Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 03/06/2020, n. 10530

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 03/06/2020, n. 10530
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10530
Data del deposito : 3 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

ORDINANZA sul ricorso 3044-2016 proposto da: POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE EUROPA

190, (AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE), presso lo studio dell'Avvocato R C, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

P S, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 140, presso lo studio dell'avvocato P A, che la rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2336/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 29/07/2015 R.G.N. 2459/2013. /ì RG. 3044/2016 Adunanza camerale 30 aprile 2019 RILEVATO che la Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 29.7.2015, ha rigettato il gravame interposto da Poste Italiane S.p.A., nei confronti di S P, avverso la pronunzia n. 18232/2012, resa in data 8.11.2012 dal Tribunale della stessa sede, che - pronunciandosi sul ricorso di Poste Italiane S.p.A., in riassunzione del giudizio di opposizione all'esecuzione iniziata dalla Polito con atto di precetto notificato il 22.6.2010 e successivo pignoramento del 2.8.2010 - aveva dichiarato che l'opposta aveva titolo ad agire esecutivamente nei confronti della società in forza del predetto precetto, limitatamente alla somma già oggetto di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione con ordinanza del 21.3.2011, depositata in data 23.3.2011;
che per la cassazione della sentenza Poste Italiane S.p.A. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, cui la Polito ha resistito con controricorso;
che sono state depositate memorie nell'interesse della lavoratrice;
che il P.G. non ha formulato richieste CONSIDERATO che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'art.615 c.p.c. in relazione all'art. 474, primo comma, c.p.c., «per l'inesistenza di un titolo alla base dell'esecuzione intrapresa da S P», per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che potesse costituire titolo idoneo per il riconoscimento delle retribuzioni relative al periodo in contestazione - richieste dalla lavoratrice nell'atto di precetto, per l'importo di Euro 95.148,56 - la sentenza della Suprema Corte n. 14194/2009, che ha cassato la sentenza di appello, <2) in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 615 c.p.c. in relazione all'art. 474, primo e secondo comma, c.p.c., <3) in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 32, commi 5 e 6, della I. n. 183 del 2010, <4) in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. «con riferimento all'omesso accertamento e detrazione del c.d. aliunde perceptum dalle retribuzioni>>, nonché dell'art. 2697 c.c. «con riferimento all'onere della prova>>;
che i primi due motivi - da trattare congiuntamente per ragioni di connessione - non sono fondati, perché la Corte territoriale è pervenuta alla decisione oggetto del presente giudizio uniformandosi agli ormai consolidati arresti giurisprudenziali di legittimità nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene - ed ai quali, ai sensi dell'art.118 Disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr. Cass., SS.UU. n. 11066/2012 e, tra le molte, Cass. nn. 9488/2014;
23159/2014;
24635/2016;
14167/2017) -, secondo cui la sentenza che contiene la condanna generica al pagamento di un credito non specificamente determinato, ma determinabile anche con calcoli aritmetici, costituisce valido titolo esecutivo ai sensi dell'art. 474 del codice di rito: pertanto, l'accertamento contenuto nel provvedimento giudiziale addotto come titolo esecutivo può essere integrato attraverso l'apporto probatorio proveniente dalla parte istante, o da fonti normative, ovvero con semplici calcoli aritmetici effettuati sulla scorta di dati desumibili da atti e documenti prodotti in giudizio. Ed alla luce di tale consolidato orientamento, prive di fondamento appaiono le deduzioni della società ricorrente relativamente al fatto che la sentenza della Suprema Corte n. 14194/2009, di cui si è detto innanzi, non possa costituire un valido titolo esecutivo per richiedere le retribuzioni dal 17.8.2005 al 19.11.2009, relative ad un periodo successivo alla sentenza di primo grado confermata, non contenendo alcun riferimento alla dette retribuzioni;
giacché, lo si ribadisce, «Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, comma 2, n. 1), c.p.c., non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, in quanto è consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purché le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo>> (cfr. Cass.14167/2017, cit.). Pertanto, correttamente, i giudici del gravame hanno ritenuto che il credito della Polito fosse assistito dal requisito della liquidità (v., in particolare, pag. 2 della sentenza impugnata), avendo esteso l'esame, a tal fine, oltre che al contenuto della sentenza del Tribunale, anche agli atti ritualmente formatisi o acquisiti nel relativo giudizio, conformemente, appunto, all'ormai consolidato orientamento relativo alla interpretazione extratestuale del titolo esecutivo sopra citato;
che il terzo motivo non è fondato, perché, alla stregua degli arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte (cfr. Cass., SS.UU., n. 21621/2016;
e, tra le molte, Cass. nn. 1844/2012;
16266/2011), la I. n. 183 del 2010 si applica ai rapporti pendenti, ad eccezione dei casi in cui si sia formato il giudicato relativamente al capo della sentenza con il quale erano state regolate le conseguenze risarcitorie;
e, poiché non vi sono dubbi sul fatto che, nella fattispecie, sulla misura del risarcimento del danno parametrato alle retribuzioni dalla data del ricorso si sia formato il giudicato, la disposizione invocata dalla società ricorrente non può trovare applicazione in sede esecutiva;
che neppure il quarto motivo può essere accolto, in quanto la Corte di merito ha condivisibilmente sottolineato che la ricorrente <richiesta cui, condivisibilmente, i giudici di merito non hanno dato seguito, in quanto meramente esplorativa e non suffragata da alcun elemento obiettivo;
ed invero, <ciò, in quanto potrebbe determinarsi una protrazione della fase istruttoria priva di qualsiasi utilità, anche per la stessa parte istante, a danno del principio della ragionevole durata del processo» (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 31757/2018;
26943/2007);
che, per le considerazioni svolte innanzi, il ricorso deve essere respinto;
che le spese del giudizio di legittimità - liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell'art. 93 c.p.c., in favore del difensore della Polito, avv. Pietro Amura, dichiaratosi antistatario - seguono la soccombenza;
che, avuto riguardo, infine, all'esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002
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