Cass. civ., sez. I, ordinanza 20/03/2023, n. 07935
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ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 5294/2018 R.G. proposto da: B M P S S, elettivamente domiciliato in ROMA V. BOEZIO 6, presso lo studio dell’avvocato L M (LCNMSM64P09I921G) che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro SPOLETINI COSTRUZIONI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIUSEPPE MAZZINI N.121, presso lo studio dell’avvocato B F (BNNFNC74E14H501Q) che lo rappresenta e difende -controricorrente- nonché contro UMBERTO SPOLETINI SRL -intimata- avverso la SENTENZA dellaCORTE D'APPELLO di ROMA n. 592/2018 depositata il 30/01/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2023 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI. Fatti di causa Il Tribunale di Roma, adito dalla S Costruzioni s.r.l. in liquidazione e concordato preventivo, dichiarò la nullità di alcune clausole bancarie ( capitalizzazione trimestrale e commissione di massimo scoperto) applicate dallaBanca Antonveneta a cinque rapporti di conto intrattenuti dalla società nel periodo 1983/2006;rideterminò il saldo dei detti conti pur sempre a debito della società, che condannò al relativo pagamento per 137.487,32 EUR, oltre interessi convenzionali dal 26-4-2007. La sentenzavenne appellata in via principale dalla società e in via incidentale dalla MPS Gestione Crediti s.p.a. , quale mandataria della incorporante Banca Monte dei Paschi di Siena. La Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 30-1-2018, non notificata, ha accolto l’appello principale, sicché – rinnovata la c.t.u. - ha rideterminato il saldo a credito della società, condannando la banca al relativo pagamentoper oltre un milione EUR. Contro la sentenza la banca MPS ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi. La S ha replicato con controricorso.Ragioni della decisione I. -Coi primi due mezzi, tra loro connessi, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha respinto il gravame incidentale in ordine alla eccezione di prescrizione. Assume che la statuizione sia errata (i) per violazione o falsa applicazione degli artt. 2033, 2697, 2935 e 2946 cod. civ., avendo la corte d’appello rigettato l’eccezione sull’infondato presupposto del mancato assolvimento dell’onere di specifica allegazione delle rimesse alle quali riferirla, e (ii) per violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., 2033, 2697, 2935 e 2946 cod. civ., 117 del d.lgs. n. 385 del 1993 (cd. T.u.b.), essendosi la corte d’appello determinata sull’altrettanto errato presupposto dell’esistenza inter partes di un fido di fatto. II. -I motivi sono fondati. Dalla sentenza emerge che la banca, nell’appello incidentale, aveva lamentato esser stata erroneamente disattesa l’eccezione di prescrizione con riferimento all’azione di ripetizione svolta dalla correntista. Questo perché era stata assunta come dies a quo del termine decennale la data di chiusura del rapporto (intervenuta nel 2007), anziché quella che si sarebbe dovuta trarre dal carattere solutorio delle rimesse confluite sui cont i , non assistit i da affidamento prima del 2003, secondo i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte con sentenza n. 24418 del 2010. La corte d’appello ha disatteso il gravame sulla base di due concorrenti rilievi: (a) perché la banca, con riguardo alle rimesse solutorie, avrebbe dovuto eccepire la prescrizione individuando esattamente le rimesse allequali riferire l’eccezione;(b) perché non era stata contestata la circostanza che i conti fossero assistititi da linee di credito anche in epoca anteriore al 2003, sebbene in via di fatto, ciò essendo risultato altresì da una lettera di affidamento in data 22-10- 1992,per quanto non firmata dalla S ;per cui in definitiva era da escludere il preteso carattere solutorio, viceversa sostenuto dalla banca,di tutti i versamenti anteriori al 2003. III. - Sennonché è per questa seconda parte evidente la distorsione argomentativa nella quale l’impugnata sentenza è caduta, in quantodalla stessa formulazione del gravame si apprende che la banca aveva esplicitamente contestato l’esistenza di un affidamento prima della formalizzazione avvenuta nel 2003. Lo stesso si evince dalla trascrizione dei tratti essenziali della comparsa di costituzione, riportata in seno al ricorso. La banca aveva prospettato la doppia tesi: (aa) della rilevanza solutoria delle rimesse confluite in conto prima di quella data, perché il conto era da considerare integralmente scoperto in assenza di affidamento, e (bb) della rilevanza solutoria delle rimesse confluite in conto dopo il 2003, nella parte eccedente il fido accordato. Dopodiché aveva fatto un riferimento solo ipotetico alla lettera in data 22-10-1992,per semplicemente sollecitare, ove mai la stessa fosse stata ritenuta “valida”, l’accertamento su quali rimesse anche in tal caso fossero statecontraddistinte dal carattere solutorio, in quanto effettuate su conto che già “presentava un saldo debitore superiore all’accordato”. Ne segue che l’assunto della corte d’appello, per cui non vi era stata alcuna contestazione in ordine al fatto che i conti erano assistiti da linee di credito anche in epoca anteriore al 2003, si palesa manchevole sul piano della giustificazione razionale. IV. - Le due ulteriori argomentazioni, post e a base del rigetto dell’appello incidentale della bancain punto di prescrizione, sono errate giuridicamente. V. -Questa Corte, a sezioni unite, ha chiarito che, anche in detta materia, vanno distinte le rimesse ripristinatorie da quelle solutorie, pur essendo l'azione di ripetizione di indebito soggetta all'ordinaria prescrizione decennale. La prescrizione difatti decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati (Cass. Sez. U n. 24418-10). Questo perché, in tale ipotesi,ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, visto che il pagamento - che può dar vita a una pretesa restitutoria -è solo quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del solvenscon conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'accipiens(e v. pure Cass. Sez. 1 n. 24051-19). VI. -Ancora dalle Sezioni unite è stato in altra occasione chiarito che la banca ha il solo onere di eccepire , ai fini della prescrizione, il decorso del tempo necessario in rapporto all’annotazione delle rimesse, non anche quello di indicare il dies a quo in relazione alle singole rimesse, né quello di provare l’inesistenza di un contratto di apertura di credito. In particolare, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (v. Cass. Sez. U n. 15895 - 19 e poi conf. Cass. Sez. 3 n. 7013-20, Cass. Sez.
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