Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/05/2009, n. 10667

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L'azione di responsabilità promossa dal P.G. presso la Corte dei Conti per il risarcimento del danno cagionato all'erario dalla mancata esazione dei ruoli ad opera del concessionario del servizio di riscossione delle imposte non è condizionata al previo esperimento del procedimento amministrativo di accertamento del diritto al rimborso o al discarico delle quote d'imposta anticipate e dichiarate inesigibili (ex art. 85 del d.P.R. n. 43 del 1988 e, successivamente, artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999) e dell'eventuale giudizio avanti alla Corte dei Conti, in caso di ricorso contro il provvedimento di rigetto, stante l'autonomia del giudizio di responsabilità contabile, la cui anticipazione pur investendo il giudice contabile del medesimo rapporto e dei medesimi fatti oggetto di possibile valutazione dell'Amministrazione in sede di richiesta di rimborso o di domanda di discarico, non viola i limiti esterni della giurisdizione della Corte dei Conti, ma concerne piuttosto la modalità ed il tempo del suo esercizio.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/05/2009, n. 10667
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10667
Data del deposito : 11 maggio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. M S - Presidente di sezione -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. D'

ALONZO

Michele - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. A A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 7158/2008 proposto da:
UNICREDIT BNCA S.P.A. (00137680401), in qualità di incorporante della Cassa di Risparmio di Trieste Banca s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA BRBERINI

12, presso lo studio legale VISENTINI MARCHETTI E ASSOCIATI, rappresentata e difesa dall'avvocato V G, per procura a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI DI ROMA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BIAMONTI

25;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 322/2007 della CORTE DEI CONTI di ROMA, depositata il 10/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2009 dal Consigliere Dott. AMATUCCI ALFONSO;

udito l'Avvocato

PAPA MALATESTA

Alfonso per delega dell'avvocato

VISENTINI

Gustavo;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

IANNELLI

Domenico, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con atto di citazione del 20.5.1999 la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Friuli- Venezia Giulia convenne in giudizio innanzi alla predetta Sezione regionale la Cassa di Risparmio di Trieste Banca s.p.a. domandandone la condanna al pagamento, in favore di vari enti impositori della provincia di Trieste per i quali la Banca era concessionaria del servizio di riscossione delle imposte negli anni dal 1990 al 1997, della somma complessiva di L. 19.787.871.138, costituenti il danno derivato allo Stato ed alle altre pubbliche Amministrazioni per i mancati introiti finanziari, tributari e non, di cui ai ruoli consegnati alla concessionaria.
Da indagini compiute dalla Guardia di Finanza era infatti risultato che, nel periodo in questione, 15.211 verbali di irreperibilità del contribuente o di pignoramento negativo o insufficiente erano stati redatti in giornate di assenza dal servizio degli incaricati, ovvero,in numero talmente elevato nell'arco di un medesimo giorno da rendere incomprensibili le modalità delle procedure seguite. Il danno, quantificato inizialmente in L. 111.576.7.698.657, era stato successivamente determinato nel minore importo sopra indicato a seguito della controdeduzioni della banca concessionaria, che aveva tra l'altro immediatamente rilevato - nello stesso senso poi difendendosi in giudizio - il difetto temporaneo di giurisdizione della Corte dei Conti nel sostanziale assunto che il danno si sarebbe attualizzato solo in seguito ai rimborsi che la concessionaria avesse richiesto in sede amministrativa, nella parte in cui era tenuta a versare anche il non riscosso, ovvero a seguito dei discarichi che avesse ottenuto per quote non anticipate, in assenza dell'obbligo del "non riscosso per riscosso".
Con sentenza n. 13616 del 2.3.2001, l'adita sezione giurisdizionale condannò la Cassa di risparmio convenuta al pagamento di L. 5.936.361.334, in favore degli enti impositori della provincia di Trieste e dell'erario dello Stato.
2.- La sentenza fu impugnata dal Procuratore regionale e, in via incidentale, dalla Unicredit Banca s.p.a. (in appresso Unicredit), incorporante della Cassa di risparmio concessionaria. Con sentenza n. 322/2007/A, depositata il 10.10.2007, la Corte dei conti ha accolto l'appello principale e respinto quello incidentale, condannando Unicredit al pagamento dell'equivalente in euro di L. 19.787.871.138, debitamente rivalutata, da ripartire tra gli enti danneggiati come in citazione.
Ha, in particolare ritenuto (pagine da 17 a 20 della sentenza) infondata l'eccezione di difetto temporaneo di giurisdizione del giudice contabile, argomentato dalla difesa dell'appellante incidentale sul riflesso che l'azione e la giurisdizione della Corte dei conti potrebbero esperirsi e radicarsi solo dopo che, ai sensi della legislazione speciale in materia (D.P.R. n. 43 del 1988, art.83 e segg. e art. 90), l'Amministrazione finanziaria si sia
pronunciata sul rimborso delle quote d'imposta anticipate in ottemperanza dell'obbligo del non riscosso come riscosso e dichiarate inesigibili, o sul discarico di quelle parimenti dichiarate inesigibili ma non anticipate;
di modo che, in assenza della definizione di tali procedimenti amministrativi, non si concretizzerebbe un diritto di credito erariale azionabile nei confronti del concessionario, ed un'anticipata pronuncia della Corte dei conti in materia comporterebbe anche un'indebita invasione nella sfera d'azione riservata alla Pubblica amministrazione in virtù del principio costituzionale della divisione dei poteri. L'azione contabile - si afferma in sentenza - non è omogenea a quella svolta in via amministrativa dal concessionario per opporsi, come nella specie, al diniego di discarico e per contrastare il provvedimento negatorio dell'Amministrazione nel giudizio che lo stesso concessionario può promuovere innanzi alla Corte dei conti ai sensi del R.D. n. 1214 del 1934, art. 56 e del R.D. n. 1038 del 1933, artt. 52 e 55;
non vi sarebbe dunque un'inammissibile duplicità di
procedure tendenti al medesimo risultato.
Ciò in quanto, mentre la definizione del contenzioso in sede amministrativa (e confluente, ad istanza di parte, in sede di giurisdizione contabile) attiene al diritto al rimborso o al discarico con riferimento al rapporto di gestione, la ratio del giudizio di responsabilità va letta in funzione censoria della condotta del concessionario ritenuta lesiva del patrimonio dell'ente impositore a motivo della contestata violazione di obblighi di servizio.
Tale esegesi - continua la sentenza - trova conferma negli artt. 195 del R.D. n. 827 del 1924 e 43 del R.D. n. 1038 del 1933, in ragione dell'autonomo potere, assegnato al requirente contabile in tema di responsabilità per danni all'erario anche quando la responsabilità emerga da conti, documenti o fatti comunque sottoposti al riscontro o alla vigilanza della Corte dei conti;
nonché nel R.D. n. 2440 del 1923, art. 85 e del R.D. n. 1214 del 1934, art. 54, che consentono al
Procuratore regionale di promuovere l'azione ed al giudice contabile di pronunziarsi sui danni arrecati all'erario da contabili, funzionari ed agenti "anche prima del giudizio sul conto". 3.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione Unicredit, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Procuratore generale presso la Corte dei conti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso denuncia: "difetto di giurisdizione per invasione da parte del giudice contabile della sfera di altro potere dello Stato (360, n. 1 c.p.c). Violazione del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art.43 e segg., nonché del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, artt. 52, 53 e
54, in relazione al D.P.R. n. 43 del 1988, art. 83 e segg.". Vi si sviluppano i seguenti argomenti:
- la giurisdizione del giudice contabile potrebbe radicarsi solo dopo che, ai sensi della legislazione speciale in materia (D.P.R. n. 43 del 1988, art. 83 e segg. e art. 90), l'amministrazione finanziaria
si fosse pronunciata definitivamente sul rimborso o sul discarico delle quote d'imposta anticipate e dichiarate inesigibili;

un'anticipata pronuncia della Corte dei conti, pertanto, comporterebbe un'indebita invasione nella sfera d'azione riservata alla Pubblica Amministrazione;
la disciplina ordinaria che fissa la giurisdizione della Corte in relazione ai giudizi di responsabilità, cui il concessionario della riscossione sarebbe assoggettato quale agente contabile, ai sensi del R.D. n. 1214 del 1934, art. 44 e segg., (testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) e R.D. n. 1038 del 1933, art. 27 e segg., (regolamento di procedura per i giudizi
innanzi alla Corte dei conti) sarebbe appunto derogata dalla disciplina speciale di carattere amministrativo fissata dal richiamato D.P.R. n. 43 del 1988, che stabilisce modalità e procedure ad hoc per l'accertamento e la sanzione delle condotte illegittime;

- il venir meno dell'obbligo del non riscosso come riscosso (posto dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 32, abrogato a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 37 del 1999) ancor prima dell'instaurazione del contenzioso, comporta il rafforzamento della fase amministrativa finalizzata al riscontro della correttezza dell'operato dei concessionari e all'eventuale determinazione del danno erariale e confermi, quale condizione necessaria per l'insorgenza della giurisdizione della Corte dei conti, che sia svolta la procedura di discarico prevista dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 4;

- opinare diversamente significherebbe accettare il rischio di un indebito arricchimento della pubblica amministrazione che percepirebbe due volte la stessa somma all'esito di due diversi procedimenti;

- la cognizione della violazione di obblighi concessori, come accertati dalla Corte dei Conti, rientrerebbe, in realtà, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, (come novellato della L. n. 205 del 2000, comma 1), che ha devoluto a detto giudice tutte le controversie
in materia di pubblici servizi.
Ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., la banca ricorrente formula il quesito di diritto in funzione dell'enunciazione del seguente principio:
"la Corte dei Conti è priva di giurisdizione sulle questioni inerenti asseriti danni derivanti dalla mancata esazione dei ruoli consegnati per la riscossione al concessionario in assenza dello svolgimento del procedimento amministrativo previsto per l'esame delle domande di rimborso e di discarico (D.P.R. n. 43 del 1988, art.85 e, oggi, del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20). È altresì
priva di giurisdizione per l'accertamento di violazioni punite con sanzioni amministrative dalle disposizioni regolanti il regime speciale per l'esercizio in concessione dell'attività di riscossione delle entrate come disciplinato dal D.Lgs. n. 112 del 1999, e già prima di questo dal D.P.R. n. 43 del 1988". 2.- Il Procuratore generale presso la Corte dei conti oppone che il prospettato difetto assoluto di giurisdizione del D.P.R. n. 43 del 1988, ex art. 83 e segg., non ha base giuridica, in quanto esso
sarebbe ravvisabile solo laddove manchi nell'ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l'interesse dedotto in giudizio, così che non possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di decidere.
Il procedimento amministrativo fissato dalla normativa richiamata avrebbe la sola finalità di consentire ai concessionari di ottenere il riconoscimento da parte dell'amministrazione finanziaria di un diritto relativo al rimborso o al discarico di quote di imposte inesigibili, mentre non inciderebbe minimamente sulla potestà del giudice contabile di conoscere di controversie aventi la loro fonte nel rapporto concessorio. Detto procedimento amministrativo non potrebbe surrogare un possibile giudizio per l'accertamento di una responsabilità amministrativo - contabile del concessionario, e nemmeno porsi come un presupposto processuale rispetto all'esercizio della relativa azione da parte del Pubblico ministero ed alla conseguente possibilità di cognizione della Corte dei Conti in materia.
Aggiunge che il principio connaturato all'attuale assetto sostanziale e processuale della responsabilità amministrativa è quello della piena autonomia del requirente presso il giudice contabile nell'esercizio delle proprie funzioni, tanto che quegli potrebbe agire in giudizio anche contro la volontà dell'amministrazione presunta danneggiata.
Inoltre, il giudizio che viene instaurato ad istanza del concessionario della riscossione ha come oggetto un rapporto credito- debito, mentre quello attivato dal pubblico ministero riguarda il diritto dell'amministrazione ad ottenere un risarcimento del danno in conseguenza dell'inosservanza di obblighi di servizio da parte del concessionario.
Nè può fondatamente paventarsi un indebito arricchimento dell'Amministrazione poiché, una volta che in sede di giudizio di responsabilità il giudice contabile avesse riconosciuto che il rimborso o il discarico non sono ammissibili a causa di inadempienze del concessionario e quest'ultimo avesse completamente risarcito il danno derivato all'amministrazione dalle mancate riscossioni o dagli indebiti rimborsi, l'amministrazione, a fronte di un giudicato, non potrebbe accampare ulteriori pretese derivanti da identiche fattispecie.
Il Procuratore generale presso la Corte dei conti sostiene, infine, l'erroneità del richiamo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, posto che la società concessionaria era legata da un rapporto di servizio con le amministrazioni danneggiate;
ed afferma che le sanzioni amministrative previste (dal D.Lgs. n. 112 del 1999) a carico del concessionario per il caso di violazione di alcuni suoi obblighi costituiscono misure applicabili autonomamente dall'autorità amministrativa, aventi diversa natura e finalità rispetto al risarcimento del danno pronunciato a titolo di responsabilità amministrativa o contabile, e soggette a specifici ricorsi amministrativi o giurisdizionali.
3. - Deve premettersi che la questione - pure proposta dalla ricorrente - relativa alla giurisdizione "in ordine all'accertamento di violazioni punite con sanzioni amministrative dalle disposizioni regolanti il regime speciale per l'esercizio in concessione dell'attività di riscossione delle entrate, come disciplinato dal D.Lgs. n. 112 del 1999 e, già prima di questo, dal D.P.R. n. 43 del 1988," è del tutta estranea al caso di specie, nel quale non
risultano irrogate sanzioni di sorta.
Va inoltre sgombrato il campo dalla prospettazione relativa al difetto di giurisdizione del giudice contabile in favore del giudice amministrativo basata sulla L. n. 80 del 1998, art. 33, come successivamente modificato, essendo stato già chiarito da queste Sezioni unite che detta norma è intesa a regolamentare i confini tra la giurisdizione del giudice ordinario e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia concernente i servizi pubblici, ma non incide in alcun modo sulla previgente competenza giurisdizionale della Corte dei conti (Cass. sez. un., n. 6956 del 2003, la quale ha anche affermato che tra gli agenti contabili sono da ricomprendere i concessionari della riscossione dei tributi). 3.1.- Tanto premesso, il sistema di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici - per la parte che qui interessa - è così delineato dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, applicabile ratione temporis:
a) la consegna dei ruoli costituisce il concessionario debitore dell'intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli stessi, che debbono essere da lui versate alle scadenze stabilite ancorché non riscosse (art. 32, comma 3);

b) il concessionario ha diritto al rimborso delle somme versate per le quali è tenuto all'obbligo del non riscosso come riscosso, ovvero al discarico delle somme per le quali non è tenuto a tale obbligo, quando dimostri di non averle potute riscuotere (art. 74, comma 1) ,- c) l'ufficio finanziario o l'ente cui la richiesta di rimborso o di sgravio sia stata presentata dal concessionario e che non vi abbia aderito, trasmette le proprie osservazioni all'Intendente di finanza che, in caso di rigetto della domanda di rimborso, trasmette il proprio provvedimento motivato all'ufficio finanziario o all'ente impositore, che lo notifica al concessionario (art. 83, commi 2 e 3);

d) contro il provvedimento di rigetto dell'Intendente è ammesso ricorso al Ministro delle Finanze nel termine di trenta giorni dalla notificazione (art. 85, comma 1);

e) contro la decisione di rigetto del Ministro è ammesso il ricorso alla Corte dei conti entro novanta giorni dalla notificazione della decisione (art. 85, comma 3).
Da tale disciplina risulta che se rimborso o sgravio non siano stati domandati e/o ottenuti, il concessionario è senz'altro tenuto al pagamento delle somme iscritte nei ruoli, quali che siano state le ragioni della mancata riscossione, in tal caso del tutto irrilevanti per gli enti creditori, che sono comunque destinati a percepire dal concessionario le somme portate dai ruoli.
Va riconosciuto che l'azione di responsabilità amministrativa promossa innanzi alla Corte dei conti prima ed indipendentemente dallo svolgimento dell'iter amministrativo sopra sintetizzato ha effettivamente investito il giudice contabile del medesimo rapporto e dei medesimi fatti oggetto di possibile valutazione dell'Amministrazione in sede di richiesta di rimborso o di domanda di discarico, com'è dimostrato dalle circostanze che il danno lamentato si compone delle medesime voci che l'Amministrazione recupera all'esito della procedura amministrativa e che i presupposti per una condanna del concessionario al risarcimento del danno sono gli stessi (violazione di norme di legge o degli obblighi derivanti dalla concessione) che fondano un. eventuale diniego di rimborso o di discarico, avverso il quale il concessionario stesso può insorgere innanzi al giudice contabile.
L'affermata diversità dei presupposti dei due giudizi, sostenuta dalla sentenza impugnata e dal Procuratore della Corte dei conti è, del resto, implicitamente negata nello stesso controricorso là dove si afferma (a pagina 14) che "non si vede su quale presupposto di fatto, pur in presenza della normativa di cui al più volte citato D.P.R. n. 43 del 1988, il concessionario possa basare domande di rimborso o discarico a fronte di una sentenza di condanna passata in giudicato, da parte del giudice contabile, in sede di accertamento di una responsabilità amministrativa che ha, implicitamente, riconosciuto non dovuto al concessionario il discarico o il rimborso relativo a determinati ruoli". Se, infatti, al concessionario non è più dato domandare il rimborso o il discarico per quanto non riscosso, è univoca la conclusione che la promozione diretta dell'azione di responsabilità ha investito la Corte dei conti della cognizione dei medesimi fatti di cui avrebbe potuto essere investita, in sede contabile, dal concessionario che non avesse visto soddisfatte le proprie richieste di rimborso o di sgravio;
ed è, allo stesso modo, univocamente conseguente anche il rilievo che al concessionario è stata preclusa la possibilità di avvalersi dei possibili rimedi in sede amministrativa (sempre che - come s'è sopra chiarito - avesse in ipotesi deciso di domandare rimborso o sgravio e che fosse incappato in due provvedimenti negativi). 3.2.- Altro problema è, però, quello di stabilire se tanto consenta di ravvisare un difetto temporaneo di giurisdizione della Corte dei conti, ovvero se l'azione promossa dal p.m. contabile involga piuttosto una questione relativa ai limiti interni della giurisdizione, com'è opinione del Collegio.
Queste Sezioni unite hanno chiarito che il difetto assoluto di giurisdizione è configurabile solo quando manchi nell'ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l'interesse dedotto in giudizio (sentenza n. 3318/84), si che non possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di decidere (sentenze nn. 10375/07 e 7577/06). Situazione che non ricorre nel caso in esame.
Neppure può dirsi, in difetto di norme che proclamino la pregiudizialita del procedimento amministrativo di accertamento del D.P.R. n. 43 del 1988, ex artt. 74 e 85, rispetto al processo di responsabilità innanzi alla Corte dei conti, che le menzionate disposizioni si pongano in rapporto di specialità rispetto a quelle generali, tra le quali si annovera quella di cui all'art. 54 del R.D. n. 1214 del 1934 (riproduttiva del R.D. n. 2440 del 1923, art. 85),
la quale prevede che "nei casi di deficienza accertata dall'amministrazione o di danni arrecati all'erario per fatto o per omissione imputabili a colpe o negligenza dei contabili od agenti contemplati dalla legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, la corte (dei conti) può pronunciarsi ... anche prima del giudizio sul conto". La regola dell'autonomia del giudizio di responsabilità rispetto al giudizio di conto non può non concernere anche il caso in cui questo sia solo eventuale, in quanto subordinato all'iniziativa dell'interessato in esito alle determinazioni negative dell'amministrazione in ordine allo sgravio o al rimborso richiesto dal concessionario relativamente alle somme non riscosse. Deve infatti ritenersi - condividendosi sul punto quanto affermato dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Friuli- Venezia Giulia nella sentenza di primo grado - che gli scopi della giurisdizione di responsabilità, volta al perseguimento dell'interesse generale ad una tutela quanto più tempestiva possibile dell'erario, verrebbero disattesi se tale giurisdizione dovesse sospendersi in attesa degli esiti degli accertamenti, giudiziali o amministrativi, da compiersi in altra sede. Ed appare decisiva la considerazione che l'azione di responsabilità del procuratore presso la Corte dei conti non è comunque condizionata dalle determinazioni dell'amministrazione interessata, attesa la sua autonomia e la possibilità che sia proposta anche se
l'amministrazione abbia adottato provvedimenti in ipotesi favorevoli all'agente che si assuma avere cagionato un danno all'erario (non potendosi ad esempio escludere che al risultato favorevole al concessionario l'amministrazione possa essere pervenuta pure in presenza di irregolarità o atti illeciti che, se noti, avrebbero comportato un provvedimento negativo). Una diversa conclusione potrebbe infatti fondarsi solo sul presupposto - estraneo alle norme che vengono in considerazione - che, nel rapporto di esattoria, l'amministrazione abbia il potere di stabilire che il concessionario non è stato in colpa per non aver riscosso le somme iscritte nel ruolo e che tale determinazione non sia sindacabile dal giudice dell'azione pubblica.
La possibile anticipazione del giudizio della Corte dei conti, ricollegabile all'azione di responsabilità autonomamente iniziata dal procuratore regionale, non travalica dunque i limiti esterni della giurisdizione di detto giudice, attinenti all'essenza della funzione giurisdizionale (cfr., ex plurimis, Cass. Sez. un. nn. 4956/05 e 15438/02), ma concerne piuttosto la modalità ed il tempo del suo esercizio.
La riconosciuta preclusione della possibilità del concessionario di avvalersi, in tal caso, dei rimedi in sede amministrativa non è del resto suscettibile di risolversi in un danno, giacché la sua eventuale condanna in sede di responsabilità amministrativa comporterebbe lo stesso effetto che conseguirebbe al diniego di sgravio o rimborso (con conseguente esenzione dall'obbligo di pagare due volte la stessa scanna);
mentre - come s'è sopra rilevato - l'esito positivo della richiesta di sgravio o rimborso comunque non precluderebbe al procuratore presso la Corte dei conti l'esercizio dell'azione di responsabilità, che sarebbe inibito solo dall'esito favorevole al concessionario del suo ricorso alla Corte dei conti del D.P.R. n. 43 del 1988, ex art. 85, comma 3. 4.- In sintesi conclusiva, deve affermarsi che:
a) di fronte all'azione di responsabilità promossa innanzi alla Corte dei conti l'esattore è in grado di difendersi negli stessi termini in cui sarebbe in grado di opporsi al rifiuto dello sgravio innanzi alla stessa Corte;

b) d'altro canto, quando avesse avuto ottenuto lo sgravio in sede amministrativa, tanto non potrebbe precludere l'azione di responsabilità, perché quel provvedimento non costituisce giudicato e dunque nel giudizio davanti alla Corte, che è giudizio sul rapporto ed in materia di diritti soggettivi, non può spiegare alcun effetto preclusivo;

c) non v'è allora ragione per postulare una pregiudizialità del procedimento amministrativo di sgravio rispetto all'azione di responsabilità;

d) ne consegue che la Corte dei conti non solo ha giurisdizione, ma neppure sussisteva alcun ostacolo al suo esercizio. In relazione al quesito posto, va pertanto affermato che la Corte dei Conti ha giurisdizione sulle questioni inerenti ai danni derivati all'erario dalla mancata esazione dei ruoli consegnati per la riscossione al concessionario anche prima ed indipendentemente dallo svolgimento del procedimento amministrativo previsto par l'esame delle domande di rimborso e di discarico (del D.P.R. 43 del 1988, art. 85 e, oggi, del D.Lgs n. 112 del 1999, artt. 19 e 20).
Non v' è luogo a pronuncia sulle spese in relazione alla natura di parte solo in senso formale del Procuratore generale della Corte dei conti.

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