Cass. pen., sez. II, sentenza 01/04/2020, n. 11055
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da HEDA RYSZARD PIOTR n. in Polonia il 28/6/1967 avverso la sentenza resa dalla Corte d'Appello di Messina in data 29/5/2018 visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere dott. A M D S;udito il PM, nella persona del sostituto procuratore generale dott. E C, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso RITENUTO IN FATTO 1.Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Messina confermava la decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 13/11/2015, che aveva riconosciuto l'imputato colpevole della detenzione a fini di vendita di utensili privi di marchio CE o con marchio palesemente contraffatto nonché dell'acquisto degli stessi beni di provenienza delittuosa, condannandolo alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 400,00 di multa, previo riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui all'art. 648, comma 2, cod.pen.2. Ha proposto ricorso per Cessazione il difensore dell'imputato, deducendo: 2.1 il travisamento della prova e la mancanza di motivazione in relazione all'art. 474 cod.pen, avendo i giudici d'appello evaso le censure difensive che sostenevano l'innocuità del falso con motivazione apparente, senza chiarire le ragioni per le quali la merce sarebbe stata facilmente confondibile con quella originale ed idonea ad indurre in errore un acquirente di comune avvedutezza;2.2 la carenza e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla mancata riqualificazione del fatto ex art. 712 cod.pen. e all'omessa considerazione delle censure relative al rilievo solo amministrativo dell'immissione sul mercato di merci prive del marchio CE. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Il secondo motivo concernente il rilievo del marchio CE ha carattere preliminare ed assorbente e risulta fondato nei termini che seguono. All'imputato è contestata la detenzione per la vendita di prodotti con marchio CE mancante o palesemente contraffatto e, in particolare, di beni quali manometri, trapani, saldatori, lampade, batterie al litio, ingrassatori, martelli pneumatici. Osserva la Corte che l'uso indebito del marchio CE non integra le ipotesi criminose di cui agli artt. 473, 474 cod.pen., le quali fanno riferimento al marchio inteso come elemento (segno o logo) idoneo a distinguere il singolo prodotto industriale rispetto ad altri ( secondo le coordinate interpretative evincibili dall'art. 2569 cod.civ. e dal R.D. 21 giugno 1942, n. 929 e succ. mod.), e non al marchio inteso come elemento che serve ad attestare la conformità del prodotto appartenente ad una determinata tipologia a normative specifiche. La ragione di tutela del marchio consiste, infatti, nella capacità dello stesso di caratterizzare e distinguere un prodotto dall'altro ed appunto tale funzione giustifica il monopolio del segno e l'esclusività del suo uso. Invece, la funzione del marchio "CE" è quella di tutelare interessi pubblici come la salute e la sicurezza degli utilizzatori dei prodotti, appartenenti ad una determinata tipologia, assicurando che essi siano conformi a tutte le disposizioni comunitarie che prevedono il loro utilizzo. La marcatura CE, dunque, non funge da marchio di qualità o d'origine, ma costituisce un puro marchio amministrativo, che segnala che il prodotto marcato può circolare liberamente nel mercato unico dell'UE ( in tal senso Sez. 2, n. 36228 del 19/06/2009, Wang, Rv. 245594;negli stessi termini Sez. 5, n. 5068 del 26/10/2012 - dep. 2013, E ed altro, Rv. 254652 secondo cui integra il reato di frode nell'esercizio del commercio - e non quello di cui all'art. 474 cod. pen. - l'apposizione di una falsa marcatura "CE" su beni posti in commercio che ne siano privi, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 515 cod. pen. fa riferimento al marchio come elemento che serve ad attestare la conformità del prodotto a normative specifiche, ed è posta a tutela degli acquirenti dei beni, o22L. siano essi consumatori finali oppure commercianti intermediari nella catena distributiva, mentre la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 474 cod. pen. fa riferimento al marchio come elemento (segno o logo) idoneo a distinguere il singolo prodotto industriale rispetto ad altri).
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