Cass. civ., SS.UU., sentenza 05/08/2016, n. 16598

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La tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (cd. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art. 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale (e sempreché dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c.), salva la possibilità per l'appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 c.p.c. (o 184 bis c.p.c., "ratione temporis" applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l'appello.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 05/08/2016, n. 16598
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16598
Data del deposito : 5 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

16598/16 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Costituzione in appello LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE con c.d. "velina" SEZIONI UNITE CIVILI R. G. N. 6304/2010 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Cron.16598 Dott. G CIO Primo Presidente Rep. Dott. ETTORE BUCCIANTE - Presidente Sezione - Ud. 24/05/2016 Presidente Sezione Dott. G A PU Consigliere Dott. M C G CI. - Consigliere Dott. P C Consigliere Dott. A AO Consigliere Dott. G TO Consigliere Dott. S P Rel. Consigliere Dott. R F ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 6304-2010 proposto da: titolare dell'omonima Ditta, V M, 2016 elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLE IRIS 18, 244 presso lo studio dell'avvocato F D G, che 10 rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;
ricorrente

contro

G T, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 1, presso lo studio dell'avvocato M G, rappresentata e difesa dall'avvocato I T, per delega a margine del controricorso;
controricorrente avverso la sentenza n. 313/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 22/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/05/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l'Avvocato F D G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI, che ha concluso per il rigetto del ricorso. R.g.n. 6304-10 (ud. 24.5.2016) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO §1. Massimo V, nella qualità di titolare dell'omonima ditta, ha proposto ricorso per cassazione

contro

Teresa Genova avverso la sentenza del 22 gennaio 2009, con cui la Corte d'Appello di Roma ha provveduto su due appelli riuniti, successivamente proposti dalla Genova, il primo notificato il 12 novembre 2004 e non iscritto a ruolo dalla Genova ma dall'appellato V al solo dichiarato fine di ottenere la declaratoria della sua improcedibilità, il secondo notificato il 26 novembre successivo ed iscritto a ruolo dalla Genova con deposito non dell'originale della citazione di appello, bensì di una "velina". §2. La Corte genovese ha parzialmente riformato la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Roma il 6 settembre del 2004 e- decidendo sulla domanda proposta dal qui ricorrente per il pagamento della somma di allora lire 25.642.000 quale corrispettivo dovuto in forza di un contratto di appalto per la ristrutturazione di un immobile in Roma, nonché di altre due somme per indennità di mancato guadagno e restituzione della c.d. ritenuta di garanzia ha ridimensionato il dovuto a favore del qui ricorrente (già riconosciuto dal Tribunale in 8.181,19 euro) in 648,00 euro, oltre interessi legali dal 7 marzo 2001 al saldo. §3. Al ricorso, che propone sette motivi, ha resistito con controricorso la Genova. §4. La trattazione del ricorso veniva fissata davanti alla Seconda Sezione Civile di questa Corte per l'udienza del 7 ottobre 2015 ed all'esito il Collegio, con ordinanza interlocutoria n. 25529 del 18 dicembre 2015, riteneva - per quello che vi si enuncia in relazione ai due primi motivi del ricorso - che la decisione implicasse la soluzione di due questioni, sulle quali ravvisava l'esistenza di contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici, e, 3 Est. Cons. R F R.g.n. 6304-10 (ud. 24.5.2016) pertanto, rimetteva il ricorso al Primo Presidente, perché valutasse l'opportunità di assegnarne la trattazione alle Sezioni Unite. §5. Il Primo presidente ha assegnato la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite. §6. Parte ricorrente ha depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE §1. In via preliminare è opportuno rilevare che le questioni sulle quali la Seconda Sezione Civile ha sollecitato l'intervento delle Sezioni Unite sono correlate essenzialmente al terzo motivo, nel senso che la loro soluzione è rilevante essenzialmente per il suo scrutinio. Tuttavia, all'esame del terzo motivo può procedersi soltanto se si ritengano inidonei a giustificare la cassazione della sentenza impugnata i primi due motivi, i quali pongono questioni inerenti sempre alle modalità con le quali il giudizio è stato devoluto alla cognizione della Corte territoriale, ma relative alle conseguenze della consecuzione fra un primo appello ed un secondo appello, che invece è quello cui specificamente si riferisce la questione posta con il terzo motivo. §1.1. Dette modalità sono state le seguenti: a) la Genova impugnava la sentenza di primo grado con un primo atto di appello notificato il 12 novembre 2004 e non provvedeva alla sua iscrizione a ruolo;
b) l'appello veniva iscritto a ruolo il 4 dicembre 2004 dal V, con il deposito di comparsa di costituzione finalizzata ad ottenerne la declaratoria di improcedibilità;
c) nelle more, in data 26 novembre 2004, la Genova notificava un secondo atto di appello, di contenuto identico al primo e questa volta provvedeva alla sua iscrizione a ruolo il giorno dopo, peraltro mediante deposito di quella che tanto il ricorrente quanto la sentenza impugnata Est. Cons R F R.g.n. 6304-10 (ud. 24.5.2016) definiscono come "velina" dell'atto, cioè della citazione di appello, senza ulteriori specificazioni. §2. La Corte capitolina riuniva gli appelli e, sull'eccezione di improcedibilità del primo ai sensi dell'art. 348, primo comma, c.p.c. e di inammissibilità del secondo, rilevava: al) che, secondo l'esegesi dell'art. 358 c.p.c. fatta da questa Corte, il secondo appello non poteva dichiararsi inammissibile in ragione della improcedibilità del primo, in quanto quest'ultima non era stata dichiarata ancora all'atto della sua proposizione e, d'altro canto, il secondo appello era stato proposto quando ancora non era trascorso il termine ai sensi dell'art. 326 c.p.c., decorso dalla notificazione del primo appello, quale equipollente della conoscenza legale della sentenza in modo utile per l'esercizio del diritto di impugnazione;
a2) che l'iscrizione del secondo appello era avvenuta anteriormente a quella del primo e che, d'altro canto, non era fondata l'eccezione di inammissibilità del secondo appello in quanto iscritto con la "velina”, trattandosi di una mera irregolarità formale non pregiudizievole per la parte appellata. §3. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 348 e 358 c.p.c.". Il motivo è concluso da un quesito di diritto dal quale si evince che ci si duole della decisione impugnata, là dove essa ha fatto applicazione, richiamando Cass. n. 13062 del 2007 e Cass. n. 20313 del 2006, del principio di diritto secondo cui l'art. 358 c.p.c. va interpretato nel senso che, allorquando, nel rito processuale ordinario, sia stata notificata una citazione in appello e l'appellante non abbia proceduto all'iscrizione a ruolo, la notificazione di un secondo atto di appello nel termine di impugnazione breve, decorso dalla notificazione del primo appello, esclude che la successiva declaratoria di improcedibilità del primo, che intervenga una volta che si sia avuta la sua trattazione, determini l'inammissibilità del secondo appello, dovendosi la previsione dell'art. 358 c.p.c. intendere nel senso che Est. Cons. R F R.g.n. 6304-10 (ud. 24.5.2016) l'esercizio del potere di appellare una seconda volta in presenza di un primo appello improcedibile sia inammissibile soltanto qualora esso risulti avvenuto dopo la declaratoria di improcedibilità del primo. §3.1. La tesi prospettata dal ricorrente per criticare la sentenza impugnata è che tale principio sarebbe applicabile soltanto nell'ipotesi in cui il primo appello non sia stato iscritto a ruolo dall'appellante e nemmeno dall'appellato, mentre non lo sarebbe qualora vi sia stata un'iscrizione tardiva da parte dell'appellante oppure, come nella specie, un'iscrizione a ruolo da parte dell'appellato. Ad avviso del ricorrente, in questi due casi il secondo atto di appello, sebbene tempestivo in relazione al decorso del termine breve dalla notifica del primo, dovrebbe dichiararsi improcedibile ancorché la sua notificazione sia intervenuta in un momento in cui l'improcedibilità del primo appello non era stata dichiarata. §3.2. Il motivo è privo di fondamento. Queste le ragioni. Va rilevato che l'art. 358 c.p.c. (come l'omologo art. 387 c.p.c. dettato per il giudizio di cassazione) dispone che l'appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge>>. Il chiaro riferimento del divieto di riproposizione all'appello che sia stato dichiarato improcedibile correla l'improponibilità non già al momento in cui è stato proposto il primo appello che risulti improcedibile, bensì alla dichiarazione di tale improcedibilità e, dunque, alla dichiarazione che ne abbia fatto il giudice dell'appello. Ne segue che l'appello che non è riproponibile non è quello proposto e non seguito dalla costituzione in giudizio dell'appellante nel termine stabilito, ma solo quello che altresì sia stato dichiarato tale. Est. Cons. R F R.g.n. 6304-10 (ud. 24.5.2016) Anteriormente a tale dichiarazione, la riproposizione dell'appello (cioè di un secondo appello) sempre che non sia preclusa o dal decorso del termine c.d. lungo di cui all'art. 327, primo comma, c.p.c., o dal decorso del termine breve di impugnazione verificatosi in dipendenza di una notificazione della sentenza oppure dallo stesso momento della notificazione del primo appello (in quanto evidenziante la conoscenza legale della sentenza in funzione dell'impugnazione: si veda in termini recentemente Cass. sez. un. n. 12084 del 2016;
e si consideri quanto affermato condivisibilmente da Cass. n. 9258 del 2015 sulla decorrenza del termine breve di cui all'art. 325 cod. proc. civ. a carico del notificante) - invece può avere luogo e non è impedita dalla pregressa verificazione di una fattispecie di improcedibilità dell'appello precedente che non sia stata ancora dal giudice dichiarata. §3.3. Si deve, per la verità, osservare che la norma dell'art. 358 c.p.c. risulta quasi inutile: una volta considerata la proposizione di un primo appello idonea a far

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