Cass. civ., sez. I, sentenza 16/12/2005, n. 27809

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I buoni postali fruttiferi disciplinati dal d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (approvazione del T.U. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) non sono titoli di credito, ma meri titoli di legittimazione, come dimostrato dalla prevalenza, sul loro tenore letterale, delle successive determinazioni ministeriali in tema di interessi ai sensi dell'art. 173 T.U. cit., come modificato dall'art. 1 d.l. 30 settembre 1974, n. 460 (conv. nella legge 25 novembre 1974, n. 588).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 16/12/2005, n. 27809
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27809
Data del deposito : 16 dicembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D M R - Presidente -
Dott. C G - rel. Consigliere -
Dott. P U R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P C, elettivamente domiciliato in Roma, via Asiago n. 8, presso l'avv. S G, che li rappresenta e difende unitamente all'avv. C M giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del prof. E C, Presidente p.t. elettivamente domiciliata in Roma, viale Europa 190, presso la Direzione Affari Legali rappresentata e difesa dall'avv. URSINO A M R giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza della Corte d'appello di Cagliari n. 248 del 18/05-20/07/2001. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/2005 dal Relatore Cons. Dr. G C;

udito l'avv. A.M U;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G A, che ha concluso per il rigetto;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Si legge, in fatto, nell'impugnata sentenza, che C P ricevette, in data 4 e 11 luglio 84, dall'ufficio postale di Decimomannu, a fronte del versamento di lire 10.000.000, due buoni postali fruttiferi che, allo scadere dell'ottavo anno dall'emissione (e cioè il 6 e 13 luglio 1992), gli vennero rimborsati per un importo equivalente tre volte il versamento iniziale e cioè per L. 15.000.000 ciascuno. Poiché, con decreto ministeriale in vigore dal 1^ luglio 1984 e quindi da epoca antecedente l'emissione, le condizioni erano state variate, nel senso che solo dopo nove - anziché otto - anni dall'emissione l'importo iniziale veniva triplicato, l'Ente Poste chiedeva la restituzione di lire 5.579.500 indebitamente versate al Pireddu per errore e, avendo questi rifiutato, adiva il Pretore di Decimomannu che rigettava la domanda. Su appello delle Poste Italiane s.p.a., (società subentrata, a far data dal 01/03/1998 all'Ente Poste Italiane) la C.d.A. di Cagliari, con sentenza 18/05-20/07/2001 riformava la decisione, condannando il Pireddu alla restituzione e compensando le spese del giudizio. La Corte territoriale, dopo aver precisato che, per decidere la controversia, dovevano trovare applicazione non i principi generali sui titoli di credito, o comunque sui rapporti privatistici, ma la disciplina dettata dal D.P.R. n. 156 del 1973 e D.P.R. n. 256 del 1989, osservava che in base al D.P.R. n. 156 del 1773, art. 173 la
variazione nel tempo del saggio di interesse era affidata a decreti ministeriali, mediante tabelle messe a disposizione presso gli Uffici Postali;
che la regolarizzazione dei buoni della vecchia serie, prevista dal D.M. 16 giugno 1984, art. 10, comma 2 (che aveva istituito con effetto dal 1^ luglio 1984 una nuova serie speciale di buoni fruttiferi a termine con durata di sei e nove anni rispettivamente, con interesse pari rispettivamente ad una o due volte il capitale iniziale) non incideva sulla diretta applicabilità dei termini di scadenza e dei saggi previsti dal decreto, in quanto la letteralità del titolo non era "così assorbente". Ricorre, con atto notificato il 30/08/2002, C P, proponendo due motivi di censura;
resiste, con controricorso notificato il 23/10/2002, la Poste Italiane s.p.a.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si censura la sentenza per aver violato gli artt. 1992, 1993 c.c., attribuendo rilievo a eccezioni non fondate sul
contesto letterale dei due buoni fruttiferi postali il cui tenore letterale non era stato modificato nei termini stabiliti dal D.M. 16 giugno 1984, art. 10.
Col secondo motivo, si sostiene che l'integrazione dei buoni con le disposizioni dettate dal D.M. 16 giugno 1984 affermata dalla impugnata sentenza, contrasta con il disposto del decreto citato, art. 10, comma 2, là dove prevede l'obbligo per remittente di intervenire sulla cartula del buono indicando la nuova serie di esso e la misura dei nuovi tassi con i nuovi termini di scadenza;

ugualmente contraddittoria ed insufficienze la motivazione della sentenza d'appello, quando afferma che le disposizioni di legge si sovrapporrebbero alla pattuizione intervenuta tra le parti, dal momento che, per il già citato art. 10, le clausole debbono risultare dal contesto letterale del titolo.
Il ricorso è infondato.
Il D.L. n. 460 del 1974, art. 1 del conv. in l.s. n. 588 del 1974, vigente all'epoca dei fatti di causa, stabiliva che: "Il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 173 approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, è sostituito dal seguente:
"Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale;
esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie.
Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti serie, alle quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli interessi è effettuato sul montante maturato, in base alle norme di cui al primo comma del precedente art 172, alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal presente articolo. Per i buoni che siano stati emessi da meno di un anno, il nuovo saggio decorre dalla data di compimento dell'anno ed il calcolo degli interessi è eseguito sul montante maturato alla scadenza di questo periodo.
Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni;
tale tabella, per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali".
Il tenore della norma, ora richiamata, è sufficiente a dimostrare che, nella previsione legislativa, il buono fruttifero postale non era considerato titolo di credito, poiché sul tenore letterale del buono erano destinate a prevalere le successive determinazioni ministeriali.
Non va dimenticato, in effetti, che ben prima che, con la L. n. 2106 del 1924, fossero istituiti i buoni fruttiferi postali, il buono
fruttifero era strumento di risparmio ben noto al diritto bancario, ove il contratto era inquadrato tra i depositi fruttiferi e quindi tra i contratti reali a prestazioni unilaterali-ravvisandosi nel buono - quantomeno, secondo l'indirizzo prevalente - un titolo di legittimazione e non di credito. Tanto che, secondo le norme bancarie uniformi, le condizioni vigenti all'epoca dell'emissione potevano essere modificate dalla banca depositarla e le modificazioni rese note con avvisi esposti nei locali dell'azienda, senza che all'istituto potesse venire opposto il tenore letterale del buono, formatosi al momento dell'emissione. Tornando ai buoni postali, sulla costituzionalità del D.P.R. n. 156 del 1973, art. 173 - come modificato - la giurisprudenza ha già espresso dubbi, sui quali la Corte Costituzionale non si è però pronunciata (ord. 47/2001 e 333/2003), ma per profili differenti da quello che viene ora in esame, perché la attuale vicenda non riguarda la modifica delle condizioni in epoca successiva all'emissione, ma la emissione di due buoni il cui tenore non corrisponde alle condizioni all'epoca vigenti, perché nel luglio 1984, quando i buoni in questione vennero emessi, erano già in vigore le condizioni previste dal D.M. 16 giugno 1984 e non più praticabili quelle pregresse, alle quali
invece, secondo il tenore letterale, i due buoni si riferivano. Va, ulteriormente, precisato che l'errore commesso dall'ufficio postale nell'emettere due buoni stampati secondo il vecchio modulo, senza effettuare le correzioni previste dal D.M. 16 giugno 1984 (art 10: "Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie speciale "a termine", oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con le lettere "AB" che saranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie "AA" emessi dagli uffici postali dal 10 luglio 1984 in poi.
Su questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due bolli: uno sulla parte anteriore, con la dicitura "Serie AB-AA", l'altro sul retro, recante la misura dei nuovi tassi ed i nuovi termini di scadenza") e l'ulteriore errore, facilitato dal primo, di liquidare i due buoni alle scadenze e secondo i tassi previsti per la vecchia serie, poteva dar titolo a pretese risarcitorie - anche nei confronti dell'ente per fatto dei dipendenti - ma in questa sede, come già ha sottolineato il giudice d'appello, il privato oppone alla ripetizione d'indebito solo la letteralità del titolo, nella convinzione che si tratti di titolo di credito: intorno a tale presupposto ruotano poi le censure di violazione del D.P.R. n. 156 del 1973, art. 173 di violazione del D.M. 16 giugno 1984, di carente
o contraddittoria motivazione che il ricorso propone. Per le ragioni già espresse, il buono postale fruttifero non può essere considerato titolo di credito e, conseguentemente, non sono pertinenti i richiami agli artt. 1992, 1993 del codice civile, che non si applicano (art. 2002 c.c.) ai documenti di legittimazione. La, indubbia, buona fede del Pireddu giustifica, anche per questo grado, la compensazione delle spese.

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