Cass. civ., sez. II, sentenza 08/01/2018, n. 00192
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Testo completo
to la seguente SENTENZA sul ricorso 13128-2013 proposto da: PROIETTI SAVINA ANNARITA, PROIETTI SAVINA FAUSTO, RAUZINO LUIGIA MARIA, PROIETTI SAVINA ANTONIO, PROIETTI SAVINA MARIA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LATINA 57-I, presso lo studio dell'avvocato C R, che li rappresenta e difende;2017 - ricorrenti - 2836 contro PROIETTI SAVINA IRIDE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA EMILIANI 48, presso lo studio dell'avvocato A P, che la rappresenta e difende;- controricorrente - nonchè contro PROIETTI S M;- intimato - avverso la sentenza n. 5943/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 27/11/2012;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/2017 dal Consigliere Dott. A O;udito il P.M. in persona del Sostituto Pcuratore Generale Dott. L C che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso e per l'assorbimento dei restanti motivi;udito l'Avvocato A R, con delega depositata in udienza dell'Avvocato C R, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;udito l'Avvocato P A difensore della resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso. Fatti di causa P S R conveniva in giudizio nel 1992 innanzi al Tribunale di Roma i propri germani M e I al fine di ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni relati dai propri comuni •defunti genitori P S P e P V. L'attore precisava che taluni dei beni ereditati, consistenti in vari terreni agricoli ed immobili in atti specificamente individuati, erano già stati amichevolmente divisi, da tre decenni, con accordo consacrato in scrittura privata. Chiedeva, quindi, di dichiarare acquisiti per usucapione gli immobili già singolarmente posseduti da oltre trenta anni e e di provvedere allo scioglimento della comunione quanto ai rimanenti beni ancora indivisi. Si costituivano in giudizio la Pietti Savina Iride che - dando atto dell'accordo di cui alla scrittura privata risalente al 13 maggio 1981- chiedeva a di procedere alla divisione tenendo presenti i criteri di cui alla stessa (che, fra l'altro, prevedeva il proprio esclusivo godimento della casa paterna alla via Veneto in località C), opponendosi alla declaratoria di usucapione pure richiesta dall'attore. Il fratello Pietti Savina Mario, costituitosi in giudizio, non si opponeva alle domande formulate dal germano Romolo con l'atto introduttivo del giudizio.Con sentenza n. 8389/2006 l'adito Tribunale rigettava la domanda ritenendo insussistente la prova della proprietà dei singoli cespiti in carico ai danti causa delle parti in giudizio, compensando le spese. Avverso l'anzidetta decisione del Tribunale di prima istanza, della quale chiedevano la riforma, interponevano appello R Luigia Maria e Pietti Savina Maria, Annarita, Fausto èd Antonio, tutti quali eredi dell'originario attore nelle more deceduto. Resistevano le parti appellate Pietti Savina M e I. L'adita Corte di Appello di Roma, con sentenza 5943/2012, dichiarava aperta la successione di Pietti Savina Pietro e di P V, dichiarava che sugli individuati beni relati concorrevano per la quota di 1/3 gli eredi dell'originario attore egIi altri due convenuti germani e dichiarava, infine, lo scioglimento della comunione ereditaria tra le parti secondo il progetto di divisione elaborato dal CTU del 2 maggio 2003 e di cui in atti, assegnando di conseguenza in piena ed esclusiva proprietà i singoli beni con previsione di pagamento dell somme a conguaglio di cui in atti e compensando interamente le spese del doppio grado del giudizio. Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte distrettuale ricorrono la R e gli altri già indicati eredi dell'originario attore con atto affidato a cinque ordini di motivi. e Resistono con controricorso la Pietti Savina Iride. Non ha svolto attività difensiva la rimante parte intimata. Nell'approssimarsi dell'udienza ha depositato memoria, ai sensi dell'art. 378 c.p.c., le parti ricorrenti R ed altri. Ragioni della Decisione 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione degli artt. 713, 762, 762 e 1121 c.c. ai sensi dell'art. -360, n. 3 c.p.c.. I ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte territoriale avrebbe errato stimando fra i beni da dividere anche quelli che si allegavano come divisi bonariamente e riconnpresi nella divisione contrattuale di cui all'anzidetta scrittura privata. Il motivo, così come proposto, non può essere accolto. Parti ricorrenti prospettano la rilevanza della scrittura privata asseritamente intervenuta inter partes e che avrebbe sancito una divisione, quantomeno parziale dei beni relati. Senonchè in ricorso non è trascritto né riportato, neppure nelle sue parti rilevanti, la detta scrittura privata. La medesima censura qui in esame, quindi, è , in punto, carente sotto il profilo del compiUto adempimento degli oneri connessi all'ossequio del noto principio di autosufficienza. Si sarebbe, infatti, dovuto procedere -ad onere della parte ricorrente- alla riproduzione diretta del contenuto dei documenti fondanti, secondo l'allegata prospettazione, la censura mossa all'impugnata sentenza ( Cass. civ., Sez. V, Sent. 20 marzo 2015, n. 5655) ovvero, ancora, adempiere puntualmente almeno l'onere di indicare specificamente la sede (fascicolo di ufficio o di parte di uno dei pregressi gradi del giudizio) ove rinvenire i detti documenti ( Cass. civ., Sez. VI. Ord. 24 ottobre 2014, n. 22607). Infatti, secondo noto principio già affermato dalle S.U. di questa Corte, "in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del d.lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366, sesto comma c.p.c. , oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto (e dove sia stato. prodotto nelle fasi di merito)" (cfr., per tutte . Cass. SS.UU. 2 dicembre 2008, n. 28547). Deve, infine, ribadirsi che, "in tema di giudizio di cassazione, ove il ricorrente abbia lamentato un travisamento della prova, solo la specifica allegazione degli elementi idonei al riscontro del prospettato travisamento può fondare l'ammissibilità della censura" ( Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 25 maggio 2015, n. 10749). E tanto in quanto - diversamente- la censura è , in punto, carente sotto il profilo del compiuto adempimento degli oneri connessi all'ossequio del noto principio di autosufficienza allorchè - come in ipotesi- non si è correttamente proceduto, ad onere della parte ricorrente, alla riproduzione diretta del contenuto dei documenti fondanti, secondo l'allegata prospettazione, la censura mossa all'impugnata sentenza ( Cass. civ., Sez. V, Sent. 20 marzo 2015, n. 5655) ovvero, ancora, non si è adempiuto puntualmente almeno l'onere di indicare specificamente la sede (fascicolo di ufficio o di parte di uno dei pregressi gradi del giudizio) ove rinvenire i detti e documenti- (Cass. civ., Sez. VI. Ord. 24 ottobre 2014, n. 22607). In ogni caso la medesima e solo citata scrittura privata del 13 maggio 1981 è stata, correttamente, ritenuta dalla Corte distrettuale - con motivazione logica e neppure colta dal motivo- come un elemento di cui si è "tenuto conto...come forma divisoria...e concretamente adottata". Il motivo è, pertanto, inammissibile. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, ex art. 360, n. 3 c.p.c., il vizio di violazione degli artt. 535, 724, 725 , 737 ,747 e 750 c.c..Si prospetta che la Corte distrettuale avrebbe errato non stimando il diritto di uso di cui godeva la Pietti Savina Iride. Il motivo è infondato. La Pietti Savina Iride, anche in forza della anzidetta scrittura privata, fin dal 1981 godeva legittimamente quantomeno come usuaria o come destinataria di bene oggetto di divisione parziale (e, quindi, come proprietaria) del bene di cui si lamenta il mancato computo ai fini divisionali. D'altra parte neppure il motivo coglie e contesta la ratio della decisione gravata con la quale la Corte distrettuale - pur procedendo concretamente alla divisione tenendo conto della scrittura del 13 maggio 1981- ha espressamente specificato che le disposizioni di cui alla stessa scrittura "non avevano valore obliterativo delle quote degli stipulanti come emerge evidente dal tenore e dalle singole attribuzioni operate" e, quindi, dalla destinazione del bene goduto dalla Pietti Savina Iride alla stessa. La Corte distrettuale ha logicamente ed espressamente spiegato -in nulla validamente contrastato dagli oderini ricorrenti- che "l'occupazione (del detto immobile) da parte della Sig.ra Iride nasceva da un* titolo a godere in via esclusiva senza che gli altri coeredi potessero vantare alcunché a titolo di indennità".Il motivo va, dunque, respinto. 3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano, genericamente (ovvero senza indicazione del parametro normativo di riferimento della violazione) l'omessa valutazione di beni ereditari e/o valutazione di beni che non potevano essere valutati". Il motivo è inammissibile per una duplice ragione. Innanzitutto la doglianza è formulata genericamente senta la dovuta, puntuale e specifica indicazione del parametrop normativo di riferimento alla cui stregua si svolge la doglianza. Inoltre la stessa, nel suo complesso, risulta inerire questione costituente -allo stato degli atti- questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione. Il motivo è, pertanto, del tutto inamniissibile. Infatti "i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio." ( Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 30 marzo 2007, n. 7981 ed, ancora e più di recente, Sez. 6 - 1, Ordinanza, 9 luglio 2013, n. 17041). 4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed, in particolare degli artt. 535, 757 , 1:147 e 1148 c.c. nonché dell'art. 163 c.p.c e norme collegate anche in combinato disposto fra loro". Il motivo attiene , ancora, alla questione dell'immobile in uso esclusivo in favore della Pietti Savina Iride. Si sostiene l'erroneità della sentenza gravata per non aver la stessa esaminato il dato del valore locativo del medesimo immobile. Il motivò va respinto per lo stesso ordine di ragioni innanzi già analogamente esposte sub 2. 5.- Con il quinto motivo del ricorso si deduce l'omesso esame, da parte della Corte di Appello, della richiesta dei ricorrenti di vedersi attribuita la piena proprietà del già citato immobile in C. La Corte avrebbe , secondo la prospettazione dei ricorrenti disatteso senza motivazione la loro detta istanza. Il motivo non può essere accolto. La Corte distrettuale ha dato logicamente conto della interpretazione e della ratio della scrittura privata del 13 maggio 1981 (non contestata ed anche invocata, pur se ad altri fini, dai ricorrenti ) del 13.5. 1981. lo Dalla medesima scrittura (viceversa trascritta dalla controricorrente) emerge, come rilevato dalla medesima , in modo assorbente, che per quanto in essa, all'art. 9, disposto a titolo di divisione la menzionata casa C veniva assegnata alla germana I. Il motivo è, perciò, infondato e va respinto. 6.- Il ricorso va, quindi, rigettato. 7.- Le spese seguono la soccombenza e, per l'effetto, si determinano così come in dispositivo. 8.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 del D.P.R. n. 115/2002.
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