Cass. pen., sez. V, sentenza 18/06/2018, n. 27932
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DE PASCALIS FRANCESCO nato il 21/01/1964 a MURO LECCESE avverso la sentenza del 21/09/2016 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere A SBRE Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di L'Aquila ha, con la sentenza impugnata, confermato quella emessa dal Tribunale di Pescara, che aveva condannato D P F per falso ideologico in atto pubblico. Secondo la ricostruzione operata in sentenza l'imputato, comandante interinale della stazione carabinieri di Caramanico, attestò falsamente, nel memoriale di servizio del 6/12/2010, di essere stato impegnato in Tribunale fino alle ore 13 e di aver poi svolto in ufficio il servizio "disbrigo pratiche" dalle ore 13 alle ore 14, laddove le attività processuali erano terminate alle ore 11,50 e non si era recato, all'uscita dal Tribunale, in ufficio;inoltre, perché in data 7/12/2010 attestò, nel memoriale suddetto, di aver svolto il servizio "istruzione settimanale" dalle 13 alla 14, laddove aveva abbandonato gli uffici del Comando stazione alle ore 13,20. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato lamentando la violazione dell'art. 479 cod. pen. e l'illogicità della motivazione concernente il giudizio di responsabilità. Infatti, deduce, la prova del falso è stata tratta da due circostanze entrambe prive di valore probatorio, in quanto nel verbale di udienza era indicata l'ora di cessazione dell'attività processuale, e non anche la presenza fisica in aula delle parti, e perché i giudici di merito avevano attribuito - fideisticamente - veridicità al ricordo dell'appuntato Restante, non addetto al controllo delle prestazioni lavorative dei colleghi, sicché era ben probabile che si fosse sbagliato. I giudici non hanno tenuto conto, inoltre, quanto al falso del 6 dicembre, del tempo necessario all'imputato per rientrare in ufficio dal Tribunale e del fatto che l'uscita dalla caserma, il 7 dicembre, non aveva l'inequivocabile significato di abbandono del posto, ben potendo D P essersi momentaneamente assentato, per far rientro subito dopo. Ugualmente illogica, deduce, è la motivazione riguardante l'elemento soggettivo, per essere stato valorizzato, contro l'imputato un messaggio telefonico inviato da D P al comandante della stazione qualche giorno dopo il 7 dicembre, con cui gli chiedeva di non conteggiare il tempo in questione ai fini del calcolo della retribuzione, in quanto s'era dovuto assentare per motivi di salute: messaggio che provava, invece, la consapevolezza dell'errore - subentrata successivamente - in cui l'imputato era caduto.
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