Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/01/2022, n. 00862

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/01/2022, n. 00862
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00862
Data del deposito : 13 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

l'intera durata del rapporto.

2. La CTR, dato atto del fatto che la curatela fallimentare, dopo avere in primo grado abbandonato la domanda concernente il diniego di de- trazione, aveva instato per la sola disapplicazione delle relative san- zioni, stante «l'obiettiva incertezza circa l'interpretazione della nor- ma» (cfr. p.2 sentenza) ha ritenuto, da un canto, che non fosse stata tardivamente proposta la domanda di annullamento delle sanzioni, atteso che detta richiesta doveva ritenersi già implicitamente ma chiaramente contenuta nella originaria domanda di totale annulla- mento dell'avviso.

3. D'altro canto, il giudice d'appello, sulla scorta del fatto che prima dell'emanazione della sentenza della Corte di Giustizia Halifax del 21.2.2006 nella causa C-255/02, con la quale era stato compiuta- mente individuato e definito l'istituto dell'abuso del diritto, «esisteva una obiettiva situazione di incertezza circa la legittimità o meno di determinate condotte, come quella per cui è causa» (cfr. p.4 della sentenza gravata), ha ritenuto che ciò costituisse ragione idonea ad escludere l'applicazione delle sanzioni, a mente dell'art.8 del D.Lgs. 546/1992. 4. L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due moti- vi, mentre la società contribuente non si è difesa. Il Collegio della Se- zione VI-5, con ordinanza n.22644/2015 depositata in data 5.11.2015, a seguito della discussione in camera di consiglio, ha rite- nuto non sussistenti i presupposti ex art.375 cod. proc. civ. per la de- cisione con il rito camerale, per assenza di precedenti giurispruden- ziale e di manifesta evidenza decisoria, e la causa è stata rimessa alla presente udienza pubblica della Sezione V civile - tributaria. Ragioni della decisione 5. Deve essere, in via preliminare, esaminata la questione degli effetti derivanti dalla circostanza che le conclusioni del Procuratore generale sono state formulate e spedite alla cancelleria della Corte in data 31 marzo 2021, dunque tardivamente (di un giorno) rispetto al termine prescritto dall'art. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 137 del 2020 (conver- tito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020), che lo individua nel «quindicesimo giorno precedente l'udienza» (nella specie corri- spondente al 30 marzo), prevedendo poi - in conformità alla regola generale - che i difensori delle parti possono depositare memorie ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ. «entro il quinto giorno antecedente l'udienza». Il Collegio ritiene che la tardività sia fonte di nullità processuale di ca- rattere relativo, la quale, pertanto, resta sanata a seguito dell'acquie- scenza delle parti ai sensi dell'art. 157 cod. proc. civ. Premesso, infat- ti, che l'intervento del Procuratore generale nelle udienze pubbliche dinanzi alle Sezioni unite civili e alle Sezioni semplici della Corte di cassazione è obbligatorio - a pena di nullità assoluta rilevabile d'uffi- cio ex artt. 70 cod. proc. civ. e 76 ord. giud. - in ragione del ruolo svolto dal Procuratore generale a tutela dell'interesse pubblico, la tempestività dell'intervento, in relazione al disposto del citato art. 23, comma 8-bis del d.l. n. 137/20, opera invece esclusivamente a tutela del diritto di difesa delle parti, con la conseguenza che deve ritenersi rimessa a queste ultime la facoltà - e l'onere - di eccepirne la tardivi- tà, in base alla disciplina prevista per le nullità relative.

6. Con il primo motivo di ricorso - ai sensi dell'art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. - l'Agenzia deduce la violazione degli artt.112 cod.- proc.civ. e 24 del d.lgs. n.546 del 1992 per il fatto che il giudice d'ap- pello abbia provveduto ultra petita partium, sull'erroneo presupposto che la domanda - per quanto non espressamente formulata - si tro- vasse in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamen- te formulate. In tal modo il giudicante avrebbe violato il menzionato art.24, consentendo una inammissibile mutatio libelli sulla scorta di una domanda del tutto nuova rispetto a quella originale.

7. Il motivo è inammissibile. La CTR ha affermato non già che la do- manda relativa alla non applicabilità delle sanzioni fosse da conside- rarsi in rapporto di necessaria connessione, ma bensì che detta do- manda dovesse ritenersi implicitamente ma chiaramente proposta dalla parte ricorrente con l'atto introduttivo di primo grado e, sotto il profilo evidenziato, la censura è incongruente con la decisione. Inoltre, ai fini di eventualmente valutare la sussistenza dell'errore de- nunciato la parte ricorrente avrebbe dovuto innanzitutto dettagliare con modalità rispettose dei canoni di decisività e autosufficienza come fosse stata effettivamente prospettata la domanda dalla parte ricor- rente nel primo grado di giudizio, solo in tal modo essendo dato alla Corte di effettuare una verifica in concreto dell'esistenza del vizio va- lorizzato.

8. Non è d'altronde da sottacere che anche nel percorso logico di sus- sunzione della censura nel paradigma processuale di vizio valorizzato si anniderebbe una ulteriore ragione di inammissibilità del motivo di impugnazione. Si deve qui rimarcare che è stato molte volte enuncia- to dalla Corte Suprema il principio secondo il quale: «L'interpretazio- ne della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi ab- bia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanza- ta - ed era compresa nel "thema decidendum" - tale statuizione, an- corché in ipotesi erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricom presa tra quelle da decidere, il difetto di ultra petizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato l'erroneità di quella medesima motivazione. In tal caso, il dedotto errore del giudi- ce non si configura come "error in procedendo", ma attiene al mo- mento logico relativo all'accertamento in concreto della volontà della parte, e non a quello inerente a principi processuali, sicché detto er- rore può concretizzare solo una carenza nell'interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unica- mente sotto il profilo del vizio di motivazione». (Cass. Sez. L, Senten- za n. 2630 del 05/02/2014, Rv. 630372 - 01;
conforme, Cass. Sez. L, Sentenza n. 21874 del 27/10/2015, ‘Rv. 637389 - 01).
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