Cass. pen., sez. V trib., sentenza 05/01/2023, n. 00194

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 05/01/2023, n. 00194
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00194
Data del deposito : 5 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ANCESCHI ALESSIO nato a SASSUOLO il 09/12/1976 avverso la sentenza del 01/07/2021 del TRINUNALE di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PIERANGELO CIRILLO;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale F C, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dell'avv. M P, per la parte civile, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dell'avv. E D C, per l'imputato, che ha chiesto di accogliere il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 10 luglio 2021 dal Tribunale di Bologna, che ha riformato, limitatamente all'importo del risarcimento del danno liquidato in favore della parte civile, la sentenza del Giudice di pace di Bologna che aveva condannato A A per il reato di cui all'art. 595, commi 1 e 2, cod. pen., commesso in danno di D D. In particolare, all'imputato (avvocato del foro di Modena) era stato contestato il suddetto delitto per avere - mediante un atto scritto depositato presso il Consiglio distrettuale di disciplina di Bologna - offeso la reputazione dell'avvocato D D (componente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Modena e relatore di un procedimento disciplinare a carico del ricorrente), sostenendo che «l'avv. D D aveva dato seguito al procedimento disciplinare, già avviato a carico di A A, presso il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Modena, abusando dei propri uffici istituzionali a scopo evidentemente ritorsivo, intimidatorio e persecutorio ...>>.

2. Contro la sentenza della Corte di appello, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.

2.1. Con un primo motivo, articolato in più censure, deduce il vizio di motivazione, l'inosservanza di norme processuali e l'erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 84, 368 e 595 cod. pen. e agli artt. 6, 21, 24, 52, 409, 423, 516, 521, 522, 604 e 649 cod. proc. pen. Con una prima censura, sostiene che il fatto contestato andrebbe giuridicamente qualificato come calunnia ovvero come diffamazione, aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 4, cod. pen., e, conseguentemente, esulerebbe dalla competenza per materia del Giudice di pace. Con una seconda censura, sostiene che il reato di diffamazione andrebbe ritenuto assorbito in quello di calunnia, originariamente contestato al ricorrente e in relazione al quale era già intervenuto provvedimento di archiviazione. Con una terza censura, sostiene che vi sarebbe stata una palese violazione del principio del ne bis indem, atteso che, in ordine alla stessa imputazione era stato aperto un procedimento penale (n. 13211/2015 n.g.n.r.) per i reati di calunnia e diffamazione, in ordine al quale era intervenuto provvedimento di archiviazione.

2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione e l'erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 51 e 59 cod. pen., agli arti. 1, 2, 3 e 29 legge 31 dicembre 2012, n. 247 e all'art. 24 Cost.Sostiene che la condotta contestata andrebbe considerata scriminata, ai sensi dell'art. 51 cod. pen., atteso che, con lo scritto depositato presso il Consiglio distrettuale di disciplina, l'imputato si sarebbe limitato ad adempiere all'obbligo di tutelare la propria indipendenza, che era stata limitata dalla sottoposizione a un procedimento disciplinare, aperto in relazione a fatti che costituivano il mero svolgimento di un'ordinaria attività professionale.

2.3. Con un terzo motivo, deduce il vizio di motivazione e l'erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 59 e 598 cod. pen. Rappresenta che le espressioni ritenute diffamatorie erano contenute in una memoria difensiva prodotta nell'ambito di un procedimento disciplinare. Esse, pertanto, non sarebbero punibili ai sensi dell'art. 598 cod. pen.

2.4. Con un quarto motivo, deduce il vizio di motivazione e l'erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 59 e 599 cod. pen. Sostiene che il fatto non sarebbe punibile poiché commesso dall'imputato mentre si trovava in uno stato d'ira, determinato da un fatto ingiusto, costituito dalla sottoposizione a un procedimento disciplinare del tutto privo di fondamento.

2.5. Con un quinto motivo, articolato in due censure, deduce il vizio di motivazione. Con la prima censura, sostiene che il Tribunale non si sarebbe pronunciato su alcune questioni poste dalla difesa. Con una seconda censura, contesta la ricostruzione del fatto storico operata dal Tribunale.

2.6. Con un sesto motivo, deduce il vizio di motivazione e l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 124 cod. pen. e 129 cod proc. pen. Sostiene che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto tempestiva la querela, calcolando il termine per la sua proposizione a partire dal momento in cui era stata comunicata all'avv. Dondi la memoria del 20 gennaio 2015, contenente le frasi offensive. Queste ultime, tuttavia, sarebbero state sostanzialmente riproduttive di offese contenute in precedenti atti difensivi diretti al Consiglio dell'ordine, risalenti al dicembre 2014 e sicuramente conosciuti dalla Dondi. Era, dunque, rispetto alla data di tali atti difensivi che, a parere del ricorrente, andava valutata la tempestività della querela.

2.7. Con un settimo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 179, 180, 181 e 185 cod. proc. pen. Sostiene che la sentenza di appello sarebbe nulla nella parte in cui richiama le motivazioni del decreto di archiviazione del 23 luglio 2019 del Giudice per le indagini preliminari di Bologna, che sarebbe abnorme, poiché emesso in assenza di contraddittorio con l'imputato.

2.8. Con un ottavo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 409, 423, 496, 521 e 603 cod. proc. pen. e all'art. 111 Cost. Sostiene che, in primo grado, vi erano state svariate violazioni del principio del contraddittorio «con conseguente nullità del relativo procedimento». In particolare, lamenta la violazione dell'ordine di assunzione delle prove fissato dall'art. 496 cod. proc. pen., essendo stati escussi i testi a discarico prima di sottoporre l'imputato all'esame richiesto dal Pubblico ministero. Sostiene che il Giudice di pace avrebbe palesemente violato il principio del contraddittorio, autorizzando la parte civile a produrre in giudizio non meglio precisati documenti, trasmettendoli per posta elettronica. Eccepisce, infine, la nullità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini emesso nell'originario procedimento, avente ad oggetto sia il reato di calunnia che quello di diffamazione, poiché notificato al difensore d'ufficio e non a quello di fiducia.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi