Cass. pen., sez. IV, sentenza 17/03/2022, n. 09020

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 17/03/2022, n. 09020
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09020
Data del deposito : 17 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: D'ASCENZO GIUSEPPE nato a MONTENERO DI BISACCIA il 14/01/1952 avverso l'ordinanza del 22/04/2021 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSOudita la relazione svolta dal Consigliere D C;
lette le conclusioni del PG

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di Campobasso con ordinanza del 22-27 aprile 2021 ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell'interesse di Giuseppe D'Ascenzo, che è stato sottoposto agli arresti domiciliari per 48 giorni, in esecuzione dell'ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Larino del 9 ottobre 2014, in relazione ai reati di truffa aggravata (capo n. 1 dell'editto) e di violazione dell'art. 55-quinquies, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'art. 69, comma 1, del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (capo n. 2), accuse da cui è stato assolto dal Tribunale di Larino con sentenza del 13 giugno 2019, divenuta irrevocabile il 12 novembre 2019. 2.Ricorre per la cassazione dell'ordinanza, tramite Difensore di fiducia, Giuseppe D'Ascenzo, che si affida a due motivi con i quali denuncia violazione di legge (entrambi i motivi) e difetto di motivazione (il secondo motivo).

2.1. Con il primo motivo lamenta nullità del provvedimento impugnato per violazione del diritto di difesa e del contraddittorio (artt. 111 Cost. e 178, lett. c, cod. proc. pen.). Rammentato che il procedimento si è svolto, attesa l'emergenza pandemica, attraverso modalità cartolari, il ricorrente si duole della ritenuta violazione del proprio diritto di difesa per non essere venuto a conoscenza del contenuto della corposa memoria difensiva depositata dall'Avvocatura dello Stato, con allegati, cinque giorni prima dell'udienza camerale, memoria espressamente richiamata nell'ordinanza impugnata e sulla quale il ricorrente non ha avuto modo di interloquire. Si rileva «che, se anche il sottoscritto fosse venuto a conoscenza di tale deposito, si sarebbe comunque trovato nella impossibilità di replicare, sia a causa della ristrettezza dei tempi sia perché né l'art. 127 c.p.p. né l'art. 23 bis d.l. n. 137/2020 prevedono la possibilità di replica alle conclusioni o alla memoria difensiva avversaria», osservando che «l'unica soluzione che il Collegio avrebbe potuto percorrere sarebbe stata quella di rinviare l'udienza d'ufficio onde consentire al ricorrente di poter replicare e conciliare, in tal modo, le misure emergenziali con il diritto di difesa» (così alla p. 5 del ricorso).

2.2. Con il secondo motivo censura la ritenuta erronea applicazione dell'art. 314, comma 1, cod. proc. pen. e, nel contempo, vizio di motivazione, che si ritiene essere carente, contraddittoria e manifestamente illogica. Richiamati più precedenti di legittimità stimati pertinenti, si evidenzia che l'ordinanza impugnata si sarebbe basata esclusivamente sugli stessi elementi già posti alla base del provvedimento cautelare, svolgendo la medesima valutazione delle assenze dell'imputato dal posto di lavoro già poste in essere dal G.i.p. il 9 ottobre 2014 e poi dal Tribunale per il riesame, senza però dare conto delle emergenze dibattimentali valutate dal Tribunale nella sentenza assolutoria. In particolare, la Corte di appello di Campobasso si sarebbe limitata a riproporre acriticamente le stesse valutazioni del G.i.p. circa i "motivi strettamente personali" alla base dell'allontanamento dall'ufficio, motivi poi esclusi nella sentenza assolutoria (p. 6), ed inoltre quelle del Tribunale per il riesame a proposito della "sproporzione" del "tempo di allontanamento" dall'ufficio e delle dichiarazioni del coimputato I, secondo cui il ricorrente gli avrebbe ordinato allontanarsi per fare la spesa per lui, valutazioni che si additano ad «elementi evanescenti ed irrilevanti» (p. 8 del ricorso) e comunque svalutate nella sentenza del giudice della cognizione. Non sarebbero stati considerati in modo autonomo e completo tutti gli elementi probatori disponibili. L'ordinanza sarebbe illogica e contraddittoria alla p. 4 (ove si legge che «Altro discorso è poi sottolineare, come pure si sottolinea nella sentenza del Tribunale di Larino, la contraddittorietà o meglio la insufficienza del quadro probatorio emerso, in quanto nella maggior parte dei casi gli accertamenti furono effettuati su base documentale, e non attraverso servizi di osservazione e pedínamento, o ancora osservare come, in alcuni casi, la brevità dell'allontanamento non integrasse il danno erariale») in cui si richiama un passaggio che si segnala, in realtà, non essere presente nella motivazione della sentenza del Tribunale di Larino e che, comunque, contiene elementi favorevoli al ricorrente. Ancora: il passaggio motivazionale che si rinviene alla p. 5 dell'ordinanza impugnata, in cui si afferma, con valutazione "ora per allora", che la custodia cautelare era legittima denota un approccio che confonde il ruolo del giudice della riparazione con quello del giudice del riesame o dell'appello. Si chiede, dunque, l'annullamento dell'ordinanza, con vittoria di spese.
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