Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 26/09/2018, n. 23047
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Segnala un errore nella sintesiLa sentenza in esame, emessa dalla Corte di Cassazione, riguarda un ricorso presentato dall'INPS contro una decisione della Corte d'Appello di Brescia, che aveva riconosciuto il diritto di un lavoratore al pagamento del TFR dal Fondo di Garanzia dell'INPS, nonostante il fallimento del datore di lavoro cedente. Le parti in causa hanno sollevato questioni giuridiche relative alla responsabilità del Fondo di Garanzia in caso di insolvenza del datore di lavoro e alla validità dell'ammissione al passivo fallimentare del credito per TFR.
L'INPS ha sostenuto che, a seguito della cessione dell'azienda, il cessionario fosse l'unico obbligato al pagamento del TFR, contestando l'obbligo del Fondo di intervenire. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso dell'INPS, affermando che l'ammissione al passivo del credito per TFR non vincola l'INPS, poiché il diritto al TFR matura solo con la cessazione del rapporto di lavoro. La Corte ha sottolineato che l'intervento del Fondo di Garanzia è condizionato all'insolvenza del datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, stabilendo così un principio di autonomia tra il credito retributivo e l'obbligo previdenziale del Fondo. La sentenza è stata quindi cassata e rinviata per un nuovo esame, evidenziando la necessità di considerare le specifiche circostanze del caso.
L'INPS ha sostenuto che, a seguito della cessione dell'azienda, il cessionario fosse l'unico obbligato al pagamento del TFR, contestando l'obbligo del Fondo di intervenire. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso dell'INPS, affermando che l'ammissione al passivo del credito per TFR non vincola l'INPS, poiché il diritto al TFR matura solo con la cessazione del rapporto di lavoro. La Corte ha sottolineato che l'intervento del Fondo di Garanzia è condizionato all'insolvenza del datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, stabilendo così un principio di autonomia tra il credito retributivo e l'obbligo previdenziale del Fondo. La sentenza è stata quindi cassata e rinviata per un nuovo esame, evidenziando la necessità di considerare le specifiche circostanze del caso.
Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 22278-2017 proposto da: I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli 2018 avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, 2018 VINCENZO TRIOLO, giusta delega in atti;- ricorrente -contro F D;- intimato - avverso la sentenza n. 331/2017 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 30/06/2017 r.g.n. 17/2017;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2018 dal Consigliere Dott. R M;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S V', che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;uditi gli Avvocati ANTONIETTA CORETTI e VINCENZO STUMPO. rg 22278 / 2017 INPS c/ F D udien.za del 16 maggio 2018 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza del 30 giugno 2017, ha accolto il gravame svolto da F D e, in riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto il diritto al pagamento, da parte del Fondo di Garanzia Inps, del TFR maturato alle dipendenze della società cedente fallita. 2. La Corte di merito premetteva che l'attuale parte intimata aveva lavorato alle dipendenze della New Mark di Martinelli & C. s.n.c. che aveva ceduto l'azienda (in data primo ottobre 2009) alla D.O.C. s.r.I., con passaggio dei lavoratori, in pari data, alle dipendenze di quest'ultima;che, con sentenza dell'Il marzo 2013, il Tribunale aveva dichiarato il fallimento della predetta società in nome collettivo;che il lavoratore aveva depositato istanza di insinuazione al passivo del fallimento del credito per TFR maturato nei confronti della società fallita, accolta con ammissione del credito allo stato passivo. 3. La Corte del gravame riconosceva, pertanto, il diritto del lavoratore ad esigere il pagamento del TFR dal Fondo di garanzia, argomentando dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la definitiva ammissione al passivo dei crediti in questione determina l'insorgere dell'obbligo a carico dell'INPS, a prescindere non solo dalla partecipazione dell'INPS alla procedura fallimentare ma anche dell'effettiva sussistenza del trasferimento d'azienda, e della reale cessazione del rapporto di lavoro. 4. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps con un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale l'intimato non ha svolto attività difensiva. RAGIONI DELLA DECISIONE 5. Con l'unico motivo di ricorso l'INPS lamenta la violazione degli articoli 2, commi primo, secondo, quarto, quinto, settimo ed ottavo della legge n. 297 del 1982, con riferimento all'art. 2112 cod. civ., dal momento che, essendosi verificata la cessione dell'azienda, il Giudice del lavoro aveva accertato il diritto degli assicurati a percepire dal" Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" gestito dall'Inps, anche la quota di T.F.R. maturata per lo svolgimento di attività lavorativa in favore del datore di lavoro cedente, poi sottoposto alla procedura concorsuale del fallimento, per essere stati i relativi crediti dei lavoratori ammessi al passivo della procedura concorsuale, nonostante la responsabilità solidale ex lege del datore di lavoro cessionario in bonis. 6. Il ricorso è fondato. 7. Prima della risoluzione della questione esclusivamente giuridica occorre premettere, in fatto, le vicende circolatorie che hanno interessato le aziende presso le quali l'attuale parte intimata ha prestato, e per quanto emerge dagli atti ancora presta, la propria attività di lavoro. 8. La società New Mark di Martinelli & C. s.n.c., presso la quale lavorava l'intimato, aveva ceduto l'azienda alla D.O.C. s.r.I., con passaggio, in pari data, dei lavoratori alle dipendenze di quest'ultima;con sentenza dell'Il marzo 2013, il Tribunale aveva dichiarato il fallimento della predetta società in nome collettivo e il lavoratore aveva depositato istanza di insinuazione al passivo del fallimento, avente ad oggetto la quota di TFR maturato alle dipendenze della società cedente;accolta l'istanza, il credito del lavoratore era stato ammesso allo stato passivo;richiesto l'intervento del Fondo di garanzia presso l'INPS, per ottenere il pagamento della quota di t.f.r. maturato alle dipendenze della società cedente fallita, a tale domanda è stato opposto un rifiuto motivato con riferimento alla circostanza che con il trasferimento del rapporto di lavoro dalla cedente alla cessionaria e il passaggio dei lavoratori alle dipendenze di quest'ultima, per effetto del contratto di affitto di ramo d'azienda, il cessionario, in bonis, era l'unico obbligato a corrispondere il t.f.r. anche per la parte relativa alla società cedente. 9. A fronte di tale complessivo svolgimento dei fatti, la Corte di merito, con la sentenza impugnata, ha ritenuto che, a prescindere dalla effettiva ricostruzione della vicenda circolatoria e dalla effettiva prosecuzione dei rapporti di lavoro ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., dovesse farsi applicazione dei principi espressi nelle sentenze di questa Corte di cassazione, nn. 24730 e 23258 del 2015, che, facendo leva sul consolidato orientamento secondo cui l'INPS subentra ex lege nel debito del datore di lavoro insolvente, previo accertamento del credito del lavoratore e dei relativi accessori mediante insinuazione nello stato passivo divenuto definitivo e nella misura in cui risulta in quella sede accertato, hanno affermato l'incontestabilità, da parte dell'Istituto, di tale accertamento, a torto o a ragione, avvenuto in sede fallimentare, ancorché l'Istituto sia rimasto estraneo alla procedura stessa avendo forza di cosa giudicata. 10.La ragione giustificatrice di tale contenuto della norma sarebbe, secondo l'opzione interpretativa fatta propria della Corte di merito, quella di garantire il soddisfacimento dei crediti insoddisfatti dei lavoratori senza costringerli ad ulteriori e defatiganti accertamenti in altra sede. 11.In termini essenziali, si tratta, ora, di stabilire se l'obbligo del Fondo di garanzia di cui all'art. 2 della legge n. 297 del 1982, valutate tutte le ricadute sul sistema, possa scaturire, incondizionatamente, dalla sola ammissione al passivo della domanda del lavoratore: anche se, ciò che si è domandato in sede fallimentare è la sola quota di t.f.r. maturata presso il precedente datore di lavoro assoggettato a fallimento, successivamente alla cessione dell'azienda ed a prescindere dalla verifica dell'avvenuta cessazione del rapporto di lavoro intercorso con il cedente. 12.La questione, ad avviso del Collegio, non può trovare risposta nei termini di cui ai precedenti indicati dalla sentenza impugnata, dei quali vanno condivise le premesse relative alla ricostruzione sistematica dell'istituto di cui all'art. 2 della legge n. 297 del 1982. 13.In particolare, deve ricordarsi che secondo il consolidato orientamento espresso da questa Corte di legittimità, cui si intende dare continuità, il diritto del lavoratore di ottenere dall'Inps, in caso d'insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del TFR a carico dello speciale Fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è, perciò, distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell'esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all'esito di procedura esecutiva), con la conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all'Inps e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia (cfr., in termini, Cass. 23 luglio 2012 n. 12852 ed anche nn. 10875, 20675 del 2013;12971 del 2014). 14.Va, tuttavia, rimarcato che gli arresti della giurisprudenza di questa Corte di legittimità appena citati non hanno mai affrontato la specifica questione appena indicata, giacché non era prospettata, nelle precedenti occasioni, la carenza di taluno degli elementi costitutivi della stessa fattispecie di cui alli art. 2 della legge n. 297 del 1982, ma si discuteva, fra l'altro, della relazione giuridica esistente tra l'obbligo retributivo del datore di lavoro insolvente e l'obbligo del fondo di sostituirsi al medesimo datore di lavoro, con particolare riferimento al regime della prescrizione, ed al termine iniziale di decorrenza, alla eventuale soggezione alla decadenza prevista per le prestazioni previdenziali, al regime degli atti interruttivi della prescrizione, alla disciplina degli accessori in caso di ritardo, alli eventuale regime di solidarietà esistente con il datore di lavoro ai fini dell'applicazione dell'art. 1310 cod. civ. 15.In altri termini, quella giurisprudenza ha operato un inquadramento sistematico della disciplina del Fondo di garanzia che, attraverso il riconoscimento della finalità esclusivamente assicurativa e previdenziale, funzionale alla pienezza di protezione dei lavoratori dal rischio dell'insolvenza del datore di lavoro, ha avuto il merito di svincolare l'operatività del meccanismo di garanzia dal legame con i presupposti concreti delle obbligazioni retributive rimaste inadempiute a causa dell'insolvenza che, dunque, diventano l'oggetto della diversa ed autonoma prestazione previdenziale.16.Se tali sono senso e contenuto del percorso interpretativo segnato dalle citate pronunce, resta, dunque, da dimostrare che dalla natura autonoma, rispetto all'originario obbligo retributivo datoriale, e previdenziale della prestazione possa ricavarsi anche l'astrazione totale dal separato ed originario credito retributivo fino al
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