Cass. civ., sez. II, ordinanza 23/11/2020, n. 26565
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seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 8065/2017 R.G. proposto da ING. G. LUPI S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. P C P, con domicilio eletto in Roma, alla Via V. Rocca Di Papa n. 10, presso l'avv. M G. - RICORRENTE -contro REGIONE LAZIO, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. T C, elettivamente domiciliato in Roma, Via Marcantonio Colonna n. 27. -CONTRORICORRENTE- avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 5703/2016, pubblicata in data 28.9.2016. ek)& Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno Di8 5 16.7.2020 dal Consigliere G F. FATTI DI CAUSA La Ing. G. Lpi s.r.l. ha proposto opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione emessa sulla base del verbale n. 68736 dell'Arpa Lazio, con cui le era stata comminata la sanzione di €. 3000,00 per il superamento dei limiti di legge per lo scarico di acque reflue, effettuati, in carenza di autorizzazione, presso il depuratore di Forano, loc. Gravignano, ai sensi dell'art. 133, commi primo e secondo, D.LGS. 152/2006. Il Tribunale ha respinto l'opposizione, con pronuncia confermata in appello. Il Giudice distrettuale ha ritenuto irrilevante che la Regione avesse depositato tardivamente il verbale di accertamento e l'ordinanza ingiunzione, osservando che tali atti erano stato depositati anche dall'opponente, ed ha respinto l'eccezione di nullità del verbale per mancata indicazione del luogo e della data di redazione, che ha ritenuto desumibili dalla relativa nota di trasmissione. Quanto al fatto che la violazione fosse stata contestata direttamente alla società e non alla persona fisica responsabile dell'infrazione, la Corte di merito ha rilevato che, nel corpo della determina BO 1130 del 10.2.2014, era stato richiamato anche il verbale dell'Arpa, con cui la violazione era stata contestata al legale rappresentante della Ing. G. Lpi s.r.l. in qualità di responsabile diretto, al Comune di Forano, quale proprietario dell'impianto, e all'opponente quale obbligata in solido con il proprio amministratore, sostenendo infine che anche ricorrente dovesse rispondere del fatto, non trattandosi di illecito proprio. Per la cassazione della sentenza la Ing. G. Lpi s.r.l. ha proposto ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria. La Regione Lazio ha proposto controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 124, comma terzo, e 133, comma secondo, D.LGS. 152/2006, in relazione all'art. 360, comma primo, nn. 3 c.p.c., sostenendo che la condotta sanzionata non contempla la presenza di impianti di depurazione, ma solo lo scarico di acque reflue domestiche o di reti fognarie, restando esclusa la responsabilità del gestore dell'impianto;che, in ogni caso, la ricorrente era addetta alla semplice manutenzione del depuratore, per cui la sanzione doveva essere elevata a carico del gestore del servizio idrico integrato o del Comune, ente proprietario dell'impianto. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 132, comma secondo, n. 4 c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., per aver la sentenza confermato la sanzione senza indicare il titolo in base al quale la ricorrente, deputata alla sola manutenzione del depuratore, dovesse rispondere dell'illecito, e per aver ritenuto che quest'ultima avesse la gestione e detenzione dell'impianto, sebbene tali funzioni le fossero stati attribuiti solo nell'ordinanza ingiunzione, trascurando inoltre che l'impianto era affidato al gestore del servizio idrico integrato e che alla Ing. G. Lpi s.r.l. non era imputabile neppure la mancanza di autorizzazione, poiché solo il Comune era abilitato a richiederla. La Corte distrettuale avrebbe poi, del tutto immotivatamente, respinto il motivo di illegittimità della sanzione irrogata alla ricorrente quale responsabile in solido con il proprio amministratore, pur in mancanza di una specifica contestazione contenuta nel verbale di accertamento. Il terzo motivo censura la violazione degli artt. 6 e 14, commi primo e secondo, L. 689/1981, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., lamentando che il verbale non conteneva alcuna contestazione a carico della ricorrente quale obbligata in solido con l'autore della violazione, conseguendone l'illegittimità della sanzione. I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati. Dalla trascrizione in ricorso del contenuto del verbale si evince che l'illecito era stato ascritto in via diretta all'amministratore della società ricorrente, la quale, già nel verbale di accertamento e poi nell'ordinanza ingiunzione, era indicata come impresa incaricata della gestione dell'impianto di depurazione presso il quale era stata rilevata l'effettuazione dello scarico abusivo. La circostanza che la società avesse contestato di essere titolare della gestione operativa dell'impianto non risulta della sentenza impugnata, né il ricorso chiarisce dove con quali modalità tale deduzione sia stata proposta in modo specifico nel giudizio di merito. Dallo stesso esame del ricorso si evince - al contrario - che le uniche censure mosse alla sentenza di primo grado erano volte a sostenere che la responsabilità dell'infrazione dovesse ricadere sul gestore del servizio idrico integrato (e quindi su un soggetto diverso dalla ricorrente) o sul Comune, che, essendo proprietario del depuratore, era tenuto a richiedere l'autorizzazione allo scarico (cfr. ricorso, pagg. 2 e ss.). Non appare invocabile la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 294/2020, menzionata nella memoria illustrativa, trattandosi di pronuncia di cui non risulta attestato il passaggio in giudicato.
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