Cass. pen., sez. V, sentenza 13/01/2021, n. 01170

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 13/01/2021, n. 01170
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01170
Data del deposito : 13 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: G AIO nato a PANTELLERIA il 12/02/1956 avverso la sentenza del 19/12/2018 della CORTE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A T;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIETTA PICARDI che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude riportandosi alle conclusioni scritte depositate. udito il difensore L'avvocato C insiste per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata, emessa 19 dicembre 2018, la Corte d'appello di Roma ha confermato la decisione del tribunale in sede del 16 dicembre 2016, con la quale è stata affermata la responsabilità di A G per i reati di cui agli artt. 497-bis e 482-477 cod. pen.. 2.Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato per mezzo del difensore, avv. Nicola C, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge in riferimento al diniego dell'art. 131-bis cod. pen., fondato sulla ritenuta continuazione tra reati che, tuttavia, nel caso in esame risultano commessi nella medesima unità di tempo e di luogo. Contesta, altresì, la sussistenza dell'ipotesi aggravata di cui all'art. 497- bis cod. pen., ritenuta in assenza di contestazione ed in violazione dell'art. 521 cod. proc. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1.Nella disamina del ricorso, assume rilievo prioritario la questione relativa alla contestazione dell'ipotesi aggravata di cui all'art. 497-bis cod. pen., il cui limite edittale è ex se ostativo all'applicazione della causa di non punibiilità invocata.

1.1. S'appalesano infondate le deduzioni proposte in riferimento alla stessa configurabilità, nel caso in esame, della violazione del principio di correlazione in riferimento all'art. 497-bis, comma secondo, cod. pen., in presenza dell'indicazione, nell'imputazione, della condotta di detenzione di una carta d'identità corredata dalla fotografia dello stesso imputato, come tale concorrente nell'attività di formazione del documento. L'affermazione di responsabilità non ha avuto, difatti, ad oggetto un'ipotesi criminosa difforme da quella contestata, pur se tale da potervi ricondurre il fatto materialmente descritto nell'imputazione, ma è stata, piuttosto, riferita ad una fattispecie aggravata ritenuta correttamente contestata, anche se non esattamente identificata nei richiami normativi in detta imputazione formalmente indicati. Il punto sul quale essenzialmente finisce per insistere il ricorso, dedotto sulla sussistenza dell'aggravante, è pertanto quello dell'ammissibilità della contestazione in fatto. Donde la questione si sposta sui diversi e successivi piani della legittimità della contestazione in fatto e delle statuizioni emesse al riguardo dalla Corte territoriale.

1.2. Sull'ammissibilità della contestazione in fatto di aggravanti, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 751 del 18 aprile 2019, Sorge, Rv. Rv. 275436) hanno statuito - in tema di falso in atto pubblico, ma con valutazioni di portata generale - come "Non può essere ritenuta in sentenza dal giudice la fattispecie aggravata del reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell'art. 476, comma 2, cod. pen., qualora la natura fide facente dell'atto considerato falso non sia stata esplicitamente contestata ed esposta nel capo di imputazione con la precisazione di tale natura o con formule alla stessa equivalenti, ovvero con l'indicazione della norma di legge di cui sopra". Muovendosi nel solco dei contrastanti indirizzi ermeneutici consolidatisi sulla specifica questione
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