Cass. civ., SS.UU., ordinanza 31/05/2022, n. 17622

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 31/05/2022, n. 17622
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17622
Data del deposito : 31 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 431-2021 proposto da: D M C, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

GRACCHI

39, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCA GIUFFRE', che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato C M;

- ricorrente -

contro

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA COLONNA

355, presso l'Ufficio di Rappresentanza della Regione, rappresentata e difesa dall'avvocato M C;
- controrícorrente - nonché

contro

ARPA FVG - AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL'AMBIENTE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA;
- intimata- avverso la sentenza n. 88/2020 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 29/07/2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/05/2022 dal Consigliere O D M;
lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale F S, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione vogliano dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO CHE

C D M propose ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche chiedendo annullamento: a) del provvedimento della Regione Friuli Venezia Giulia - Direzione centrale ambiente ed energia - Area tutela geologico - idrico - ambientale - Servizio gestione risorse idriche, .prot. n. 0030923/P, "Comunicazione rigetto istanza di concessione derivazione d'acqua", dd. 11.06.2018;
b) della nota di ARPA FVG - Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia dd. 31.05.2018 prot. 0019987/P/GEN/STA_QAI - "Rettifica a precedente nota dd. 24.5.2018", di "conferma del parere negativo";
c) del parere reso dalla medesima ARPA FVG dd. 06.10.2017 prot. 0033109/P/GEN/STA_QAI confermato con nota del 07/12/2017 prot. 0041164/P/ GEN/STA_QAI e, occorrendo, di ogni ulteriore atto della istruttoria e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente a quello o a quelli impugnati. Dedusse violazione dell'art. 45, comma 3, della I. r. FVG n. 11 del 2015, eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità, difetto di motivazione, violazione di legge e/o eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti, contraddittorietà, travisamento dei fatti, illogicità, violazione dell'art. 4, della L.R. FVG n. 7 del 2000 e 3, I. n. 241 del 1990, eccesso di potere per vizio di motivazione, dolendosi, in particolare, della illegittima valutazione compiuta dall'ARPA, per difetto di istruttoria, non essendo state considerate le deduzioni e i dati tecnici a più riprese forniti nel corso del procedimento e, da ultimo, in sede di controdeduzioni, vizio inficiante anche il provvedimento finale di rigetto dell'istanza di concessione di derivazione ad uso idroelettrico dal Rio Gost, in Comune di Resia, Provincia di Udine. Con sentenza n. 89/2020, depositata 29/7/2020, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha respinto il ricorso. Nella decisione si osserva come a parere dell'Amministrazione fosse "indispensabile la redazione di un'analisi modellistica", adempimento che "il ricorrente riteneva surrogabile", tanto da non aver mai chiesto "una proroga temporale per adempiere alle richieste" dell'ARPA, come pure evidenziato nell'impugnato provvedimento di diniego, ed ancora, che la parte privata neppure aveva allegato e dimostrato che si fosse trattato di un onere irragionevole e sproporzionato "rispetto all'utilità potenzialmente derivante dall'accoglimento della domanda". Ne discende che "il rifiuto di predisporre un'analisi modellistica era ragione (da sola) sufficiente per respingere la domanda" e, dunque, idonea a sostenere la legittimità del provvedimento amministrativo, "con la conseguenza che diventano irrilevanti, per difetto d'interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dalla Pubblica autorità". Avverso la predetta sentenza il D M ha proposto ricorso per cassazione, articolato tre motivi. La Regione ha resistito con controricorso. L'ARPA FVG - Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (di seguito ARPA) non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. dell'art. 201, r.d. n. 1775 del 1933 e 111 Cost., nonché dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., perché la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sulla dedotta violazione di legge (art. 45, comma 3, I. r. FVG n. 11 del 2015) e sull'eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità della motivazione, atteso: che nel primo parere negativo dell'ARPA dd. 6.10.2019, si affermava che "tale parere e comunque in attesa della valutazione dei dati idrologici da parte degli Uffici Regionali competenti" e, dunque, "rivedibile";
che la valutazione sui dati idrologici perveniva nel marzo 2018;
che nell'atto di conferma del precedente pare negativo dd. 31.5.2018, non si dava conto delle risultanze di tale valutazione, né dell'incidenza di tale dato sull'istruttoria svolta e, in dettaglio, sulla formulazione di un parere negativo per quanto di competenza dell'ARPA, con palese difetto di motivazione. Assume, ancora, il ricorrente che se la valutazione dei dati idrologici fosse stata davvero superflua, l'ARPA avrebbe tout court adottato un parere negativo in ragione della già accertata carenza istruttoria rappresentata dalla assenza della c.d. analisi modulistica e non già un parere condizionato cioè "rivedibile". Con il secondo motivo d'impugnazione, deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, violazione degli artt. dell'art. 201, r. d. n. 1775 del 1933 e 111 Cost., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., perché la sentenza impugnata ha pretermesso l'esame di un profilo della vicenda per cui è causa sicuramente decisivo ai fini dell'accoglimento del ricorso. Assume il ricorrente che a fronte dell'ampia discrezionalità tecnica di cui gode la P.A. nella materia ambientale, l'ARPA avrebbe dovuto esplicitare le ragioni per cui la già contestata carenza di analisi modulistica, alla luce degli acquisiti dati idrologici e delle controdeduzioni dei tecnici di parte, rappresentasse ragione idonea a respingere l'istanza del privato. Con il terzo motivo d'impugnazione, deduce violazione degli artt. 45, comma 3, I. r. FVG n. 11 del 2015, 1 e 3, I. n. 241 del 1990, 97 e 111 Cost., 201, r. d. n. 1775 del 1933, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., perché nella sentenza impugnata si afferma che la valutazione compiuta dall'Amministrazione è conforme ai richiamati parametri normativi, a quelli evocati dall'art. 45, comma 3, I. r. FVG cit. nonché ai principi informatori di qualsiasi attività amministrativa (principi di buon andamento, imparzialità, completezza dell'istruttoria, logicità e congruenza della motivazione). Assume, ancora, il ricorrente la evidente illegittimità di una azione amministrativa caratterizzata da una istruttoria per così dire "pasticciata" e dalla contraddittorietà logica insita nella formulazione, da parte dell'ARPA, di un parere negativo "rivedibile", essendo in attesa di dati istruttori ancora da valutare, e di un successivo parere, conclusivo del procedimento, meramente confermativo di quello precedente, che ignora del tutto quei dati idrologici in mancanza del quali non aveva dichiaratamente potuto formulare, in precedenza, una valutazione definitiva sulla non compatibilità ambientale dell'intervento di derivazione d'acqua. La prima censura è infondata e non merita accoglimento. Si legge, testualmente, nell'impugnata sentenza che nel parere impugnato l'ARPA, richiamando "la nota dd. 06/10/2017 (prot. n. 33109)", evidenziava "che il proponente aveva ritenuto di non effettuare applicazioni modellistiche e valutazioni di dettaglio circa la perdita dei mesohabitat" nonostante alla parte privata fosse stata rappresentata la necessità di disporre tale tipo di analisi già "nella nota ARPA FVG dd. 09/02/2016 (prot. n. 4563) citando il documento «Criteri di valutazione della sostenibilità ambientale dei progetti di derivazione idrica sui corsi d'acqua superficiali. Valutazione della funzionalità ecologica, idrogeomorfologica e idraulica». Atto del Comitato Tecnico di ARPA FVG, 23/07/2013 reperibile sul sito internet di ARPA FVG (...), che riporta al punto e) del paragrafo «valutazione ecologica» l'analisi e studi di scenario della variazione del tirante idraulico e della conseguente variazione della qualità degli habitat per le singole specie presenti, possibilmente effettuati mediante utilizzo della modellistica numerica". Emerge, altresì, dalla sentenza che "(t)ale necessità veniva ulteriormente sottolineata dalla prima nota dd. 06/09/2017 (prot. n. 29330) sulla valutazione dei dati AO, ove di esplicitava come in alternativa alla modellistica avrebbe potuto essere eseguita una valutazione della contrazione degli habitat", la quale doveva essere opportunamente motivata da un'idonea analisi di dettaglio". In tutta risposta, l'odierno ricorrente comunicava "che non si reputava necessaria l'applicazione di modelli e che l'analisi eseguita si fondava su quanto osservato in occasione dei sopralluoghi", per cui si stimava che «gli habitat presenti lungo l'alveo attivo in condizioni di post operam» avrebbero dovuto subire «solo in alcune porzioni» una contrazione variabile da 30 a 50 cm". Tale essendo la posizione assunta dalla parte privata, poiché gli elementi istruttori forniti a supporto dell'istanza concessione derivazione d'acqua non si basavano su di una analisi modellistica e neppure su valutazioni precise, come viceversa necessario per la compiuta "valutazione degli habitat e della loro contrazione", a garanzia della tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica, l'Agenzia procedeva a "ribadire quanto espresso in precedenza su tale mancanza, necessaria per la valutazione di compatibilità ambientale della derivazione in oggetto", osservando, inoltre, che nulla avevano aggiunto, al riguardo, le integrazioni dd. 06/11/2017 di parte privata la quale si era "riserva(ta) di effettuare in futuro le analisi richieste (...) oggetto di un'eventuale prescrizione con un'attenta valutazione modellistica prima della costruzione delle opere e della loro messa in funzione". Evidenziava, infine, che alcuna richiesta di "una congrua proroga temporale per adempiere alle richieste" era stata avanzata. La decisione del TSAP si regge su tali accertati dati fattuali e, sotto il profilo argomentativo, sull'affermazione che l'omessa formale confutazione delle controdeduzioni di parte privata - in tesi - apoditticamente disattese dall'ARPA, è questione ininfluente stante il decisivo ed assorbente rilievo della mancata redazione dell'analisi modellistica, adempimento ritenuto "indispensabile" dall'Agenzia ai fini dell'analisi degli habitat presenti nel corpo idrico e della formulazione del parere di sua competenza, l'adempimento, peraltro, giudicato non "irragionevole" rispetto alle finalità dell'atto sicché la sua mancanza è ragione "sufficiente per respingere la domanda". Il ricorrente lamenta (primo motivo di ricorso) l'omessa pronuncia in ordine alla questione, introdotta nel giudizio innanzi al TSAP, concernente la prospettata illegittimità dell'operato dell'ARPA che avrebbe espresso, dapprima, un parere (negativo) sulla derivazione d'acqua, da considerarsi provvisorio essendo in attesa della valutazione dei dati idrologici da parte degli uffici regionali competenti, che, poi, avrebbe confermato con un successivo parere, previa assegnazione del termine di cui all'art. 16-bis, I. r. n. 7 del 2000, per la presentazione di osservazioni, senza tuttavia dare contezza, nella motivazione, di quanto emerso nel prosieguo dell'istruttoria, riguardo alle risultanze di tale sopravvenuta valutazione tecnica, "ripetendo in sostanza argomenti già dedotti in precedenza". Il TSAP, dunque, ha respinto il ricorso dell'Ing. D M, concernente l'impugnazione del provvedimento della Regione Friuli Venezia Giulia di rigetto dell'istanza di concessione di derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, degli atti della istruttoria e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente a quello impugnato, ivi compreso il parere espresso dall'ARPA FVG - Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (di seguito, ARPA), sulla base del rilievo che "il rifiuto di predisporre un'analisi modellistica" ingiustificatamente opposto dalla parte privata "era ragione sufficiente per respingere la domanda". Ha, quindi, dichiarato assorbiti gli altri motivi d'impugnazione svolti nel ricorso introduttivo del giudizio sul rilievo che la loro - eventuale - fondatezza non escluderebbe, comunque, la legittimità del provvedimento di diniego, in applicazione della regola generale sui vizi formali o procedimentali "non invalidanti" sancita dall'art. 21-octies, comma 2, della I. n. 241 del 1990. La sentenza fa espressa adesione al principio giurisprudenziale secondo cui se un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di motivi, costituenti autonome ragioni, "la legittimità di uno solo di essi è sufficiente a sorreggerlo, nel mentre l'eventuale illegittimità di uno solo o più degli altri motivi non basta a determinarne l'illegittimità", con la conseguenza che diventano irrilevanti, per difetto d'interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dalla Pubblica Amministrazione (Consiglio di Stato, II, 14 gennaio 2020, n. 359, v. anche Cons. Stato, V, 6 luglio 2020, n. 4303, Cons. Stato, V, 10 giugno 2019 n. 3890, Cons. Stato, V, 13 settembre 2018, n. 5362, Cons. Stato, VI, 27 aprile 2015, n. 2123, Cons. Stato, VI, 18 maggio 2012, n. 2894). Non v'è dubbio che ia sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, a norma dell'art. 21 octies, I. n. 241 del 1990, l'annullabilità di un provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti è esclusa qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, allorché non soltanto la scelta dell'emanazione o meno dell'atto ma anche il suo contenuto siano rigidamente predisposti da una norma o da altro provvedimento sovraordinato, sicché all'amministrazione non residui alcuna facoltà di scelta tra determinazioni diverse (Cass. Sez. Un. n. 20680/2018 e n. 5445 del 2012). Queste Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. n. 8950/2022), nell'esaminare il tema della partecipazione procedimentale proprio alla luce dell'art. 21 octies, comma 2, I. n. 241 del 1990, hanno evidenziato come sia da preferire un approccio alla questione non formalistico, dovendosi avere riguardo "all'effettivo ed oggettivo pregiudizio che l'inosservanza delle richiamate disposizioni abbia in ipotesi causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, sicché il mancato o incompleto avviso di avvio del procedimento o preavviso di rigetto, al pari della non esplicita confutazione delle argomentazioni addotte dal privato in risposta al ricevuto avviso, non determina l'automatica illegittimità del provvedimento finale." (Cons. di Stato, sez. IV, n. 5192 del 2021). L'odierno ricorrente sembra prescindere dall'orientamento giurisprudenziale che esclude il vizio di omessa pronuncia laddove ricorra l'ipotesi dell'assorbimento, in quanto vizio configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto (l'omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell'eccezione sottoposta all'esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand'anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, Cass. n. 21257/2014) e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni. Il ricorrente, semmai, avrebbe dovuto censurare la correttezza della valutazione espressa dal TSAP di assorbimento degli ulteriori motivi d'impugnazione, attinenti ai diversi profili d'illegittimità dell'atto impugnato, lamentando l'inapplicabilità, nel caso di specie, della giurisprudenza amministrativa richiamata nella sentenza e non sollevare, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., il vizio di omessa pronuncia. Occorre, in ogni caso, considerare che la mancata acquisizione di un documento della istruttoria procedimentale, adempimento di cui era onerata la parte privata per sostenere la fondatezza della istanza di concessione di derivazione d'acqua, costituisce ragione da sola sufficiente a giustificare la non spettanza dell'utilità pretensivamente richiesta essendo stato impedito all'Amministrazione di effettuare le previste verifiche di compatibilità del progettato intervento con l'ambiente e, in particolare, con la qualità dei corpi idrici, come previsto dall'art. 45, comma 3, I .r. FVG n. 11 del 2015 e della Direttiva 2000/60/CE. Queste Sezioni Unite hanno osservato, al riguardo, che "è nella fase del rilascio della concessione che deve trovare applicazione lo specifico principio di no deterioration (di fronte al quale sono recessivi i principi di carattere generale di economicità ed efficienza procedimentale amministrativa) e non solo e non tanto nella fase di esercizio dell'opera di derivazione". (Cass. Sez. Un. n. 33663/2018). E ciò va posto in correlazione con quanto disposto dall'art. 12 bis del r.d. 1775 del 1933, come sostituito dall'art. 96, comma 3, del d.lgs. 152 del 2006, che richiamando anche il principio di precauzione di cui all'art.
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