Cass. civ., sez. I, sentenza 27/01/2014, n. 1650
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In assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell'art. 647 cod. proc. civ. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall'art. 124 o dall'art. 153 disp. att. cod. proc. civ. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all'interno del processo d'ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell'ipotesi in cui il decreto ex art. 647 cod. proc. civ. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell'art. 52 legge fall.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALMÈ Giuseppe - Presidente -
Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14510-2012 proposto da:
BANCA POPOLARE DI VICENZA S.C.P.A. (C.F. 00204010243), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TRITONE 102, presso l'avvocato SICCHIERO GIANLUCA, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO SARTOR S.R.L. (p.i. 03019620271), in persona del Curatore dott. MAGALINI ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CERESIO 85, presso l'avvocato RICHICHI AURELIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MICHELE MALCANGIO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto del TRIBUNALE di TREVISO, depositato il 30/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato SICCHIERO GIANLUCA che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato RICHICHI AURELIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Banca Popolare di Vicenza soc. coop. a r.l. ha ottenuto decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in data 8 ottobre 2007 avverso la Sartor s.r.l., in seguito al quale ha iscritto ipoteca legale e iniziato l'esecuzione forzata.
Dichiarato il fallimento della debitrice il 10 giugno 2011, la banca ha proposto domanda di ammissione allo stato passivo del credito di Euro 641.391,38 con privilegio ipotecario, depositando il suddetto provvedimento monitorio, non opposto dalla debitrice. Al decreto ingiuntivo peraltro solo il 19 agosto 2011, dopo la sentenza di fallimento, è stato apposto dal giudice il visto di definitività per non proposta opposizione.
Il giudice delegato ha escluso l'importo di Euro 609.336,28, in quanto fondato su decreto ingiuntivo non opponibile al fallimento perché privo del visto di definitività ex art. 647 c.p.c. emesso prima della sentenza dichiarativa, escludendo altresì alcune spese per la somma di Euro 20.935,86 e riconoscendole per Euro 11.659,24 ex art. 2770 c.c.. Il Tribunale di Treviso, adito ai sensi dell'art. 98 legge fall., con il decreto del 30 maggio 2012 ha respinto l'opposizione, anche con riguardo alla domanda subordinata di ammissione del credito in via chirografaria.
Disattesa l'istanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale ed alla Corte di giustizia UE, il tribunale ha richiamato la giurisprudenza costante di legittimità, secondo cui il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale solo a seguito della dichiarazione di esecutività ai sensi dell'art. 647 c.p.c. e, dunque, resta inopponibile alla massa dei creditori
concorsuali se non dichiarato esecutivo, con il decreto di cui alla citata norma, prima della sentenza di fallimento, maturando altrimenti la preclusione di cui all'art. 45 legge fall.;
ha escluso, di conseguenza, le spese relative al decreto ingiuntivo non opponibile.
Ha respinto la domanda subordinata della banca di ammissione del credito in via chirografaria, non ritenendo a tal fine idonea l'attestazione ex art. 50 t.u.b. ed un saldaconto contenente il mero dato contabile inerente il saldo dei rapporti di conto corrente, senza alcun riferimento all'andamento dei rapporti dare-avere ed alle somme che compongono il credito vantato.
La Banca Popolare di Vicenza soc. coop. a r.l. ha chiesto, sulla base di cinque motivi, la cassazione del decreto e l'ammissione in via privilegiata ipotecaria anche del credito di Euro 609.336,28, ai sensi dell'art. 384 c.p.c.;
in subordine, la rimessione alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato FUE, della questione di conformità agli art. 20 e 47 della Carta degli artt. 2704 e 2907 c.c., art. 647 c.p.c., artt. 45 e 98 legge fall., con riguardo al principio della parità di trattamento e al
diritto ad un ricorso effettivo, laddove escludono sia possibile accertare che il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è divenuto definitivo sebbene non apposta, prima del fallimento, l'attestazione ex art. 647 c.p.c.. Si è costituito il Fallimento Sartor s.r.l., instando per l'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., n.1, in quanto vertente su questioni di diritto decise dal giudice del
merito in piena conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità, senza l'allegazione di elementi idonei a mutarne l'orientamento, e per il rigetto dello stesso.
Nel giugno 2013, la ricorrente ha presentato istanza di rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374 c.p.c. della questione di massima di particolare importanza, relativa alla interpretazione dell'art. 647 c.p.c. in relazione al fallimento del debitore;
ha rilevato, altresì, il contrasto fra le pronunce delle sezioni semplici che affermano come anche il decreto ingiuntivo sia passibile di giudicato sostanziale (n. 11360 del 2010, n. 18791 del 2009) ed il giudicato delle sentenze è rilevabile d'ufficio (n. 6326 del 2010, n. 26689 del 2009) con l'orientamento dalla banca criticato. Le parti hanno depositato le memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Contro la sentenza resa dal tribunale è proponibile il ricorso diretto per cassazione, essendo stato dichiarato il fallimento il 10 giugno 2011, successivamente quindi alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006 il 16 luglio 2006 (Cass., sez. 1, 27 dicembre 2011, n. 28885). 2. - Con il primo motivo, la ricorrente deduce l'omessa pronuncia su punto decisivo della controversia e la motivazione solo apparente, ai sensi dell'art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere il tribunale valutato se l'art. 647 c.p.c. possa venire interpretato in modo conforme al diritto costituzionale e comunitario.
Con il secondo motivo, deducendo la violazione degli artt. 3 e 24 Cost., artt. 45 e 96 della legge fall., art. 647 c.p.c. e art. 2909 c.c., essa lamenta che il tribunale abbia errato nell'aderire alla
tesi della inopponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo non dichiarato definitivo prima della sentenza di fallimento, pur quando il decreto di esecutività esista, ma sia stato emesso dopo la sentenza dichiarativa, proponendo la ricorrente argomenti affinché questa Corte di legittimità muti il proprio orientamento ed aderisca, invece, all'opinione secondo cui l'accertamento della mancata opposizione possa avvenire anche dopo la sentenza dichiarativa di fallimento, purché prima di essa sia decorso il termine per l'opposizione al decreto ingiuntivo. Il contrasto della prima tesi, sinora accolta anche in Cassazione, con l'art. 3 Cost. risiederebbe nella irragionevolezza di una presunta tutela della massa creditoria non da un atto fraudolento, ma da un provvedimento giudiziario, sia pure intervenuto dopo la sentenza di fallimento;
nonché nella disparità di trattamento rispetto ai crediti assistiti da sentenza non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento, che sono ammessi con riserva ai sensi dell'art. 96, comma 2, n. 3, legge fall., con ulteriore pregiudizio del diritto di difesa ex art. 24 Cost. dei creditori muniti, invece, solo del titolo monitorio. La tesi si porrebbe in contrasto anche con l'art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che sancisce il principio di uguaglianza davanti alla legge, e con l'art. 47 di essa, che sancisce il diritto ad un ricorso effettivo, il quale ricomprende quello di poter provare i fatti (nella specie, il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo) a sostegno della domanda.
Con il terzo motivo, deduce l'omessa pronuncia ai sensi dell'art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il giudice del
merito si sarebbe limitato ad affermare che l'estratto ex art. 50 t.u.b. e il saldo conto non fossero idonei a provare il credito, senza rispondere alla censura, rivolta al provvedimento del g.d., di avere escluso parte delle spese della fase monitoria ed esecutiva senza motivazione.
Con il quarto motivo, deducendo la violazione dell'art. 115 c.p.c., la ricorrente lamenta che il tribunale abbia omesso di esaminare tutti i documenti allegati a prova del credito nel fascicolo dell'opposizione allo stato passivo.
Con il quinto motivo, deduce il vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, "anche in relazione all'art.1832 c.c.", per avere il decreto impugnato reputato inidonei gli
estratti relativi ad un conto corrente chiuso da anni, invece ormai inoppugnabili.
3. - Il primo motivo è inammissibile.
La questione di legittimità costituzionale di una norma, in quanto strumentale rispetto alla domanda che implichi l'applicazione della norma medesima, non può invero formare oggetto di un'autonoma istanza, rispetto alla quale, in difetto di esame, sia configurabile un vizio di omessa pronuncia;
mentre la questione stessa, ancorché non esaminata dal giudice inferiore, resta deducibile e rilevabile nei successivi stati e gradi del giudizio che sia validamente instaurato, ove rilevante ai fini della decisione (Cass. 11 dicembre 2006, n. 26319;
ord., 16 luglio 2005, n. 15092;
18 febbraio 1999, n. 1358;
v. pure 22 luglio 2010, n. 17224). Lo stesso è a dirsi con riguardo alla richiesta di rimessione degli atti alla Corte di Lussemburgo, dal momento che, come parimenti ritenuto (Cass. 10 marzo 2010, n. 5842), la richiesta di rinvio su questione pregiudiziale di interpretazione del diritto comunitario, in applicazione dell'art. 267, già 234, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, non è configurabile come autonoma domanda, rispetto alla quale, nel caso di omessa specifica