Cass. civ., sez. I, sentenza 13/03/2013, n. 6207

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In tema di recesso da società di capitali, laddove le azioni possedute dal socio receduto siano quotate nel mercato dei titoli, il valore di rimborso a lui spettante deve tener conto esclusivamente delle indicazioni di prezzo fornite dal mercato stesso in relazione a quelle azioni, non potendo, quindi, il titolare di azioni di risparmio dolersi del fatto che, in tal modo, si possa pervenire ad una determinazione di rimborso inferiore a quello spettante ai titolari di azioni ordinarie, non sussistendo alcuna violazione dell'art. 2348 cod. civ., atteso che il principio secondo cui tutte le azioni emesse dalla società attribuiscono uguali diritti trova espressa deroga, nel caso delle azioni di risparmio, nel disposto dell'art. 14, quarto comma, della legge 7 giugno 1974, n. 216.

Il diritto di rimborso spettante al socio che recede, ai sensi dell'art. 2437 cod. civ. (nel testo applicabile "ratione temporis", anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003), da una società con azioni quotate in borsa è rigorosamente ancorato alle quotazioni di mercato registrate nel semestre anteriore al giorno in cui è stata assunta la deliberazione che legittima il recesso.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 13/03/2013, n. 6207
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6207
Data del deposito : 13 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

6207 /13 1 IFICATO N U UTO IB TR N CO Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 17026/2006 Cron. 6207 PRIMA SEZIONE CIVILE Rep. 1016 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott.

FRANCESCO MARIA LORETTI

Presidente - Ud. 20/11/2012 Consigliere PU Dott. S SGO Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA Dott. GIACINTO BISOGNI - Consigliere Rel. Consigliere Dott. A SRI - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 17026-2006 proposto da: C M (C. F. CSSMRC65S29F205F), CASSINIS SILVIA (C.F. CSSSLV63T63F205Q), SELVELLI OTTAVIANO (C. F. SLVTVN19S13F839W), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

MARIANNA DIONIGI

29, presso l'avvocato rappresenta e difendeGREGORI ΤΙΝΑ, che li unitamente agli avvocati VILLANI ALCIDE,

VILLANI

2012 MARCO, giusta procura in calce al ricorso;
1707 ricorrenti

contro

UNIONE DI BANCHE ITALIANE SOCIETA' COOPERATIVA PER AZIONI, nuova denominazione della BANCHE POPOLARI UNITE S.C.P.A. (C.F./P.I. 03053920165) che ha incorporato la BANCA LOMBARDA E PIEMONTESE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GAVINANA

1, presso l'avvocato P F, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GARRONE FLAVIO, giusta procura a margine del controricorso; controricorrente Anv avverso la sentenza n. 692/2005 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/07/2005; udita la relazione della causa svolta nella dal Consigliere 20/11/2012pubblica udienza del Dott. A SRI; udito, per i ricorrenti, l'Avvocato CARMELO RAIMONDO, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito, per la controricorrente, l'Avvocato PECORA che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 2 Svolgimento del processo Nel marzo 1995, M C, S C e O S, titolari di azioni di risparmio del Credito Varesino s.p.a., quotate in borsa, i quali non partecipato alle assemblee che avevano avevano approvato l'operazione di fusione per incorporazione con la Banca Popolare di Bergamo s.coop. a r.l. e che avevano esercitato, a normapertanto dell'art. 2437 comma 1 cod.civ. (nel testo allora vigente) il diritto di recesso loro riconosciuto dalla società, convennero Am in giudizio dinanzi al Tribunale di Bergamo la Banca Popolare di Bergamo- Credito Varesino (ora Banche Popolari Unite s.c.a r.1.) deducendo l'illegittimità o erroneità del metodo, seguito dalla convenuta, per calcolare il valore dei titoli da rimborsare (con la conseguente condanna al pagamento dei maggiori importi non corrisposti), sotto due profili: a) quanto alla individuazione nella data della delibera assembleare che aveva approvato la fusione (anziché nella data di sospensione del titolo da parte della CONSOB a seguito dell'annuncio della deliberazione del progetto di fusione da parte dei rispettivi consigli di amministrazione) del "dies a quo" del semestre di riferimento per il calcolo della media delle quotazioni 3 da utilizzarsi quale parametro di determinazione del valore di rimborso;
b) quanto al riferimento al prezzo medio di borsa, registrato in tale semestre, delle sole azioni della categoria di quelle in concreto possedute dai soci receduti, anziché alla media del valore complessivo di tutte le azioni, indipendentemente dalla categoria, diviso per il numero delle stesse. La società convenuta si costituì in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, che invece il Tribunale accolse, ritenendo: a) che il semestre di riferimento decorrere non dalla data delle deliberedovesse assembleari di approvazione del progetto di fusione bensì da quella in cui i rispettivi Consigli di Amministrazione avevano deliberato di dar corso alla fusione, onde evitare di prendere in considerazione l'influenza sulle quotazioni di mercato determinata dalla notizia del progetto di fusione;
b) che il rimborso doveva avvenire sulla base del valore della quota del patrimonio netto, cioè del valore medio di tutte le azioni, diviso per il numero di esse, atteso che l'art.2437 comma 1 cod. civ. (nel testo anteriore riforma del 2003)alla alcunaconteneva non tra le diverse differenziazione di trattamento categorie di azioni quotate. 4 La Corte d'appello di Brescia, investita del gravame proposto dalla Banche Popolari Unite soc.coop. a in riforma della sentenza di primo resp. lim., ha, grado, rigettato la domanda proposta dai soci receduti. На ritenuto la Corte territoriale, quanto al primo profilo, che l'art. 2437 comma 1 cod. civ., nella formulazione qui da applicare, si limita a prendere in considerazione, quali momenti rilevanti, la deliberazione dell'assemblea e la dichiarazione di py recesso del socio dissenziente, nessun riferimento ponendo ad atti precedenti, peraltro di per sé inidonei а dar luogo alla fusione. E che, sotto il secondo profilo, non risolutivo deve considerarsi il fatto che la norma ricordata (anteriore alla introduzione nell'ordinamento, nel 1974, della categoria delle azioni di risparmio) non ponga distinzioni tra i diversi tipi di azioni, ed invece insuperabile -in quanto espressione di scelte legislative insindacabili- deve considerarsi il fatto che la norma stessa limiti riferimento al patrimonio netto, ai fini della il determinazione dell'importo da rimborsare, al solo caso in cui la società non sia quotata in borsa, mentre dal riferimento, nell'ipotesi opposta, al prezzo medio dell'ultimo semestre si evince che il recedente non può 5 che conseguire l'importo (medio) corrispondente a quello che avrebbe percepito ove mai avesse venduto le sue azioni sul mercato. Avverso tale sentenza, depositata il 21 luglio 2005, M C, S C e O S hanno proposto ricorso a questa Corte sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la Banche Popolari Unite s.c.a r.l.. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano, sia sotto il profilo della violazione di norma di diritto Amy (art. 2437 cod. civ.) sia sotto quello del vizio di motivazione, l'accertamento del dies a quo del semestre di riferimento. Assumono che la interpretazione della Corte non troverebbe fondamento nella formulazione della norma (che non specifica da quale data debba calcolarsi l'ultimo semestre), e d'altra parte sarebbe, oltre che illogica e contraddittoria, contraria alla ratio della norma stessa, che è quella di garantire una valutazione del patrimonio della società non influenzata dalla notizia della fusione. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano, sotto il profilo della violazione di norme di diritto (artt.2437, 2348 e 2350 cod. civ., artt.14 e 15 legge 6 n.216/1974) e sotto quello del vizio di motivazione, il criterio di determinazione del valore di rimborso. Deducono che immotivatamente e erroneamente la Corte ha ritenuto che la norma ha escluso per le azioni quotate il riferimento al valore del patrimonio, visto che il il loro numeroprezzo delle azioni moltiplicato per alcorrisponde valore del patrimonio sociale come valutato dal mercato in quel momento, e per fare tale valutazione Occorre considerare tutte le azioni in circolazione;
aggiungono che del pari erroneamente la suv Corte ha affermato che al socio recedente non può spettare più di quanto ricaverebbe da una vendita delle sue azioni, giacchè il caso in esame non corrisponde affatto ad una libera contrattazione della cessione delle azioni, bensì ad una ipotesi particolare, sulla cui verificazione il socio recedente non ha alcuna possibilità di scelta. Sostengono quindi che il prezzo "medio" sia quello corrispondente all'insieme delle azioni costituenti il capitale sociale, tanto più che ogni azione da eguali diritti (art.2348) e attribuisce il diritto ad una parte proporzionale del patrimonio netto (art.2350). 2. Tali censure -esaminabili congiuntamente in quanto connesse- sono prive di fondamento. Come questa Corte 7 ilha già avuto modo di affermare (Sez.1 n.17012/2004), diritto di rimborso delle azioni spettante al socio che recede da società con azioni quotate in borsa rigorosamente ancorato dall'art.2437, nel testo ante riforma, alle quotazioni di mercato registrate nel semestre anteriore al giorno in cui è stata assunta la deliberazione assembleare che legittima il recesso. Le ragioni fondamentali di tale convincimento, che il Collegio condivide, risultano chiaramente esposte nella pronuncia richiamata, e, fedelmente trasfuse nella sentenza della Corte bresciana, resistono alle critiche prospettate in ricorso.

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