Cass. civ., sez. II, sentenza 17/01/2023, n. 01191
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Testo completo
ep. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 31397-2021 proposto dal: COMUNE DI TI, in persona del Sindaco pro-tempore, domiciliato “ex lege” in ROMA, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI DI GIANDOMENICO e ETTORE ALESSIO GIACOBONE, giusta procura in calce al ricorso;-ricorrente - contro MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, MINISTERO ECONOMIA FINANZE, AGENZIA DEL DEMANIO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;- controricorrenti - avverso la sentenza n. 232/2021 della CORTE D'APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 6/7/2021;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2022 dal Consigliere ALDO C;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, A C, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso, conclusioni ribadite anche in sede di discussione nella citata udienza;letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente ai sensi dell’art. 378 c.p.c.: uditi gli Avvocati G D G e E A G, per delega dell’Avv. V M;RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE 1. Con sentenza n. 195/2013 (pubblicata il 6 maggio 213), il Tribunale di Campobasso rigettava la domanda proposta dal Comune di Termoli – nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze oltre che dell’Agenzia del Demanio –per sentir dichiarare l’insussistenza dei requisiti di demanialità marittima, pretesa dalla suddette Amministrazioni, nel litorale Sud, denominato Rio Vivo “C.da Marinelle”, relativo ai terreni ubicati fra la strada comunale “Marinelle” e la spiaggia c.d. “di Rio Vivo”, a iniziare dal torrente omonimo fino alla Località c.d. “Punta di Pizzo”, sulla base della planimetria allegata all’atto di citazione. 2. Decidendo sul gravame formulato dal soccombente Comune attore e nella costituzione delle citate Amministrazioni convenute, la Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 232/2021 (pubblicata il 6 luglio 2021), ha rigettato l’impugnazione, compensando le spese del grado. A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte molisana rilevava l’infondatezza dell’unica complessa censura addotta a sostegno dell’appello, con la quale si era inteso sostenere che il procedimento amministrativo di delimitazione avviato nel 1910 non si fosse completato, poiché la delimitazione della proprietà demaniale operata nel 1912 non era aveva costituito oggetto di approvazione con apposito decreto, per cui il confine tracciato non si sarebbe potuto considerare giuridicamente valido. In particolare, la Corte di secondo grado smentiva l’assunto dell’ente appellante secondo cui le citate operazioni avrebbero potuto avere un esclusivo rilievo al fine di una “sdemanializzazione tacita” delle aree accedenti la linea di delimitazione, con l’effetto che la nuova linea di demarcazione di cui al verbale del 10 marzo 1981 avrebbe individuato il demanio marittimo, separandolo da ciò che non aveva più le sue precipue caratteristiche e stabilendo – in effetti – che la zona individuata con il foglio 22 non era più assoggettabile a tali tipo di demanio, avendo, pertanto, acquisito la natura di “patrimonio disponibile dello Stato”, che, in quanto tale, avrebbe dovuto ritenersi usucapita da tutti gli occupanti. Pertanto, a confutazione del contenuto dell’atto di appello, la Corte territoriale riteneva che si dovesse ritenere valida, oltre che pienamente attendibile, l’attività di ricognizione svolta nel 1910 e nel 1912 (ancorché quest’ultima fosse stata classificata come “Antico Demanio”), in quanto idonea ad individuare i confini del demanio marittimo relativamente alla zona in contestazione, senza potersi, invece, riconoscere alcuna rilevanza al citato verbale di demarcazione del 10 marzo 1981, in quanto non seguito dall’approvazione delle autorità competenti a valutare la non necessarietà del beni ai fini del codice della navigazione. Osservava, inoltre, la Corte molisana che non poteva, altresì, considerarsi influente la “sclassificazione” dei terreni ricadenti nel demanio marittimo di cui al comma 2-bis dell’art. 6 del d. l. n. 80/2004 (aggiunto dalla legge di conversione n. 140/2004), come, in seguito, parzialmente modificato dalla legge n. 205/2017, rilevando che la collocazione della nuova linea di delimitazione secondo le risultanze catastali, con decorrenza retroattiva, non aveva avuto pratica attuazione da parte degli Uffici competenti, non essendo stata recepita in alcun espresso provvedimento amministrativo. 3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il Comune di Termoli. L’Agenzia del Demanio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno resistito con un unico controricorso. La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 co. 2-bis del decreto - legge n. 80/2004, conv. nella legge n. 104/2004, come modificato dall’art. 1, co. 907, della legge n. 205/2017 e degli artt. 822 c.c. e 28 cod. nav., relativamente alla dizione “Antico Demanio” ed alla sua qualificazione come demanio disponibile, nonché della direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) del 15 aprile 2008, prot. 16042/0008/S.M. Si evidenzia che, tradizionalmente, la dizione di Antico Demanio designa quei beni che, in quanto provenienti dal patrimonio degli stati preunitari ovvero degli enti ecclesiastici, appartengono allo Stato ma fanno parte del suo patrimonio disponibile. Si aggiunge che, nella specie, il verbale di delimitazionedel 19 marzo 1912 distingueva tra la spiaggia, ovvero la fascia di terreno più prossima al mare, indicata come demanio marittimo, dalla fascia più interna, invece designata come demanio patrimoniale, specificando che tale distinzione aveva trovato, poi, conferma nell’istituzione del catasto particellare, in quanto solo la prima fascia è stata indicata come Demanio pubblico dello Stato – Ramo Marina Mercantile, trovando la seconda fascia l’assegnazione al Demanio pubblico – Antico Demanio. Tale distinzione,che ha poi corrispondenza anche nelle diverse modalità di gestione dei beni, conforterebbe quindi il fatto che la fascia più interna, ove sono ubicati i beni dei ricorrenti, è parte del patrimonio disponibile. 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del co. 2-bis dell’art. 6 del d.l. n. 80/2004 (come convertito dalla legge n. 140/2004), e successive modifiche, censurando l’impugnata sentenza nella parte in cui ha affermato che la norma non sia immediatamente esecutiva, ma necessiti di ulteriori adempimenti amministrativi per la sua vigenza. Si sostiene che l’impugnata sentenza, negando l’immediata applicazione della modifica del 2017, ha erroneamente interpretato la legge che è suscettibile di immediata applicazione quanto all’individuazione dei beni demaniali. Ciò troverebbe risposta nel contenuto della citata Direttiva, che chiarisce come lo scopo della innovazione normativa sia stato proprio quello di risolvere il contenzioso venutosi a creare con i privati, ribadendo il carattere meramente ricognitivo dell’attività amministrativa cui fa richiamo la legge. 3. Rileva il collegio che i due formulati motivi – esaminabili congiuntamente, perché all’evidenza tra loro connessi - investono la decisiva questione dell’incidenza sulla vicenda in esame della novella normativa del 2017, con la quale è stato aggiunto il Comune di Termoli a quelli originariamente contemplati nell’art. 6 co. 2-bis della legge n. 140/2004 di conversione del decreto-legge n. 80/200, con cui è stata prevista, con efficacia retroattiva, una riqualificazione dell’area demaniale marittima, conformemente alle risultanze catastali. 4.Ritiene opportuno il collegio riassumere preventivamente le vicende che hanno determinato il presente contenzioso. Come si ricava dallo svolgimento fattuale della vicenda e dal contenuto delle due sentenze emesse nei due gradi di merito, i beni di cui si controverte ricadono in una fascia litoranea delimitata ad est dal mare Adriatico e ad ovest da una linea di demarcazione del demanio marittimo suddivisa in due tratti distinti, tracciati in base ad un verbale di delimitazione redatto a questo fine il 19 marzo 1912 di concerto tra un rappresentante dell'amministrazione marittima periferica dello Stato ed un funzionario dell'Ufficio Tecnico di Finanza di Campobasso, il primo dei quali è compreso fra la riva superiore o sinistra del fiume Biferno, a sud, e la riva inferiore o destra del torrente "Rio Sei Voci", a nord, mentre il secondo tratto corre fra la riva superiore o sinistra del torrente "Rio Sei Voci", a sud, e la riva inferiore o destra del torrente "Rio Vivo", a nord, e si identifica con il limite naturale rappresentato dalla linea di base dell'altopiano che dal centro di Termoli digrada verso sud. Detto verbale e l'allegata planimetria individuano anche la fascia più interna appartenente al patrimonio dello Stato (c.d. "demanio patrimoniale"), chiarendo, peraltro, che essa si estende dalla riva superiore o sinistra del fiume Biferno, a sud, fino alla riva inferiore o destra del torrente "Rio Sei Voci", a nord, e che nel tratto a monte fra la riva superiore o sinistra del torrente "Rio Sei Voci" e la riva inferiore o destra del torrente "Rio Vivo" non esistono terreni appartenenti al patrimonio dello Stato ma soltanto suoli del demanio marittimo delimitato dalla linea naturale dell'altopiano, di cui la planimetria allegata al verbale del 19 marzo 1912 riporta appunto il tratto tra i torrenti "Rio Vivo" e "Rio Sei Voci". I Ministeri delle Finanze e dei Trasporti e della Navigazione e l'Agenzia del Demanio hanno, quindi, rivendicato l'appartenenza al demanio marittimo di parte dei terreni occupati dalle controparti private, ed hanno allegato, a supporto della tesi della demanialità, il verbale di delimitazione del 19/3/1912 sopra richiamato. I privati, dal canto loro, e, nel caso di specie, il Comune di Termoli, hanno chiesto l'accertamento negativo dell'appartenenza dei beni stessi al demanio marittimo. Ciò precisato, è agevole rilevare, in primo luogo, che entrambe le posizioni processuali hanno ad oggetto l'accertamento, rispettivamente positivo e negativo, dei caratteri fisici nei quali si compendia la demanialità marittima e che il verbale di delimitazione del 19/3/1912 è stato richiamato dalle Amministrazioni del demanio in funzione della prova della demanialità marittima delle aree rivendicate. Il verbale di delimitazione de quo si inseriva nel quadro di un'annosa vertenza fra l'Amministrazione del demanio dello Stato, da un lato, e, dall'altro, il Comune di Termoli nonché altri soggetti che avevano occupato gli arenili del litorale posto a sud dell'abitato di Termoli. A ridosso della fascia demaniale marittima insisteva un'area composita formata da immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, provenienti dalle proprietà pubbliche dell'epoca preunitaria (c.d. "demanio patrimoniale"), e antichi demani delle comunità locali. Detta area era stata anche oggetto di occupazioni da parte di privati cittadini e tale situazione di fatto, unitamente alle rivendicazioni del Comune di Termoli, aveva interessato la fascia costiera che l'amministrazione marittima riteneva compresa nel demanio marittimo. Di tale controversia si diede atto nel verbale dell'adunanza tenutasi in Termoli il 23/24 novembre 1910, fra il capodel compartimento marittimo di Ancona, un funzionario delegato dall'Intendente di Finanza di Campobasso ed il Commissario del Comune di Termoli, e si richiamò anche un provvedimento adottato dal Ministero della Marina mercantile nel 1890, con il quale si era ritenuto di limitare la fascia demaniale marittima entro un raggio di 35 metri misurati dal "battente del mare". In una successiva riunione tenutasi in Termoli il 14/3/1912, alla quale intervennero funzionari dell'Intendenza di Finanza e della Prefettura di Campobasso ed il Sindaco del Comune di Termoli, fu tracciata, su una planimetria risalente al 1846 accettata da tutte le parti intervenute alla precedente adunanza del 23/24 novembre 1910, la linea di demarcazione fra il demanio marittimo e la proprietà comunale nel tratto compreso fra il torrente "Rio Vivo" ed il torrente "Rio Sei Voci", costituita dalla linea che separava la spiaggia dall'altopiano retrostante, e la linea di demarcazione fra il demanio marittimo ed il patrimonio disponibile dello Stato nel tratto compreso fra il torrente "Rio Sei Voci" ed il fiume Biferno, contrassegnata da sei punti nei quali sarebbero stati apposti altrettanti termini lapidei. Con il successivo verbale del 19/3/1912 più volte richiamato, infine, si provvide alla materiale apposizione dei termini lapidei con la partecipazione del delegato del capo del compartimento marittimo di Ancona, come stabilito nel verbale del 14/3/1912, e la delimitazione così operata ricevette l'approvazione del Ministero della Marina mercantile con dispaccio n. 2353 dell'11/4/1912. La contestazione in merito all’esatta delimitazione dell’area demaniale rispetto a quella invece suscettibile di appropriazione anche da parte dei privati ha, quindi, determinato l’insorgenza del contenzioso, di cui il presente procedimento è solo uno dei numerosi rivoli. La situazione dei privati ha visto, peraltro, l’interessamento anche della Regione che a suo tempo, ed in relazione al contenzioso che aveva interessato anche i vicini Comuni di Campomarino e Vasto, sollevò conflitto di attribuzione, denunciando proprio le iniziative avanzate dalle Amministrazioni odierne controricorrenti. La Corte costituzionale, però, con la sentenza n. 150/2003, dichiarò inammissibile il ricorso, in quanto la contestazione delle intimazioni a privati, possessori di aree asseritamente demaniali, di pagamento di indennità per abusiva occupazione e di rilascio degli immobili sulle stesse costruiti, non investiva funzioni attribuite alla Regione, ma conteneva la rivendicazione delle stesse invocando la titolarità del bene cui ineriscono, osservando che alla luce dell'assetto normativo relativo al demanio marittimo, il reale oggetto della controversia proposta davanti alla Corte era costituito non dalla estensione delle funzioni regionali, ma dalla rivendica della titolarità del demanio marittimo (estranea ai conflitti di cui all'art. 134 Cost.), cui ineriscono le funzioni contestate, come del resto confermava la richiesta della ricorrente di dichiarare superato lo stesso concetto di demanio statale attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale dell'art.822 comma 1 c.c. Il quadro normativo è stato poi modificato dalle leggi della Regione Molise n. 5 del 5-5-2006 e n. 28 del 27-9-2006. L'art. 3, 1 comma, della L.R. n. 5 del 5 maggio 2006 aveva individuato le aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale indicando come linee di demarcazione, per i litorali sud e nord del Comune di Termoli, rispettivamente la linea di demarcazione determinata con verbale del dicembre 1984 dalla Capitaneria di Porto di Pescara e la SS n. 16 "Europa 2" ovvero l'eventuale, diversa e più restrittiva demarcazione demaniale proposta dal S.I.D. (Sistema Informatico del Demanio) verso il mare, risultante dagli atti ufficiali. E’, però, insorto il dubbio che la nuova delimitazione del demanio marittimo regionale avesse la sola funzione di delimitare l'ambito territoriale entro il quale la Regione Molise ed i Comuni molisani dovessero esercitare le funzioni amministrative in materia di demanio marittimo loro rispettivamente attribuite e non estendesse i suoi effetti alla disciplina della proprietà dei beni pubblici e privati sul litorale costiero molisano. Tuttavia, la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr.: Corte costituzionale 19 ottobre 2007, n. 344;Corte costituzionale 6 luglio 2007 n. 255;Corte costituzionale 10 marzo 2006, n. 89) ha posto in risalto che l'attribuzione alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo comporta l'individuazione automatica del loro ambito territoriale di applicazione, coincidente con le zone chel'art. 822 c. c. e l'art. 28 cod. nav. qualificano come demanio marittimo, con la conseguenza che sarebbe assolutamente inutile una disposizione legislativa regionale che operasse una individuazione riduttiva dell'ambito territoriale di esercizio delle funzioni amministrative anzidette. Una disposizione di tal genere, infatti, sarebbe priva di effetto e non impedirebbe alla Regione ed ai Comuni l'esercizio delle funzioni loro rispettivamente attribuite in materia di demanio marittimo anche in ambiti territoriali che, pur non ricadendo nella delimitazione operata dalla norma regionale, siano tuttavia compresi nella nozione di demanio marittimo assunta dagliartt. 822 c.c. e 28 cod. nav. A fugare ogni dubbio sull'effettiva portata della delimitazione operata dall'art. 3, comma 1, della L.R. n. 5 del 5 maggio 2006 era intervenuta la disposizione di cui all'art. 12, comma 6, della L.R. n.28 del 27 settembre 2006, che - con norma di interpretazione autentica vincolante per l'interprete - aveva stabilito che le disposizioni di cui al citato comma 1 dell'art. 3 della L.R. 5 maggio 2006, n. 5 dovevano essere interpretate nel senso di determinare quali erano nella Regione Molise le zone di cui agliartt. 822 c.c. e 28 cod. nav. In base a tale norma interpretativa, dunque, si intendeva affermare che l’art. 3, 1 comma, della L.R. n. 5 del 5 maggio 2006 assumeva rilievo anche ai fini del diritto privato, individuando l'ambito della proprietà demaniale marittima nella Regione Molise e non la sola estensione territoriale di esercizio delle funzioni amministrative della Regione e dei Comuni in materia di demanio marittimo. Tuttavia la successiva sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 5/14 novembre 2008, ha dichiarato incostituzionali il comma 1 dell'art. 3 della L. della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 ed il comma 6 dell'art. 12 della L. della Regione Molise 27 settembre 2006, n. 28, essendo stati ritenuti in contrasto con l'art. 117, 2 comma, lett. l), della Costituzione, per avere il legislatore regionale invaso una materia - la proprietà dei beni pubblici - riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale. Tali disposizioni normative regionali, infatti, essendo rivolte alla disciplina della proprietà dei beni pubblici e privati sul litorale costiero molisano, si rivelavano incompatibili con la ripartizione delle funzioni legislative tra lo Stato e le Regioni anche alla luce del novellatoart. 117 della Costituzione, che al comma 2, lett. l) riserva allo Stato non soltanto "la giurisdizione e le norme processuali" ma anche "l'ordinamento civile", in tal modo significando che il diritto sostanziale civile, nell'ambito del quale certamente rientra la regolamentazione della proprietà pubblica e privata con le relative definizioni e delimitazioni, costituisce materia di esclusiva competenza statale, sulla quale le Regioni non possono perciò in alcun modo legiferare, pena l'incostituzionalità delle norme che nonostante ciò fossero emanate con la finalità, diretta o indiretta, di disciplinare la proprietà dei beni pubblici. In virtù di detta declaratoria di incostituzionalità, quindi, la delimitazione operata dal comma 1 dell'art. 3 della L. della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 è stata definitivamente espunta ex tunc dal sistema normativo e non avuto più alcuna incidenza nella presente controversia, ritornandosi quindi alla valenza della risalente delimitazione del 1912. Anche la Corte di appello ha attribuito prevalenza a tale attività di delimitazione, reputando che la qualifica di bene demaniale dovesse avvenire secondo quanto previsto nel verbale del 19/3/1912. A tal fine è stato anche svalutato l‘argomento speso dalla difesa dei privati, secondo cui la porzione di terreno dai medesimi occupata era catastalmente qualificata come "AnticoDemanio", atteso che la stessa non derivava dalla delimitazione del demanio marittimo operata con il verbale del 19/3/1912 ma risaliva all'impianto del catasto geometrico particellare del 1937-1939, ed era dovuta, perciò, ai rilievi eseguiti dai funzionari dell'UTE e non alle indicazioni esplicite o implicite dei competenti organi centrali e periferici del Ministero della Marina mercantile, con la duplice conseguenza che a tale classificazione non poteva attribuirsi l'efficacia di un atto di sdemanializzazione tacita. La sentenza ha, poi, richiamato la giurisprudenza di questa Corte, che ha ribadito l’impossibilità, a mente dell’art. 35 cod. nav., per il demanio marittimo dell’operatività di una sdemanializzazione tacita (Cass. S.U. n. 7739/2020, citata dalla Corte d’Appello, cui adde, ex multis , Cass. n. 26655/2019, che ribadisce come il relativo decreto abbia carattere costitutivo, in quanto segue alla verifica, in concreto, della non utilizzabilità delle zone "per pubblici usi del mare", e senza che tale diversità di disciplina rispetto agli altri beni demaniali contrasti coi principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 42 Cost., stante, rispettivamente, la non sovrapponibilità degli interessi tutelati dai due istituti e la priorità della salvaguardia della proprietà pubblica rispetto alla privata;cfr., anche, Cass.n. 4839/2019 e Cass. n. 10489/2018, che negano come possa aversi sdemanializzazione per l'esercizio di un potere di fatto da parte di un privato che abbia realizzato abusivamente opere e manufatti, in quanto ciò non fa venir meno l'attitudine del bene a realizzare i pubblici usi del mare;v., altresì, in precedenza, Cass. n. 10817/2009). La Corte di appello ha, poi, reputato che la dizione di Antico Demanio non potesse essere reputata risolutiva, osservando come anche questa Corte si fosse occupata della questione, con la sentenza n. 12945/2014, che proprio in relazione al Comune di Termoli ha ribadito che ai sensi dell'art. 35 cod. nav. la sdemanializzazione dei beni appartenenti al demanio marittimo richiede un formale provvedimento della competente autorità avente efficacia costitutiva e non può avvenire per facta concludentia, il che imponeva di accertare in concreto se un determinato terreno, pur non facendo parte della spiaggia, o del lido del mare, conservasse l'attitudine a consentire in futuro usi pubblici del mare (in motivazione venne precisato che tale indagine non era preclusa dal fatto che il terreno fosse accatastato allo "Antico demanio dello Stato" - definizione che di norma è riferita alla proprietà dei beni degli Stati preunitari o degli enti ecclesiastici passata parimenti allo Stato - ribadendo la necessità della verifica dei caratteri del demanio marittimo). La Corte di appello, peraltro, ha con riferimento alla vicenda in esame, aggiunto in motivazione che la fascia di terreno delimitata dalla linea del 19/3/1912 conservava una potenziale idoneità a soddisfare i pubbliciusi del mare.
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