Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/11/2007, n. 24657
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I crediti del "de cuius", a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell'art. 752 cod. civ. prevista solo per i debiti, mentre la diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente art. 727, il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché dal successivo art. 757, il quale, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l'unico credito succede nel credito al momento dell'apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall'art. 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione; né, in contrario, può argomentarsi dagli artt. 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il "de cuius" ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale. Conseguentemente, ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l'intervento di questi ultimi in presenza dell'interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. P G - Presidente di sezione -
Dott. P R - Presidente di sezione -
Dott. M C F - rel. Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.N.V. DI ROBERTO MUSANTE e C. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo Studio dell'avvocato CLAUDIO LUCISANO, rappresentata e difesa dagli avvocati S V L, L B, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
A F, nella qualità di erede di B A, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 36, presso lo studio dell'avvocato G G R, rappresentata e difesa dall'avvocato F F, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 55/03 della Corte d'Appello di GENOVA, depositata il 21/01/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/07 dal Consigliere Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI;
udito l'Avvocato Luciano SPAGNUOLO VIGORITA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per il rigetto del primo motivo, rinvio per il resto ad una sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F A, in qualità di erede del defunto marito B A, ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Chiavari la condanna della s.n.c. M.N.V. al pagamento di differenze retributive spettanti al dante causa in relazione al pregresso rapporto di lavoro intercorso tra il medesimo e la società. La Corte di Appello di Genova con la sentenza oggi denunciata ha riformato la decisione del primo giudice, dichiarando la nullità della statuizione di condanna in favore della minore R B e l'inammissibilità dell'intervento della stessa in grado di appello;
ha liquidato le somme dovute alla sig. Abis nella misura della quota ad essa spettante. Il giudice dell'appello ha escluso l'esistenza di un litisconsorzio necessario tra eredi per i crediti del de cuius.
Avverso questa sentenza la soc. M.N.V. ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, illustrato da memoria. F A resiste con controricorso.
La causa è stata rimessa all'esame delle Sezioni Unite per l'esame della questione, sollevata con il primo motivo, della integrità del contraddicono per la mancata partecipazione al giudizio di uno dei coeredi;
questione su cui si è registrato un contrasto di giurisprudenza in ordine alla configurabilità di un litisconsorzio necessario tra eredi del creditore nell'azione per il recupero delle somme dovute al loro dante causa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 727, 757 e 760 cod. proc. civ. in relazione all'art. 354 cod. proc. civ. e ai principi processuali generali in tema di economia di giudizio e contrasto di giudicati. La parte censura la sentenza impugnata che ha negato la sussistenza di un vizio di integrità del contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio di R B, coerede di B A, escludendo l'esistenza di un litisconsorzio necessario tra i coeredi nell'azione promossa per l'accertamento del credito del de cuius, ed ha quindi pronunciato sulla domanda riconoscendo la sussistenza del credito azionato nei limiti della quota spettante alla sig. F A.
La società ricorrente afferma invece che la sussistenza del diritto in questione doveva essere accertata nel contraddittorio di tutti gli eredi. D'altro canto, nel caso di specie non poteva ritenersi neppure accertata la quota della successione.
Il motivo non merita accoglimento per le seguenti considerazioni. La questione sottoposta all'esame di questa Corte riguarda la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra gli eredi del creditore nell'azione per il pagamento di somme dovute al loro dante causa. In materia, si sono registrati orientamenti contrastanti della giurisprudenza, perché secondo un primo, tradizionale indirizzo i debiti e i crediti del de cuius si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, operando nel nostro ordinamento il principio del diritto romano in base al quale nomina et debita ipso iure dividuntur. In questa linea, Cass. 5 gennaio 1979 n. 31 ha affermato che i prossimi congiunti di persona deceduta a causa di fatto illecito altrui, ove agiscano iure ereditario, possono chiedere il ristoro del danno ciascuno nei limiti della propria quota, per far valere il diritto al risarcimento già entrato nel patrimonio del defunto;
Cass. 28 febbraio 1984 n. 1421 ha escluso, con riguardo alla domanda di risarcimento del danno proposta da un coerede nei confronti di altri coeredi o di un terzo, la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i coeredi. Cass. 5 maggio 1999 n. 4501 ha affermato che la prestazione assistenziale o previdenziale può essere richiesta, dopo la morte dell'avente diritto, da ciascun coerede nei limiti della propria quota ereditaria;
nello stesso senso si esprimono Cass. 9 agosto 2002 n. 12128, 29 marzo 2004 n. 6237, 5 aprile 2004 n. 6659. Nello stesso ordine di idee Cass. 9 marzo 2006 n. 5100 ha ritenuto che in caso di successione mortis causa di più eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio si determina un frazionamento pro quota dell'originario debito del de cuius fra gli aventi causa, con la conseguenza che il rapporto che ne deriva non è unico ed inscindibile, e non si determina, nell'ipotesi di giudizio instaurato per il pagamento, alcun litisconsorzio necessario tra gli eredi del debitore defunto, ne' in primo grado, ne' nella fasi di gravame, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause.
Da tale orientamento si discosta Cass. 13 ottobre 1992 n. 11128, con cui si è affermato, sulla base di una approfondita analisi dei dati normativi (non riscontrabile negli altri precedenti finora citati) che i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. In senso conforme si sono espresse anche Cass. 21 gennaio 2000 n. 640, 5 settembre 2006 n. 19062, le quali però, sul presupposto che il mantenimento della comunione ereditaria dei crediti sino alla divisione soddisfa l'esigenza di conservare l'integrità della massa e di evitare qualsiasi iniziativa individuale idonea a compromettere l'esito della divisione stessa, hanno affermato che i compartecipi assumono le vesti di litisconsorti necessari nei