Cass. pen., sez. I, sentenza 28/10/2021, n. 39004

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 28/10/2021, n. 39004
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 39004
Data del deposito : 28 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: TOCCO PAOLO nato a CAGLIARI il 16/01/1964 avverso l'ordinanza del 10/03/2021 della CORTE APPELLO di CAGLIARIudita la relazione svolta dal Consigliere M I;
lette/saatite le conclusioni del PG Tg2,1 C.52Lk LSL d 2 k aulum-g-QUAtae ìtAm„. v ertéM 3-i-ott~A-41_ Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza in data 10 marzo 2021 la Corte di appello di Cagliari, pronunciando quale giudice dell'esecuzione, accoglieva parzialmente la richiesta avanza da P T, giudicato con sentenza della medesima Corte dell'i luglio 2013, irrevocabile 11 luglio 2014, e condannato alla pena complessiva di anni cinque e mesi quattro di reclusione per i delitti di cui agli artt. 81 cpv., 629 e 609- bis cod. pen., e, per l'effetto, revocava la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici e la sostituiva con l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ai sensi dell'art. 29 cod. pen.. Respingeva, invece, la richiesta volta ad ottenere la declaratoria di estinzione della predetta sanzione perché già espiata per decorso del lasso di tempo di anni cinque dalla irrevocabilità della sentenza di cóndanna.

2. Ricorre per cassazione P T per il tramite del difensore, avv.to F L S, il quale ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato in quanto inficiato da erronea applicazione della legge processuale penale e da illogicità e contraddittorietà della motivazione. Secondo il ricorrente, gli arresti giurisprudenziali citati nell'ordinanza non consentono che l'esecuzione della pena accessoria avvenga senza atti di iniziativa del Pubblico Ministero, che nel caso non ricorrono. In realtà, poiché l'imputato non è pubblico dipendente, ma esercita una libera professione, i riferimenti operati dalla Corte di . appello non sono pertinenti perché la condanna a pena detentiva superiore a cinque anni ha comportato in perpetuo ed ipso iure lo status irreversibile di soggetto impossibilitato ad esercitare pubblici uffici. Pertanto, ritenere che l'esecuzione della pena accessoria non sia mai iniziata costituisce una assurdità giuridica e morale;
al contrario, deve constatarsi che qualunque forma di interdizione, che sia da un'arte, da una professione, dalla capacità di contrattare con la pubblica amministrazione o anche, più semplicemente, dal porre in essere atti giuridicamente rilevanti, non può dipendere nella sua concreta attuazione dall'attività del P.M., in quanto operante giuridicamente con la decisione definitiva che la dispone.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. Fulvio Baldi, ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata per la fondatezza del motivo col quale il ricorrente ha dedotto la violazione di legge nella parte in cui è stata disposta l'applicazione della pena "accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici in assenza di richiesta da parte del pubblico ministero. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e non merita, dunque, accoglimento. k) 1. In via preliminare si ritiene opportuno focalizzare l'attenzione sull'esatta formulazione della domanda che il condannato aveva rivolto al giudice dell'esecuzione.

1.1. Sul presupposto della riportata condanna irrevocabile alla pena complessiva di anni cinque e mesi quattro di reclusione per i reati di cui agli artt. 629 e 609-bis cod. pen. -frutto dell'unificazione per continuazione tra il reato di maggiore gravità, quello di cui all'art. 629 cod. pen. punito con pena di anni tre e mesi sei di reclusione, e di quello ulteriore di cui all'art. 609-bis cod. pen. sanzionato con anni uno e mesi dieci di reclusione- aveva dedotto l'illegalità della pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, disposta con la sentenza di condanna già passata in giudicato, perché non giustificata dall'entità delle pene inflitte per ciascuno dei reati confluiti in quello unico continuato, inferiori ad anni, cinque. Aveva dunque sollecitato l'intervento correttivo del giudice dell'esecuzione con la «conseguente rideterminazione della stessa entro i parametri stabiliti dall'art. 29 comma 1 c.p., riportandola alla durata massima di anni cinque, ad oggi peraltro abbondantemente decorsi, essendo intervenuto il giudicato penale in data 01.07.2014, di tal che deve esserne altresì dichiarata l'estinzione».

1.2. L'istanza era quindi finalizzata ad ottenere la sostituzione della pena accessoria illegale con quella prevista per legge dall'art. 29, comma 1, cod. pen. per conseguire poi la declaratoria di estinzione per già avvenuto decorso del periodo di cinque anni a far data dalla formazione del giudicato di condanna, ossia dall'i luglio 2014. 2 Tanto premesso, contrariamente a quanto ritenuto dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, la doglianza formulata in ricorso non addebita al giudice dell'esecuzione di avere provveduto all'applicazione d'ufficio della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici in assenza di istanze del pubblico ministero, quanto di avere omesso di riscontrarne la già avvenuta espiazione per il decorso di un lasso di tempo pari alla sua durata, decorrente dalla sentenza irrevocabile di condanna. L'assunto difensivo muove dalla considerazione in punto di diritto, per la quale nei confronti di soggetti condannati che non siano pubblici dipendenti l'esecuzione della sanzione complementare di cui all'art. 29 cod. pen. non richiede un'attivazione del pubblico ministero in funzione attuativa del giudicato «in quanto operante giuridicamente in stretta interconnèssione con la decisione definitiva che la consacra» (pag. 2 del ricorso), nell'intervallo di tempo fra la data di irrevocabilità della pronuncia e quella del compimento del periodo previsto dalla legge.
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