Cass. civ., sez. V trib., sentenza 29/05/2023, n. 15003

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 29/05/2023, n. 15003
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15003
Data del deposito : 29 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 13170 del ruolo generale dell’anno 201 4 proposto da: Agenzia delle entrate, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

- ricorrente -

contro

Carbonara Vincenza, rappresentata e difesa dall’Avv. D M per procura speciale in calce al controricorso, presso il cui studio in Roma, Corso Trieste, n. 109, è elettivamente domiciliata;
Oggetto: deducibilità dei costi – accertamento induttivo -prova

- controricorrente -

per la cassazione della sentenza dellaCommissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 275/25/13, de positata i n data 19 novembre 2013;
nonché sul ricorso avverso il provvedimento prot. n. 29505, trasmesso il 28 aprile 2020, di diniego della definizione agevolata presentata per l’avviso di accertamento TVK010103377/2011;
udita la relazione svolta nella udienza pubblica del17 gennaio 2023dal Consigliere G T;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P rocuratore Generale Dott. T B, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto dei restanti motivi di ricorso;
udito per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato generaledello Stato A P per la controricorrente l’Avv. D M.

Fatti di causa

Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a V C due avvisidi accertamento con i quali, relativamente agli anni 2006 e 2007, aveva contestato maggiori redditi di impresa rispetto a quelli dichiarati;
avverso gli att i impositiv i la contribuente a veva proposto separati ricorsi che, previa riunione, erano stati parzialmente accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Foggia;
l’Agenzia delle entrate aveva quindi proposto appello. La Commissione tributaria regionale dell a Puglia, sezione staccata di Foggia, ha rigettato l’appello, in particolareha ritenuto che: la verifica fiscale si era svolt a oltre i limiti temporali previsti, potendosi tenere conto solo dei periodi di sospensione e di interruzione che erano stati determinati da effettive esigenz e di completezza del controllo , non anche da problemi organizzativi interni dei verificatori;
circa, poi, la deducibilità dei costi per spese di carburante, era prova sufficiente degli stessi la circostanza che il pagamento era avvenuto con carte di credito o carte di debito o prepagate,in quanto consentivano di identificare il soggetto che aveva effettua to il rifornimento e l’esatto ammontare della spesa sostenuta;
inoltre, ai fini dell’accertamento induttivo, era comunque necessario tenere conto della specifica realtà aziendale e, in questo contesto, non poteva essere considerato verosimile un ricarico di oltre la misura del cento per cento, mentre doveva considerarsi corretta la misura percentuale già applicata dall’ufficio per il precedente anno di imposta in relazione al quale, proprio in considerazione della specifica realtà aziendalein cui l’attività era stata svolta per 8/12 dell’anno, erano stati ridimensionati anche i ricavi espressi dagli studi di settore. Avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorsoaffidato a cinque motiv i di censura , cui ha resistito l a contribuente deposita ndo controricorso , illustrato con successiva memoria. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B, ha depositato leproprie conclusioni con le quali ha chiesto l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto dei restanti motivi di ricorso. La contribuente, con atto del 7 giugno 2019, ha depositato domanda di definizione agevolata relativamente all’avviso di accertamento TVK010103377/2011, ai sensi dell’art. 6, d.l. n. 119/2018, cui ha fatto seguito il provvedimento di diniego della definizione agevolata. La contribuente ha quindi proposto ricorso avverso il suddetto provvedimento di diniego, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.Ragioni della decisione Sulricorso avverso il diniego di definizione agevolata Preliminarmente, va esaminato il ricorso proposto in data 22 giugno 2020 avverso il provvedimento di diniego della domanda di definizione agevolata tramesso in data 28 aprile 2020. Va precisato che dalla sentenza oggetto di censura risultavano notificati alla contribuente due diversi avvisi di accertamento di cui solo quello portante il n. TVK010103377/2011 è stato oggetto di domanda di definizione agevolata, mentre per l’ulteriore avviso di accertamento n. TVK010103079/2011 non risulta presentata alcuna domanda di definizione agevolata, sicchè solo relativamente al primo può porsi la questione dell’eventuale effetto estintivo sulla pretesa. Ciò precisato, con il motivo di ricorso avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolatasi evidenzia che con il suddetto atto di diniego si era evidenziato che la domanda di definizione non era corretta perché, avendo il giudice di primo grado solo parzialmente accolto il ricorso introduttivo della contribuente, la definizione della lite avrebbe dovuto avvenire con il pagamento di un importo pari al quindici per cento del valore della controversia, non risultando corretto, pertanto, il versamento del solo cinque per cento, come invece operato dalla contribuente. Evidenzia la contribuente che non correttamente l’ufficio ha ritenuto che il giudizio di primo grado si era concluso con una pronuncia di accoglimento parziale della domanda, posto che, anche se la contribuente, in sede di ricorso di primo grado, aveva chiesto, in via principale, l’annullamento dell’accertamento e in via subordinata l’applicazione degli studi di settore, con la pronuncia di primo grado era stata accolta la domanda da essa proposta, sicchè si dovrebbe ritenere che l’Agenzia delle entrate era risultata totalmente soccombente , in quanto l’accertamento era stato ritenuto illegittimo accogliendo la prospettazione della contribuente, sebbene formulata in via subordinata, di applicazione degli studi di settore ai fini della corretta determinazione del quantum dovuto. Il motivo è infondato. Ai sensi dell’art.6, comma 2ter, d.l. n. 11 9 /201 8 , l e controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l'Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al cinque per cento del valore della controversia. Pertanto, il pagamento della misura del cinque per cento ai fini della regolarità della domanda di definizione della lite postula che l’Agenzia delle entrate sia risultata totalmente soccombente in entrambi i gradi di giudizio. Ai fini della definizione della presente questione, va quindi verificato se l’Agenzia delle entrate era stata totalmente soccombente nei giudizi di merito. Va quindi precisato che si ha parziale soccombenza quando la pretesa fatta valere da una delle parti in giudizio non sia stata totalmente accolta dal giudice e c iò si verifica quando la domanda proposta si articola in diverse autonome postulazioni di giudizio e solo talune di esse sono state accolte. Nel caso di specie, la contribuente aveva proposto, con il ricorso originario, la domanda di annullamento integrale della pretesa dell’amministrazione finanziaria, sia per violazione dell’art. 12, legge n. 212/2000 sia perché l’atto impositivo era in contr asto con le disposizioni di legge e perché privo di logicità e solo in via subordinata aveva richiesto che la misura del maggiore reddito fosse adeguata a quella dei ricavi previsti dagli studi di settore.In sostanza, quel che la parte aveva richiesto, con il ricorso originario era, in via principale, il totale annullamento della pretesa e, in via subordinata, la riduzione della pretesa nel senso del suo adeguamento a quanto risultante dagli studi di settore. Lacircostanza che, dunque, il giudice di primo grado ha accolto solo la domanda subordinata, finalizzata ad una riduzione della pretesa, implica il rigetto della domanda principale diretta al totale annullamento della pretesa, sicchè, in questo caso, deve ragionarsi in termini di parziale soccombenza. Ne consegue che, correttamente, l’Agenzia delle entrate ha emesso il provvedimento di diniego della domanda di definizione agevolata, non essendo corretta l’autoliquidazione dell’importo dovuto nella misura del cinque per cento che postula, invero, la totale soccombenza dell’amministrazione finanziaria in entrambi i gradi di giudizio, circostanza non riscontrabile nella fattispecie. Di conseguenza, non può ritenersi che la domanda di definizione agevolata proposta dalla contribuente abbia avuto l’effetto estintivo del processo relativamente all’avviso di accertamento n. TVK010103377/2011, per il quale soltanto, pertanto, la
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