Cass. civ., sez. I, sentenza 17/01/2022, n. 01252
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Testo completo
causa in istruttoria con separata ordinanza onde procedere all'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio volta a determinare l'importo di tale corrispettivo. Con successiva sentenza definitiva, pubblicata il 19 gennaio 2015, la Corte di Napoli ha poi condannato D e A C al pagamento delle somme corrispondenti al valore locativo degli immobili, per come accertato a mezzo della disposta consulenza tecnica. 3. — Entrambe le pronunce sono state impugnata per cassazione dalle sorelle C: i motivi di ricorso sono tre. Uno è, invece, il motivo di ricorso incidentale condizionato fatto valere dalla curatela fallimentare, la quale resiste all'impugnazione principale con controricorso. Il pubblico ministero ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso principale. Le ricorrenti hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. — Col primo motivo di ricorso principale viene denunciata per Sez. I - RG 18416/2015 pubblica udienza 27.10.2021 4 cassazione la violazione del principio del giudicato interno. Rilevano le ricorrenti che la vicenda afferente il diritto di usufrutto, estintosi per consolidazione, risulterebbe coperta dal giudicato interno in quanto la relativa statuizione non sarebbe stata oggetto di appello. Il motivo non ha fondamento. Nella sentenza di primo grado il Tribunale ha anzitutto dato atto della soggezione dell'atto di donazione alla prescrizione contenuta nell'art. 64 I. fall.;ha quindi affermato che le convenute dovevano essere condannate all'equivalente monetario dei diritti di usufrutto: e ciò in quanto era impossibile la restituzione del bene, stante l'estinzione dei diritti, a norma dell'art. 1014, n. 2, c.c.. Tale estinzione dipenderebbe, in sostanza, dal rilievo giuridico che, ad onta dell'azione intrapresa dalla curatela fallimentare, conserverebbe la consolidazione dell'usufrutto conseguente alla donazione posta in essere dal fallito. Quanto ritenuto dal Tribunale con riguardo all'estinzione non può considerarsi statuizione suscettibile di passaggio in giudicato. Al di là del rilievo per cui la detta vicenda estintiva è implicitamente, e contraddittoriamente, negata dallo stesso giudice di primo grado, laddove ha ritenuto la soggezione dell'atto di liberalità alla disciplina di cui al cit. art. 64 (giacché, come rilevato dalla Corte di appello, l'inefficacia del contratto di donazione ha evidentemente impedito la consolidazione dei diritti di usufrutto in capo alle nude proprietarie), è evidente che il tema dell'estinzione o meno dei diritti di usufrutto spettanti alle odierne ricorrenti integri una questione giuridica su cui non può essere caduto il giudicato interno. Secondo l'insegnamento risalente di questa Corte, non sono suscettibili di passare in giudicato quei capi della pronuncia che, sebbene non impugnati, sono strettamente collegati da rapporto pregiudiziale o conseguenziale ad Sez. I - RG 18416/2015 pubblica udienza 27.10.2021 5 altri capi direttamente impugnati (Cass. 27 marzo 1980, n. 2028;Cass. 26 febbraio 1983, n. 1494;Cass. 2 marzo 2010, n. 4934): e nella fattispecie, in appello, come ricorda la sentenza non definitiva (pag. 5), si è fatta questione dell'ammissibilità di un'azione (quella revocatoria) avente ad oggetto un diritto estintosi per consolidazione. E' inoltre da considerare che, nell'assumere l'estinzione dei diritti di usufrutto delle sorelle C il Tribunale ha inteso escludere che l'inefficacia ex art. 64 I. fall. dell'atto di liberalità potesse impedire la consolidazione dei diritti di usufrutto che il fallito aveva inteso donare alle nude proprietarie: ed è questa una enunciazione di puro diritto insuscettibile di passaggio in giudicato. Infatti, la preclusione per effetto di giudicato sostanziale può scaturire solo da una statuizione che abbia attribuito o negato «il bene della vita» preteso e non anche da una pronuncia che non contenga statuizioni al riguardo, pur se essa risolva questioni giuridiche strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso (Cass. 12 marzo 1996, n. 2038). Il giudicato si forma, cioè, non sulla mera questione giuridica decisa né sugli accertamenti incidentali non devoluti alla cognizione del giudice, ma solo sulla attribuzione di uno o più beni della vita (Cass. 5 luglio 1995, n. 7402). 2. — Il secondo motivo dell'impugnazione principale oppone la violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c.. Lamentano le istanti che la Corte di merito abbia condannato le medesime al pagamento della quota pari alla metà dei frutti civili dei due immobili nonostante detta domanda non fosse stata mai proposta nel corso del giudizio di merito. Il motivo è privo di fondamento. Le ricorrenti non fanno questione dell'obbligo di restituire i frutti Sez. I - RG 18416/2015 pubblica udienza 27.10.2021 6 civili. Non pongono nemmeno in discussione la definizione dell'arco temporale in cui opererebbe la statuizione di condanna. Le istanti piuttosto si dolgono, come accennato, della mancata proposizione di una domanda in tal senso. La parte pubblica ha osservato sul punto che la condanna alla restituzione dei frutti civili costituisce una forma di quantificazione del valore dell'usufrutto e integra quindi «una modalità di reintegrazione della garanzia patrimoniale conforme all'accoglimento della revocatoria». La Corte, con specifico riguardo al tema dell'ultrapetizione sollevato con questo secondo motivo, rileva, semplicemente, che il fallimento ha inteso agire per la declaratoria di inefficacia dell'atto di liberalità concretatosi con la costituzione dei diritti di usufrutto sugli immobili di cui si è detto;in tale prospettiva, la domanda di pagamento svolta fin dal primo grado del giudizio, e avente ad oggetto «l'equipollente monetario dei diritti parziari» (cfr. sentenza non definitiva, pag. 3), ribadita in appello avendo riguardo a qualsiasi «somma ritenuta congrua» (sent. cit., pag. 2), non consentiva affatto di escludere che la liquidazione di quanto spettante alla curatela in ragione della suddetta declaratoria potesse operarsi sulla base dell'ammontare dei frutti civili ritraibili dai due cespiti (frutti civili da considerarsi rappresentativi, in termini monetari, del diritto di godimento spettante all'usufruttuario). 3. — Col terzo mezzo le sorelle C muovono una censura di «violazione e falsa applicazione del principio dell'onere della prova posto dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.». Le ricorrenti si dolgono di ciò: la Corte distrettuale ha condannato le medesime al pagamento dei frutti civili anche se il fallimento non aveva offerto prova alcuna dell'ammontare di detti frutti;la pronuncia risulterebbe infatti fondarsi Sez. I - RG 18416/2015 pubblica udienza 27.10.2021 7 su di una consulenza tecnica d'ufficio che il curatore non ha mai richiesto e che, ad avviso delle stesse istanti, non avrebbe valore di prova civile. Il motivo deve essere disatteso. La deduzione delle ricorrenti, secondo cui risulterebbe erronea la sentenza definitiva ove assume che sarebbero inammissibili le doglianze relative alla nomina del consulente tecnico, è da condividere. La nomina del c.t.u. ha avuto difatti luogo con l'ordinanza di rimessione in istruttoria e, in conseguenza, nulla si opponeva al riesame del provvedimento da parte della Corte distrettuale. Tanto non basta, però, a dar ragione della fondatezza del motivo. Infatti, la consulenza tecnica, la necessità del cui espletamento era stata argomentata dalla Corte di appello nella sentenza del 2015, ben può avere ingresso nel giudizio quando venga disposta per accertare elementi rispetto ai quali essa si presenta come lo strumento più funzionale ed efficiente di indagine e il giudice la ritenga necessaria (come nel caso in esame, in cui si trattava di quantificare il valore locativo degli immobili) per integrare le sue cognizioni tecniche (si veda, ad esempio, Cass. 3 maggio 1978, n. 2055, con riferimento a consulenza tecnica disposta per accertare il valore di mercato di un immobile, alienato dai falliti, tornati in bonis, e oggetto di azione revocatoria a seguito della risoluzione del concordato e della riapertura del fallimento;sul tema, ancora: Cass.10 novembre 1988, n. 6055;Cass. 1 settembre 1995, n. 9211;cfr. pure Cass. 28 ottobre 1995, n. 11263, circa l'esperibilità della consulenza tecnica sul canone corrente di mercato di un immobile, quale nozione basata su una serie di fattori che rientrano nella comune esperienza, variabile nel tempo e suscettibile, a seconda dell'ubicazione del bene e di altri dati di varia natura, a determinare il Sez. I - RG 18416/2015 pubblica udienza 27.10.2021 8 valore di mercato: elementi — questi — connessi a fattori tecnici che la Corte precisa essere nella disponibilità di una cerchia di persone fornite di particolari cognizioni). 4. — Il motivo di ricorso incidentale condizionato oppone la violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato previsto dall'art. 112 c.p.c.. Lamenta la curatela che la Corte di appello abbia rigettato una domanda intesa alla condanna «a restituire e a porre nell'immediata disponibilità del fallimento le quote di usufrutto [...] donate, ovvero l'equipollente monetario dei diritti parziari, oltre interessi, rivalutazione maggior danno ex art. 1224 c.c.» che non risultava essere stata proposta nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado. Il motivo resta assorbito, stante il rigetto del ricorso principale. 5. — In conclusione, il ricorso principale è respinto, mentre quello incidentale resta assorbito. 6. — Le spese, secondo soccombenza, gravano sulle ricorrenti.
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