titolo della separazione stessa).
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. M M R - Consigliere -
Dott. M G V A - rel. Consigliere -
Dott. G P - Consigliere -
Dott. C M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C N B, elettivamente domiciliata in Roma, via V. Bachelet, n. 12, presso l'Avvocato D V R, che la rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
N J, elettivamente domiciliato in Roma, via della Giuliana, n. 63, presso l'Avvocato P G, che lo rappresenta e difende per procura speciale in data 11.2.2003, con firma autenticata dal notaio Veintidos del circulo de Bogotà (Colombia);
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3939/02 della Corte d'appello di Roma, depositata il giorno 8.11.2002. Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del giorno 19 settembre 2005 dal Relatore Cons. Dott. G V A M;
Udito l'Avvocato R D V, per la ricorrente;
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F O che ha concluso per l'accoglimento del quarto motivo, assorbiti gli altri, e, in subordine, per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza depositata il 10.7.2000, il tribunale di Roma, ritenuta la propria giurisdizione, dichiarò inammissibile la domanda di separazione giudiziale con richiesta di addebito al marito e congrue assegno di mantenimento, proposta dalla signora B C N nei confronti del signor J N B con ricorso depositato il 15.4.1997, avendo rilevato che le parti, coniugate con rito civile in Venezuela (1970) e con rito religioso in Italia (1985), si erano già separate consensualmente in Venezuela il 9.3.1993, e che tale separazione era da ritenere efficace nello Stato.
2.- Per la riforma di tale sentenza ricorse in appello la signora Cleves, sostenendo l'inefficacia in Italia del provvedimento di separazione conseguito all'estero ed insistendo nelle domande di separazione giudiziale, con addebito al marito e condanna del medesimo a versarle un assegno mensile di Lire 6.000.000 per il mantenimento suo e delle due figlie nate dal matrimonio. L'appellato, costituendosi in giudizio, chiese la conferma della sentenza di primo grado. Analogamente concluse il pubblico ministero. 3.- Con sentenza depositata il giorno 8.11.2002, la corte d'appello di Roma respinse l'impugnazione, confermò la sentenza del tribunale e compensò interamente fra le parti le spese del grado. Osservò, in merito ai singoli motivi di gravame, che correttamente i primi giudici avevano ritenuto corrispondente all'omologazione di diritto interno, e perciò non soggetto alle regole proprie della res judicata, il provvedimento pronunziato dal giudice venezuelano, la cui giurisdizione era stata accettata da entrambe le parti;che tale provvedimento non era in contrasto con l'ordine pubblico interno, posto che il giudice straniero legittimamente aveva dato disposizioni riguardanti una figlia minorenne della coppia, non essendo questa residente in Italia, ma nello stesso domicilio (Venezuela) dichiarato dai genitori;e che si era giustamente astenuto dal pronunziare sul mantenimento della moglie, il cui eventuale diritto, di natura disponibile, non era stato accampato da costei all'atto di manifestare la concorde volontà di separarsi dal marito. Concluse nel senso che, essendo applicabile a detti coniugi, secondo la loro legge nazionale comune (colombiana), la legge italiana perché domiciliati in Italia;e dovendosi considerare valida, in base alla legge applicabile (italiana), la separazione consensuale attuata davanti al giudice venezuelano, la domanda di separazione giudiziale era stata giustamente ritenuta inammissibile dal tribunale, non potendo essere mutato il titolo della separazione, salvo il caso d'intervenuta riconciliazione.
4.- Per la cassazione di tale sentenza B C N propone ricorso, con quattro motivi, cui replica J N B mediante controricorso, illustrato anche da memoria. Una memoria illustrativa è stata depositata anche dalla ricorrente. MOTIVI DELLA DECISIONE
5.- La memoria illustrativa presentata dalla ricorrente è irricevibile, perché depositata il 9.9.2005, oltre la scadenza del termine di cinque giorni anteriori all'udienza fissato dall'articolo 378 c.p.c, tenuto conto della sospensione feriale.
6.- La ricorrente B C N censura la sentenza impugnata. 6.1.- col primo motivo, ai sensi dell'articolo 360, 1 co., n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 710, stesso codice - norma processuale, quindi applicabile ad una procedura che si svolga nello Stato, ai sensi dell'articolo 12, legge 31 maggio 1995, n. 218 -, a mente del quale anche le condizioni della
separazione consensuale sono modificabili (stante il richiamo contenuto nel successivo articolo 711, ult. co.: n.d.r.), essendo stata proposta al giudice italiano non solo una domanda di separazione giudiziale con addebito al marito, teoricamente inammissibile, ma anche quella di attribuzione ad essa ricorrente di un assegno di mantenimento per sè e per le figlie, occasionata dalle importanti e radicali modifiche che sarebbero intervenute dopo la separazione consensuale;
6.2.- col secondo motivo, ai sensi dell'articolo 360, 1 co., n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 112, stesso codice, essendo stata omessa la pronunzia sul capo di domanda concernente la chiesta modifica delle condizioni della separazione consensuale mediante attribuzione di un assegno di mantenimento;6.3.- col terzo motivo, ai sensi dell'articolo 360, 1 co., n. 5, c.p.c., per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, rappresentato dalla stessa domanda di cui al motivo precedente;
6.4.- col quarto motivo, ai sensi dell'articolo 360, 1 co., n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articoli 64, 65 e 14, legge 31 maggio 1995, n. 218, per avere la corte territoriale ritenuto efficace de plano nello Stato il provvedimento del giudice venezuelano, sol perché non suscettibile, nel nostro ordinamento, di passaggio in giudicato;trascurando così di considerare che la sussistenza della res judicata deve essere valutata in base alle pertinenti disposizioni, accertabili d'ufficio, della lex. fori, ossia del luogo in cui la decisione fu pronunziata (articoli 64, lett. d, e 14, cit.).
7.- I primi tre motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro stretta interrelazione, sono infondati, per le seguenti ragioni. 7.1.- La tesi della ricorrente muove dall'assunto, comune a questi motivi, che la domanda iniziale di separazione giudiziale contenesse una richiesta subordinata di modificazione dei patti della separazione consensuale, mediante aggiunta di un assegno di mantenimento a carico del marito;e si sviluppa nei rilievi che tale subordinata non sarebbe stata affatto esaminata (secondo motivo) ovvero sarebbe stata immotivatamente rigettata (terzo motivo) dai giudici del merito, in violazione delle norme che consentono simile modifica (primo motivo) e, comunque, dei principi di conservazione della domanda e di economia processuale.
7.2.- L'esame diretto degli atti processuali, reso possibile e necessario in questa sede per la dedotta violazione dell'articolo 112 c.p.c. (Cass. nn. 7533/2004, 15859/2002, 6526/2002, 6066/2001,
2574/1999), consente di stabilire che la domanda proposta dalla parte in questo giudizio tende ad ottenere non la modifica dei patti della separazione consensuale, ai sensi del combinato disposto degli articoli 711, ult. co., 710 c.p.c., bensì esclusivamente la separazione giudiziale, ai sensi degli articoli 706 e ss., stesso codice. Infatti, pur potendo la domanda di assegno inerire teoricamente ad una richiesta di modificazione dei patti della separazione consensuale, non c'è dubbio che, nel caso concreto, la causa petendi enunciata fosse quella tipica della separazione giudiziale, denotata altresì da un petitum (attribuzione della responsabilità al marito, oltre alla richiesta di assegno) incompatibile con la modifica dei patti precedenti (Cass. nn. 6625 2005, 8272/1999, 7566/1999, 6566/1997, giurisprudenza che il collegio condivide).
Cosicché l'avere insistito, anche in appello, nella richiesta dell'assegno non vale, di per sè, a modificare la suddetta causa petendi ne' ad introdurre un'istanza subordinata di modifica in parte qua della separazione consensuale.
Sulla quale istanza, pertanto, il giudice di merito, cui spetta in definitiva l'interpretazione della domanda, non aveva obbligo di provvedere espressamente dopo avere affermato che si tratta, nella specie, di "domanda di mutamento del titolo della separazione" (quinta pag. della sentenza impugnata), inammissibile in quanto tale. 7.3.- L'infondatezza dei tre motivi in esame dipende, quindi, dalla riconosciuta insussistenza del comune presupposto (presenza di una domanda subordinata di modificazione dei patti della separazione consensuale) su cui gli stessi sono basati.
8.- Il quarto motivo di ricorso (par. 6.4) è altrettanto infondato. 8.1.- Afferma in proposito la corte d'appello che la pronunzia del giudice venezuelano, costituente "una semplice ratifica della volontà delle parti non...soggetta alle regole concernenti il passaggio in giudicato di una sentenza", è assimilabile all'omologazione di diritto interno;ritiene quindi che detto provvedimento, pur insuscettibile di giudicato, impedisca il mutamento del titolo della separazione, da consensuale a giudiziale, non essendo ciò ammesso dalla legge italiana, applicabile per retro - rinvio da quella colombiana, legge nazionale comune dei coniugi applicata dal giudice venezuelano.
8.2.- La ricorrente contesta, con questo motivo di censura, la ritenuta inammissibilità della domanda di separazione giudiziale, adducendo che, contrariamente a quanto argomentato dai giudici di merito, il provvedimento straniero di "omologa" della separazione consensuale non avrebbe alcuna efficacia nel nostro ordinamento, essendo insuscettibile di giudicato secondo la lex fori (venezuelana) e, quindi, non riconoscibile in Italia, ostandovi il disposto dell'articolo 64, lett. d), legge 31 maggio 1995, n. 218, che subordina il riconoscimento al fatto che la sentenza straniera sia "passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata", non secondo la legge italiana.
8.3.- La conclusione cui perviene la corte d'appello - inammissibilità della domanda di separazione giudiziale, non essendo ammesso il mutamento del titolo della separazione - è conforme al diritto, ma la motivazione deve essere corretta, ai sensi dell'articolo 384, 2 co., c.p.c., nei termini seguenti. 8.3.1.- Il provvedimento straniero di "omologazione" della separazione consensuale, pronunziato al termine di una procedura di giurisdizione volontaria (Cass. n. 3390/2001, dalla motivazione, e n. 5943/1979), è suscettibile di riconoscimento "automatico", senza ricorso ad alcun procedimento, nonostante la sua inidoneità a divenire res judicata, posto che l'articolo 66, legge 31 maggio 1995, n. 218, norma specificamente applicabile al caso, entrata in vigore
il 31.12.1996, cioè prima dell'introduzione del presente giudizio (15.4.1997), non esige tale condizione, ma soltanto che il provvedimento straniero di giurisdizione volontaria non sia contrario all'ordine pubblico interno, sia pronunziato nel rispetto dei diritti essenziali della difesa e provenga - per quanto qui interessa - da un'autorità competente secondo criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano (articoli 66 e 65, cit., in combinato disposto).
8.3.2.- Nella specie, essendo ormai definitivamente acclarati, perché incensurati, i punti relativi alla salvezza dell'ordine pubblico interno ed alla competenza dell'autorità giudiziaria venezuelana, e non essendo controverso il rispetto dei diritti della difesa davanti a quel giudice, si deve ritenere automaticamente efficace in Italia, benché non suscettibile di giudicato, il provvedimento di separazione consensuale;pervenendo così alla stessa conclusione della sentenza impugnata, d'inammissibilità della domanda di separazione giudiziale (par. 7.2) proposta dalla ricorrente, essendo da escludere il mutamento di titolo della separazione stessa (cfr. giurisprudenza ivi cit.). 9.- In conclusione, e per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.