Cass. pen., sez. VII, ordinanza 08/02/2023, n. 05496

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 08/02/2023, n. 05496
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05496
Data del deposito : 8 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: FAGONE ISMAELE nato a CATANIA il 24/09/1983 avverso la sentenza del 18/05/2022 della CORTE APPELLO di CATANIAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere VITTORIO PAZIENZA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Ritenuto che, l'unico motivo di ricorso, con il quale F I - imputato del reato di cui all'art. 73, comma 4 d.P.R. 309/90 - deduce l'erronea applicazione della legge penale in relazione all'affermazione della penale responsabilità per il reato ascrittogli sul rilievo che la sostanza stupefacente fosse destinata all'uso esclusivamente personale, non sia consentito della legge in sede di .legittimità poiché costituito da mere doglianze in punto di fatto, investendo profili di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha congruamente individuato plurimi profili che univocamente convergono nel ritenere provata la detenzione a fini di spaccio (si veda, in particolare, pag. 2, con riferimento sia al considerevole quantitativo di sostanza stupefacente, sia alle ragioni poste a sostegno della valutazione di inconsistenza della versione difensiva, stando alla quale si sarebbe trattato di una scorta per uso personale, mentre il bilancino sarebbe servito a pesare il cibo del cane). Tra l'altro, la difesa ha sostenuto (pag. 3 del ricorso) la non decisività dell'indizio costituito dalla somma di danaro rinvenuta, senza peraltro avvedersi che la sentenza impugnata aveva disatteso analoga doglianza in appello, osservando che non risultava alcuna somma di danaro (pag. 1). Ritenuto che, pertanto, il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi