Cass. pen., sez. V, sentenza 03/05/2023, n. 18475
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SALVATO FABIO nato a MESSINA il 23/12/1969 avverso la sentenza del 05/10/2020 della CORTE APPELLO di MESSINAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO S S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore M F L che ha concluso chiedendo per l'inammissibilità del ricorso. udito il difensore L'avvocato S S si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l'accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 ottobre 2020, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, proscioglieva F S dai reati ascrittigli ai capi A, B e C (l'attività di gestione del risparmio altrui e due episodi di bancarotta preferenziale), per il decorso del termine di prescrizione e, così, rideterminava, nella misura indicata in dispositivo, la pena inflitta al medesimo ai residui capi D, D1 ed E. Ai suddetti capi era ascritto al prevenuto il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere sottratto dal proprio patrimonio, essendo stato dichiarato fallito in proprio quale imprenditore di fatto, con sentenza del 10 dicembre 2010, beni vari (al capo D dei lingotti d'oro e degli orologi di pregio;
al capo D1 degli arredi di lusso;
al capo E ingenti somme, pari a oltre 300.000 euro, in deposito presso un conto corrente bancario).
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale osservava quanto segue. Il prevenuto non aveva negato di avere svolto attività di investimento per il soggetto in rubrica indicato ed era emerso che l'avesse compiuta anche per altri investitori, come docunnentalmente confermato dalle emergenze bancarie, così proseguendo (rispetto a quanto già contestatogli in un procedente processo) l'illecita attività professionale, organizzata e continuativa. L'imputato era stato dichiarato fallito come imprenditore di fatto, in riferimento ad entrambe le attività imprenditoriali di fatto svolte, di gestione e di investimento di patrimoni altrui, di mercante di oggetti artistici e non solo alla seconda, come affermato dalla difesa. Quanto alle condotte distrattive, le stesse erano state denunciate dal curatore fallimentare e l'imputato non le aveva neppure negate nella loro materialità, solo contestandone la natura depauperatoria. Non era stato violato il divieto di ne bis in idem, rispetto al processo celebrato in data antecedente nei confronti dell'imputato, posto che l'attività di gestione del risparmio altrui, oggetto di entrambi i processi, era, nell'odierna imputazione, temporalmente successiva a quella già giudicata.
2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando le proprie censure in quattro motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell'art. 39 cod. proc. civ..Il prevenuto, collezionista di opere d'arte ed appassionato investitore, aveva iniziato un'attività di gestione dei risparmi altrui, riscuotendo grande successo. Aveva tuttavia generato guadagni tali da sollecitare l'attenzione degli enti regolatori che avevano
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO S S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore M F L che ha concluso chiedendo per l'inammissibilità del ricorso. udito il difensore L'avvocato S S si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l'accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 ottobre 2020, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, proscioglieva F S dai reati ascrittigli ai capi A, B e C (l'attività di gestione del risparmio altrui e due episodi di bancarotta preferenziale), per il decorso del termine di prescrizione e, così, rideterminava, nella misura indicata in dispositivo, la pena inflitta al medesimo ai residui capi D, D1 ed E. Ai suddetti capi era ascritto al prevenuto il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere sottratto dal proprio patrimonio, essendo stato dichiarato fallito in proprio quale imprenditore di fatto, con sentenza del 10 dicembre 2010, beni vari (al capo D dei lingotti d'oro e degli orologi di pregio;
al capo D1 degli arredi di lusso;
al capo E ingenti somme, pari a oltre 300.000 euro, in deposito presso un conto corrente bancario).
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale osservava quanto segue. Il prevenuto non aveva negato di avere svolto attività di investimento per il soggetto in rubrica indicato ed era emerso che l'avesse compiuta anche per altri investitori, come docunnentalmente confermato dalle emergenze bancarie, così proseguendo (rispetto a quanto già contestatogli in un procedente processo) l'illecita attività professionale, organizzata e continuativa. L'imputato era stato dichiarato fallito come imprenditore di fatto, in riferimento ad entrambe le attività imprenditoriali di fatto svolte, di gestione e di investimento di patrimoni altrui, di mercante di oggetti artistici e non solo alla seconda, come affermato dalla difesa. Quanto alle condotte distrattive, le stesse erano state denunciate dal curatore fallimentare e l'imputato non le aveva neppure negate nella loro materialità, solo contestandone la natura depauperatoria. Non era stato violato il divieto di ne bis in idem, rispetto al processo celebrato in data antecedente nei confronti dell'imputato, posto che l'attività di gestione del risparmio altrui, oggetto di entrambi i processi, era, nell'odierna imputazione, temporalmente successiva a quella già giudicata.
2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando le proprie censure in quattro motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell'art. 39 cod. proc. civ..Il prevenuto, collezionista di opere d'arte ed appassionato investitore, aveva iniziato un'attività di gestione dei risparmi altrui, riscuotendo grande successo. Aveva tuttavia generato guadagni tali da sollecitare l'attenzione degli enti regolatori che avevano
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