Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/02/2009, n. 4466
Sentenza
25 febbraio 2009
Sentenza
25 febbraio 2009
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Massime • 1
Per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e 30 del 1983, la cittadinanza italiana deve essere riconosciuta in sede giudiziaria alla donna che l'abbia perduta ex art. 10 della legge n. 555 del 1912, per aver contratto matrimonio con cittadino straniero anteriormente al 1° gennaio 1948, indipendentemente dalla dichiarazione resa ai sensi dell'art. 219 della legge n. 151 del 1975, in quanto l'illegittima privazione dovuta alla norma dichiarata incostituzionale non si esaurisce con la perdita non volontaria dovuta al sorgere del vincolo coniugale, ma continua a produrre effetti anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione, in violazione del principio fondamentale della parità tra i sessi e dell'uguaglianza giuridica e morale tra i coniugi, contenuti negli art. 3 e 29 Cost. Ne consegue che la limitazione temporale dell'efficacia della dichiarazione d'incostituzionalità al 1° gennaio del 1948 non impedisce il riconoscimento dello "status"di cittadino, che ha natura permanente ed imprescrittibile ed è giustiziabile in ogni tempo, salva l'estinzione per effetto della rinuncia del richiedente. In applicazione del principio, riacquista la cittadinanza italiana dal 1° gennaio 1948 anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della legge n. 555 del 1912, e tale diritto si trasmette ai suoi figli, determinando il rapporto di filiazione, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione dello "status" di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto in assenza della legge discriminatoria.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. VELLA Antonio - Presidente di sezione -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. BONOMO Massimo - Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 35067 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2006, proposto da:
LI AM, elettivamente domiciliata in Roma alla Via dell'Acqua Traversa n. 195, presso l'avv. DAPEI Enrico, che la rappresenta e difende, per procura speciale autenticata dal Funzionario delegato commissario amministrativo, del Consolato d'Italia al Cairo (Egitto), Rep. n. 230/06 del 6 novembre 2006;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELL'INTERNO e PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, Sezione Prima Civile, n. 4749 del 24 ottobre - 7 novembre 2005. Udita, all'udienza del 3 febbraio 2009, la relazione del Cons. Dr. Fabrizio Forte.
Uditi l'avv. Dapei, per la ricorrente, e il P.M. Dr. IANNELLI Domenico, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
AM IA, nata il [...] al Cairo da IA
WA, che non aveva la cittadinanza italiana quale figlio di NG ST, che l'aveva perduta per effetto di matrimonio con un cittadino egiziano, dato che tale perdita e mancato acquisto di stato erano dipesi dall'applicazione di norme della L. 13 giugno 1912, n. 555, dichiarate illegittime nel 1975 e nel 1983 dalla Corte
costituzionale, perché discriminatorie della posizione della donna rispetto a quella dell'uomo (artt. 3 e 29 Cost.), con citazione del 27 agosto 2003, chiedeva al Tribunale di Roma in contraddittorio con il Ministero dell'Interno di dichiararla cittadina italiana iure sanguinis, per trasmissione dello stato dai suoi ascendenti. Il Ministero dell'Interno si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda, respinta nel 2004 dall'adito Tribunale, per mancanza della dichiarazione della ST di voler riacquistare la cittadinanza perduta, ai sensi della L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 219;
avverso tale pronuncia l'attrice proponeva gravame, respinto dalla sentenza di cui in epigrafe della Corte d'appello di Roma, la quale, riteneva inidonea la esibita dichiarazione della ST sul riacquisto della cittadinanza.
Per la cassazione di tale sentenza la IA ha proposto ricorso di quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. e notificato a mezzo posta il 15 - 16 dicembre 2006 al Ministero dell'Interno e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e i due intimati non si sono difesi.
La prima sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 2563 del 4 febbraio 2008, ha rilevato che si ripropone la questione degli effetti retroattivi della incostituzionalità di norme precostituzionali, che, in relazione alla previgente L. n. 555 del 1912, è stata oggetto di contrasto tra più sentenze di questa
Corte, risolto delle Sezioni unite nel senso che la incostituzionalità sopravvenuta di tali norme, non retroagisce oltre il 1 gennaio 1948 ne' opera per i rapporti esauriti, tra cui s'è compreso quello di perdita dello stato per la donna a causa di matrimonio con cittadino straniero, anteriore a detta data. Si è negata la riespansibilità dei rapporti di cittadinanza estinti per effetto del matrimonio della donna con lo straniero, che aveva prodotto tale effetto irretrattabile, in ragione di una norma ratione temporis legittima;
la prima sezione civile, pur ritenendo corretta la premessa dei principi enunciati dalle Sezioni Unite sulla retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale dichiarative dell'illegittimità di leggi vigenti prima dell'entrata in vigore della carta fondamentale e sulla loro incostituzionalità c.d. sopravvenuta, non ne ha condiviso il corollario, per cui dovrebbero ritenersi "esauriti" i rapporti di cittadinanza estinti o mai nati anteriormente al 1 gennaio 1948, da ritenere insuscettibili di ripristino dopo la rimozione della norma che aveva prodotto tali conseguenze.
Errata sarebbe, ad avviso della sezione semplice, la considerazione come conclusi o esauriti dei rapporti di cittadinanza perduti o non acquistati prima del 1948 per la pregressa disciplina ritenuta incostituzionale, desumendo tale esaurimento dalle norme dichiarate illegittime, in quanti i fatti preclusivi alla estensione retroattiva della illegittimità costituzionale possono ricavarsi solo da norme diverse da quelle valutate dal giudice della legge, essendo costituiti dagli effetti del giudicato, dal decorso dei termini di decadenza o dei tempi di prescrizione o da atti concludenti in tal senso, di natura processuale o sostanziale.
Pertanto i rapporti di perduta o mancata cittadinanza ex L. n. 555 del 1912, "non esauriti" al 1 gennaio 1948, in assenza di eventi esterni che li abbiano definiti in precedenza, rendendoli non più giustiziabili ovvero insuscettibili di tutela giurisdizionale, non possono ritenersi esauriti.
La perdita per la donna della cittadinanza a causa del "fatto" matrimonio con lo straniero, di cui alla L. n. 555 del 1912, art. 10, comma 3, dichiarato incostituzionale almeno a decorrere dal 1 gennaio
1948, non costituirebbe un effetto che necessariamente deve permanere oltre tale data, potendo considerarsi rimossa dalla stessa data per incostituzionalità sopravvenuta, qualora manchino fatti o eventi preclusivi a tale efficacia retroattiva assoluta della pronuncia di incostituzionalità.
Dato il virtuale contrasto di tale soluzione con quella enunciata da precedenti pronunce della Corte di legittimità risolutive dei predetti contrasti, il Primo Presidente ha assegnato la decisione alle sezioni unite, ai sensi dell'art. 374 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione o falsa applicazione della L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 219 e insufficiente o omessa motivazione su punti decisivi, relativi all'esistenza dei presupposti di fatto per applicare tale norma. Erroneamente la Corte Territoriale ha negato il riacquisto della cittadinanza per la ricorrente, per mancanza della dichiarazione della sua ascendente di voler recuperare la cittadinanza italiana, regolata dalla L. n. 151 del 1975, art. 219, pur essendo in atti tale documento, che esprime la volontà di NG ST di voler ritornare ad essere cittadina italiana, regolarmente manifestata alle autorità consolari italiane in Egitto, risiedendo la donna in quel paese.
La Corte di merito afferma apoditticamente che l'atto della ST non costituisce "idonea documentazione al riguardo... per cui la cittadinanza non è mai stata dalla medesima riacquistata e quindi non può essere trasmessa ai figli e ai loro eredi";
infatti la dichiarazione resa all'autorità consolare in presenza di due testi dalla ST, di voler riacquistare la cittadinanza, è idonea al riacquisto dello stato e la sentenza di merito ha chiari vizi di motivazione su tale punto decisivo della sentenza.
1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di principi di diritto e insufficiente o omessa e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, dato che, anche a ritenere il documento di cui al primo motivo di ricorso inidoneo allo scopo, la Corte Territoriale ha errato nel negare che le pronunce di illegittimità costituzionale abbiano effetti retroattivi inapplicabili al rapporto di perduta cittadinanza per cui è causa, considerando quest'ultimo "esaurito", pur essendo lo stato un rapporto imprescrittibile.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si solleva il dubbio sulla legittimità costituzionale della L. n. 151 del 1975, art. 219, la cui applicabilità è stata confermata dalla Legge sulla Cittadinanza 5 febbraio 1992, n. 91, art. 17.
La condizione imposta da tali norme, per la quale, in assenza della dichiarazione da essa prevista, il riacquisto della cittadinanza sarebbe negato, è incostituzionale, perché in contrasto con gli artt. 3 e 10 Cost., con la convenzione di New York del 18 dicembre 1979, ratificata dalla L. 14 marzo 1985, n. 132 e con i principi di non discriminazione tra uomo e donna di cui alla Costituzione europea. La perdita automatica della cittadinanza per la sola donna coniugata con straniero e non per l'uomo è discriminatoria e la pretesa di ulteriori oneri a carico della stessa vittima dell'ingiustizia, per recuperate lo stato di cui illegittimamente è stata privata, è incostituzionale, in quanto l'uomo conserva la sua cittadinanza in ogni caso e, per i discendenti delle donne decedute tra il 1948 e il 1975, il riacquisto della cittadinanza non potrebbe esservi.
Si chiede quindi di ritenere automatico il riacquisto della cittadinanza, così come lo era stata la perdita per effetto della legge incostituzionale.
1.4. Infine il quarto motivo di ricorso chiede la riforma della decisione della Corte Territoriale anche per lo ius superveniens di cui al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, il c.d. "Codice della pari opportunità tra uomo e donna" e a norma della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 5. 2. Il secondo motivo di ricorso, che censura la sentenza di merito per aver negato l'automaticità del riacquisto della cittadinanza degli ascendenti della ricorrente e l'acquisto dello stato di cittadina per quest'ultima, per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale 16 aprile 1975 n. 87 e 9 febbraio 1983 n. 30, indipendentemente dalla dichiarazione della ascendente di lei, di cui alla L. n. 151 del 1975, art. 219, è logicamente preliminare all'esame degli altri motivi di ricorso.
La pronuncia del 1975 ha dichiarato illegittimo la L. 13 giugno 1912, n. 555, art. 10, comma 3, per la parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza per la donna senza la volontà di questa, in caso di matrimonio con cittadino straniero;
la sentenza n. 30 del 1983 del giudice delle leggi ha rilevato la