Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/07/2023, n. 20239

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La nullità della clausola che contiene il patto di prova determina la automatica conversione dell'assunzione in definitiva sin dall'inizio ed il venir meno del regime di libera recedibilità sancito dall'art. 1 della l. n. 604 del 1966, con la conseguenza che il recesso "ad nutum", intimato in assenza di valido patto di prova, equivale ad un ordinario licenziamento - soggetto alla verifica giudiziale della sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo -, il quale, nel regime introdotto dal d.lgs. n. 23 del 2015, è assoggettato alla regola generale della tutela indennitaria di cui all'art. 3, comma 1, del predetto d.lgs., non essendo riconducibile ad alcuna delle specifiche ipotesi, di cui al successivo comma 2 del menzionato art. 3, nelle quali è prevista la reintegrazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/07/2023, n. 20239
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20239
Data del deposito : 14 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Numero registro generale 34395/2018 Numero sezionale 1893/2023 Numero di raccolta generale 20239/2023 AULA 'A' Data pubblicazione 14/07/2023 Oggetto R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L A C O R T E S U P R E M A D I C A S S A Z I O N E R.G.N. 34395/2018 SEZIONE LAVORO Cron. Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. Dott. G R - Presidente - Ud. 06/04/2023 Dott. F G - Consigliere - PU Dott. A P - Rel. Consigliere - Dott. F A - Consigliere - Dott. G M - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 34395-2018 proposto da: VENAFRA MARIA GENOVEFFA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE ROBINIE 71, presso lo studio dell'avvocato V F G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato V F;

- ricorrente -

2023 contro 1893 CAPGEMINI ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio Numero registro generale 34395/2018 dell'avvocato M M, che la rappresenta e Numero sezionale 1893/2023 Numero di raccolta generale 20239/2023 difende;
Data pubblicazione 14/07/2023

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 83/2018 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 21/05/2018 R.G.N. 1222/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/04/2023 dal Consigliere Dott. A P;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PAOLA FILIPPI visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Milano, respingendo gli appelli di M G V e di Cini Italia s.p.a., ha confermato la sentenza di primo grado che, accertata la nullità del patto di prova apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti, aveva dichiarato la estinzione del rapporto di lavoro per effetto del recesso datoriale motivato con il mancato superamento del periodo di prova e condannato la società datrice di lavoro a corrispondere alla lavoratrice, ai sensi dell'art. 3, comma, 1 d. lgs. n.23 del 2015, un'indennità corrispondente a quattro mensilità della retribuzione, quantificata in complessivi € 8.333, 32, oltre accessori, dalla data del recesso al saldo.

2. La Corte distrettuale ha condiviso la valutazione di prime cure in punto di nullità del patto di prova per mancata specificazione delle concrete mansioni alle quali sarebbe stata adibita la lavoratrice e per mancata indicazione del profilo professionale attribuito;
ha escluso la esistenza di un motivo illecito determinante il licenziamento;
ha ritenuto Numero registro generale 34395/2018 Numero sezionale 1893/2023 che le conseguenze dell'illegittimo recesso datoriale intimato sulla base di un patto di Numero di raccolta generale 20239/2023 prova nullo non fossero riconducibili alla fattispecie regolata dal comma 2 dell'art. 3 d. Data pubblicazione 14/07/2023 lgs. n. 23 del 2015, implicante l'applicazione della tutela reale, ma regolate dal comma 1 dell'art. 3 d. lgs. cit., con applicazione, quindi, della sola tutela cd. indennitaria, in concreto determinata in quattro mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre accessori.

3. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M G V sulla base di quattro motivi. Cini Italia s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso, illustrato con memoria depositata ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.

4. Il PG ha concluso per il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2 d. lgs. n. 23 del 2015 o, in subordine, dell'art. 1418 cod. civ. Sostiene che in carenza di un valido ed efficace patto di prova il licenziamento intimato per mancato superamento della stessa è nullo, ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., per contrasto con l'art. 1 della legge n. 604 del 1966, norma imperativa posta a tutela di interessi rilevanti ai sensi degli artt. 1, 4, 35, 36, 41, comma 2, Cost.;
rimarca la “totale carenza” di potere in capo alla parte recedente per essere il licenziamento stato intimato al di fuori delle causali tipizzate dalla legge, collocandosi, quindi, all'esterno del perimetro nell'ambito del quale l'ordinamento, con disposizione di natura imperativa (art. 1 cit.), consente l'esplicazione del potere datoriale di recesso;
osserva che sul piano delle tutele applicabili, la configurazione come nullo del recesso datoriale comportava l'applicazione della tutela reintegratoria piena ex art. 2, comma 1, d. lgs. n. 23 del 2015, o, in subordine, della tutela di diritto comune – ripristino del rapporto e risarcimento del danno-;
contesta la applicabilità della sola tutela indennitaria ai sensi dell'art. 3 d. lgs. cit. sul rilievo che il licenziamento in oggetto non era ingiustificato ma illecito per assenza di causale;
evidenzia che a fronte dell'allegazione datoriale del diritto di recedere ad nutum ai sensi degli artt. 2096 c.c. e 10 della l. n. 604 del 1966, la verifica giudiziale non potrebbe investire il diverso profilo della fondatezza del recesso per il principio di immodificabilità della motivazione del licenziamento e della tipizzazione delle cause di recesso.

1.1. Prospetta la questione di legittimità costituzionale, per eccesso di delega, ove Numero registro generale 34395/2018 Numero sezionale 1893/2023 la tutela ex art. 2 comma 1, d. lgs. cit. dovesse ritenersi preclusa dalla necessità di Numero di raccolta generale 20239/2023 previsione espressa della nullità dell'atto di recesso. Data pubblicazione 14/07/2023 2. Con il secondo motivo di ricorso, svolto in via gradata, deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto per avere il Giudice d'appello, sul presupposto che il licenziamento de qua fosse da considerare semplicemente privo di giusta causa, ritenuta applicabile la tutela di cui all'art. 3, comma 1, d. lgs. n. 23 del2015;
reitera l'argomentazione a conforto della nullità del recesso, perché fondato su un giudizio di asserita inidoneità della lavoratrice, non consentito dall'art. 1 l. n. 604 del 1966, ed invoca in relazione a tale aspetto la tutela piena accordata dall'art. 2 d. lgs n. 23 del 2015 (ovvero, in subordine, la tutela cd. di diritto comune.

3. Con il terzo motivo, svolto in via ulteriormente gradata, deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per avere la sentenza impugnata, sul presupposto che il licenziamento de qua fosse da considerare semplicemente privo di giusta causa, ritenuta applicabile la tutela dell'art. 3 comma 1 d. lgs n. 23 del 2015, omettendo di considerare, alla luce della allegazioni della lavoratrice e delle stesse difese della società, la natura ontologicamente disciplinare del licenziamento e la pacifica insussistenza di qualsivoglia fatto materiale contestato, attesa la inosservanza della procedura prescritta dall'art. 7 l. n. 300 del 1970 in ipotesi di licenziamento intimato per motivi disciplinari.

4. Con il quarto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione di norma di diritto censurando la sentenza impugnata in punto di conferma della misura della indennità risarcitoria, misura che assume frutto dell'applicazione del solo parametro aritmetico rappresentato dall'anzianità di servizio, laddove l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 3, comma 1 d. lgs. n. 23 del 2015 avrebbe imposto di differenziare il trattamento di situazioni eterogenee, nel rispetto dell'art. 3 Cost secondo l'insegnamento della sentenza n. 194 del 2018 della Corte costituzionale.

5. Il primo motivo di ricorso è da respingere in quanto la ricostruzione alla base delle censure

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