Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/08/2020, n. 17195

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/08/2020, n. 17195
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17195
Data del deposito : 17 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 34966-2018 proposto da: ALITALIA - SOCIETA' AEREA ITALIANA S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE

8 presso lo studio 2020 degli Avvocati MAURIZIO MARAZZA,

MARCO

431 MARAZZA, DOMENICO DE FEO, che la rappresentano e difendono;

- ricorrente -

nonchè da: RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. COMPAGNIA AEREA ITALIANA S.P.A. (già ALITALIA - Compagnia Aerea Italiana S.p.A), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE n. 161, presso lo studio degli avvocati DARIO CLEMENTI, GIAMMARCO NAVARRA, FILIPPO DI PEIO, rappresentata e difesa dagli avvocati MAURIZIO MARAZZA, M M, DOMENICO DE FEO;
- ricorrente successivo -

contro

F S, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati PATRIZIA TOTARO, GIUSEPPE MARZIALE;
- controricorrente ai ricorsi - avverso la sentenza n. 3591/2018 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 05/10/2018 R.G.N. 1393/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2020 dal Consigliere Dott. D B;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per il rigetto del ricorso Alitalia CAI, rigetto dei primi due motivi ricorso Alitalia SAI, rimessione alle SS.UU. sul terzo motivo;
udito l'Avvocato M M;
udito l'Avvocato GIUSEPPE MARZIALE;
udito l'Avvocato PATRIZIA TOTARO. RG 34966/2018

FATTI DI CAUSA

1. S F, già dipendente di Alitalia - Compagnia Aerea Italiana s.p.a. (successivamente Compagnia Aerea Italiana s.p.a., per brevità C.A.I. s.p.a.) impugnava il licenziamento del 31 ottobre 2014 intimatole all'esito della procedura di licenziamento collettivo avviata dalla società e chiedeva di essere reintegrata ex art.2112 c.c. presso la cessionaria Alitalia -Società Aerea Italiana (per brevità Alitalia S.A.I. s.p.a.).

2. In fase sommaria, il Tribunale adito dichiarava la nullità del licenziamento ordinando ad Alitalia S.A.I. s.p.a. la reintegra della Fancello nel posto di lavoro e condannava entrambe le società convenute al pagamento dell'indennità risarcitoria, pari alle retribuzioni mensili dal 10 novembre 2014 all'effettiva reintegra.

3. All'esito del giudizio di opposizione, il Tribunale di Roma, respinte le eccezioni di inammissibilità delle domande, di incompetenza territoriale e di decadenza dall'azione;
ritenuta altresì infondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da Alitalia S.A.I., escludeva la nullità del licenziamento, poiché il trasferimento di azienda non poteva ritenersi quale unico motivo determinante del recesso, essendo effettiva la situazione di crisi che aveva determinato conseguenze sul piano dell'occupazione. Riteneva invece la violazione dei criteri di scelta ex art. 5, primo comma, legge n. 223 del 1991, in quanto la società C.A.I. non aveva dimostrato l'assunto posto a base del recesso, ossia l'infungibilità della Fancello rispetto ad altri lavoratori, in ragione dell'unicità della posizione da lei ricoperta e ritenuta dalla società in posizione di esubero. Annullava il licenziamento e applicava la sanzione prevista al comma 3 del predetto art. 5. 4. Pronunciando sui reclami proposti dalle due società e dalla Fancello, la Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 3591 del 2018, rigettava quello proposto da Alitalia S.A.I. in amministrazione straordinaria e il reclamo incidentale proposto S F;
in parziale accoglimento del reclamo proposto da C.A.I. s.p.a. e in parziale riforma della reclamata sentenza, nel resto confermata, quantificava la retribuzione globale di fatto nell'importo mensile di euro 2.050,87 anziché nella misura di euro 2.327,25, come stabilito in prime cure.

5. La Corte di appello, per quanto rileva ancora nella presente sede, svolgeva, in sintesi, le seguenti considerazioni. RG 34966/2018 5.1. Correttamente il primo giudice ha ritenuto la domanda proponibile, a norma della legge n. 92 del 2012 (c.d. rito Fornero) dal momento che, a norma dell'art. 1 commi 47 e 48, possono essere proposte domande diverse da quelle di impugnativa del licenziamento che presentino tuttavia la medesima causa petendi ovvero di cumulo con quelle proposte ex art. 18, come ad esempio in fattispecie delle quali vi sia comunanza di causa petendi, comunanza almeno parziale del petitum ma non di parti. Pertanto, una volta azionata dal lavoratore un'impugnativa di licenziamento postulando l'applicabilità delle tutele previste dall'art. 18 dello statuto, salvo il limite delle prospettazione artificiose, deve trovare ingresso il procedimento speciale previsto dalla legge 92 del 2012, a prescindere ovviamente dalla fondatezza delle allegazioni e delle pretese e senza che la veste formale assunta dalle relazioni giuridiche tra le parti possa precludere tale accesso. Dunque anche la domanda proposta nei confronti di Alitalia S.A.I. rientra in tale perimetro, trattandosi di domanda connessa con l'impugnazione del licenziamento ex art. 18 Statuto lavoratori, per pregiudizialità e per titolo.

5.2. Altrettanto condivisibile è la soluzione del primo giudice circa la ritenuta violazione dei criteri di scelta ex art. 5 legge 223 del 1991. Sulla scorta delle risultanze testimoniali è emerso che la lavoratrice era stata collocata in mobilità quale risorsa assegnata in posizione di lavoro in esubero senza concorrenza di altri lavoratori;
le risultanze probatorie avevano, però, dimostrato l'insussistenza del criterio applicato per licenziare la Fancello, essendo rimasto accertato che la posizione di lavoro non era risultata in esubero e che i compiti che connotavano la stessa erano proseguiti, implementati e affidati ad altri lavoratori.

5.3. Infondata è la censura vedente sulla erronea applicazione della tutela reintegratoria anziché di quella meramente risarcitoria, atteso che la violazione dei criteri di scelta costituisce vizio più radicale rispetto a quello meramente procedimentale e dunque non è neppure suscettibile di sanatoria a mezzo della clausola contenuta nell'accordo del 24 ottobre 2014, con il quale le parti avevano concordato di sanare ogni eventuale vizio della procedura e dei relativi adempimenti.

5.4. Quanto all'indennità risarcitoria, va considerato che il limite di dodici mensilità previsto dal quarto comma dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori costituisce il ( limite massimo fissato per l'ipotesi in cui la reintegra intervenga a distanza di oltre un _ RG 34966/2018 anno del recesso, come nel caso di specie, mentre è diversa la tutela risarcitoria di cui al comma 5 dell'articolo 18, dei cui criteri la società Alitalia CAI aveva lamentato la mancata considerazione (anzianità di servizio, condizioni delle parti, dimensione dell'attività economica ed altro).

5.5. E' invece fondata la censura relativa alla quantificazione della retribuzione mensile, dovendo essere espunta la voce CIGS ed invece aggiunte, alle voci indicate dalla società (stipendio base, scatti, superminimo), anche le indennità di campo e l'indennità giornaliera Il ricalcolo corretto porta ad un totale di euro 2050, 87 mensili. In tal senso va parzialmente riformata la sentenza di primo grado.

5.6. In merito alla censura svolta dall'Alitalia S.A.I. in amministrazione straordinaria concernente l'eccezione di decadenza ex art. 32 legge 183 del 2010, la contestazione mossa dalla reclamante non ha interessato la seconda ratio decidendi su cui la sentenza di primo grado si fonda, secondo cui - peraltro condivisibilmente - la fattispecie in esame non ricade nell'alveo applicativo né della lett. c) né della lett. d) del comma 4 dell'art. 32. 5.7. È da confermare l'interpretazione del comma 4-bis dell'art. 47 cit., introdotto dal d.l. 135 del 2009, conv. in I. n. 166 del 2009, recante disposizioni urgenti per l'attuazione degli obblighi comunitari, in ottemperanza a quanto deciso dalla sentenza della

CGUE

11 giugno 2009, adottata all'esito della procedura di infrazione promossa alla Commissione dei confronti del Governo italiano. La Corte di giustizia ha ritenuto che la precedente formulazione della legge n. 428 del 1990 (commi 5 e 6 dell'art. 47), che escludeva l'applicabilità dell'art. 2112 c.c., oltre che ai casi di imprese fallite e in liquidazione coatta amministrativa, anche alle imprese in stato di crisi a norma dell'art. 2 lett. C) della legge 12 agosto 1977 n. 675, violasse la Direttiva n. 2001/23/CE. La Corte di Giustizia ha infatti osservato che la deroga prevista all'art. 5, par. 1 della Direttiva non è estensibile anche ai casi di crisi d'impresa dichiarata ai sensi della legge n. 675 del 1977. Il par. 39 della sentenza precisa che non può ritenersi che la procedura di accertamento dello stato di crisi aziendale sia teso ad un fine analogo a quello perseguito nell'ambito della procedura di insolvenza né che essa si trovi sotto il controllo di autorità pubblica competente. La deroga al divieto di licenziamenti in occasione del trasferimento di azienda può operare, secondo la direttiva, nell'ambito della procedura latu sensu liquidativa RG 34966/2018 dell'impresa cedente, assoggettata al controllo dell'autorità pubblica (art. 5, par. 1), mentre nelle ipotesi in cui cedente versi in una situazione di crisi aziendale (o sia stata aperta una procedura di insolvenza, ma senza che l'obiettivo sia la liquidazione dei beni del cedente) l'accordo tra cessionario, cedente e rappresentanti dei lavoratori non può prevedere deroghe alla continuità del rapporto di lavoro (art. 5, par. 2 lett. b) e par. 3). Dal tenore delle statuizioni della Corte e dal vincolo che la Direttiva unitaria, pur non immediatamente precettiva, pone al giudice nazionale di pervenire ad una interpretazione conforme del diritto interno a quello dell'Unione, discende che i "termini" e "le limitazioni previste dall'accordo" cui fa riferimento il comma 4-bis dell'art. 47 della legge n. 428/1990 devono essere intesi nel senso che l'accordo non può prevedere limitazioni al diritto dei lavoratori di passare all'impresa cessionaria, ma semplicemente la modifica delle condizioni di lavoro al fine del mantenimento dei livelli occupazionali. Il diritto al trasferimento dei rapporti di lavoro dei dipendenti della cedente alla cessionaria è infatti garantito dalle previsioni dell'art. 4 della Direttiva e le limitazioni concernono, secondo il dettato dell'art. 5, par. 2 lett. b) e par. 3) unicamente la possibilità di prevedere modifiche alle condizioni di lavoro. Tale interpretazione si impone in considerazione delle precise argomentazioni rese dalla Corte di Giustizia alle quali il Collegio è tenuto ad adeguarsi, tenuto conto che l'obbligo di interpretazione conforme da parte dei giudici nazionali ha ad oggetto non solo gli atti normativi dell'Unione Europea, ma anche l'interpretazione che di essi dia la Corte di Giustizia. Il vincolo del giudice ordinario alle sentenze della Corte di giustizia - interpretative o pronunciate in esito ad un ricorso per infrazione - deriva dal ruolo assegnato dai Trattati alla Corte di Giustizia quale interprete autentico del diritto dell'Unione Europea. Ne consegue che C.A.I. e Alitalia S.A.I. sono tenute all'applicazione delle regole di cui all'art. 2112 c.c. e alla reintegrazione della lavoratrice.
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