Cass. civ., sez. VI, ordinanza 21/03/2019, n. 08089

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 21/03/2019, n. 08089
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08089
Data del deposito : 21 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso 17590-2018 proposto da: MAGNO MARIA CRISTINA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GOLAMETTO

4, presso lo studio dell'avvocato F E A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato G B FERRIOLO giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente-

contro

MNISTERO GIUSTIZIA elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- con troricorrente- avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositato 1'8/1/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2019 dal Consigliere Dott. M C;

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d'appello di Perugia, con decreto n. 6 dell'8/1/2018, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore della ricorrente la somma di Euro 710,00, a titolo d'equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo incardinato ai sensi della L. n. 89 del 2001, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 210,00, ed accessori, distratte in favore dei difensori antistatari. Avverso tale decreto M M C propone ricorso, esponendo, con l'unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c., 2233 co. 2 c.c. e delle previsioni di cui al DM n. 55/2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso spese di lite al disotto del minimo legale. L'Amministrazione ha resistito con controricorso. Il motivo è fondato. Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla legge n. 89/2001 (Cass. n. 1018/2018), l'opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che "In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la Ric. 2018 n. 17590 sez. M2 - ud. 28-02-2019 -2- liquidazione stessa", non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l'avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l'incarico professionale. Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall'Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 - evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa. Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 210,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 0,00 a Euro 1.100,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell'affare (art. 4, cit.) dovendosi escludere la possibilità di poter andare al di sotto dei detti minimi essendo ciò in violazione del principio di cui all'art. 2233 c.c. in merito alla necessità di corrispondere compensi adeguati al decoro della professione. Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi