Cass. civ., sez. III, sentenza 14/11/2019, n. 29491
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In materia di esecuzione forzata, il contratto di locazione di immobile pignorato, se stipulato dopo il pignoramento e in assenza dell'autorizzazione del giudice ex art. 560, comma 2, c.p.c., ancorché valido tra le parti, non è opponibile alla procedura esecutiva, alla quale è invece opponibile il pagamento effettuato al locatore dal conduttore in buona fede ex art. 1189 c.c. (in deroga alla regola dell'inefficacia del pagamento al non legittimato), senza che in proposito rilevi l'intervenuta trascrizione del pignoramento, essendo rilevante solo il momento in cui il locatario sia venuto a conoscenza dell'esistenza della procedura; pertanto, il custode giudiziario nominato dal giudice ex art. 559, comma 2, c.p.c. - pur non avendo titolo per pretendere nuovamente il pagamento dei canoni di locazione già riscossi - può agire sia nei confronti dello stesso locatore per la ripetizione di quanto indebitamente percepito (ex art. 2033 c.c.), sia con l'azione risarcitoria nei confronti del conduttore al fine di ottenere, in caso di mancato subentro nel contratto e previa dimostrazione dell'ammontare del danno da occupazione "sine titulo", la differenza tra quest'ultimo importo e quanto già corrisposto al locatore a titolo di canoni di locazione.
Sul provvedimento
Testo completo
o t n o e v m i t a a s r r g e e v t l n i a o o t t u a b g i i l tr b n b o ORIGINALE o c e l t a n 2949 1 -2019 d e r e r r o o c i i r e R REPUBBLICA ITALIANAITA lt u IN NOME DEL POPOLO ITALIANO OCCUPAZIONE SENZA TITOLO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 681/2018 TERZA SEZIONE CIVILE Cron.29491 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. e.
1. Presidente Dott. ADELAIDE AMENDOLA - Ud. 21/06/2019 Consigliere Dott. CIARA GRAZIOSI PU Consigliere Dott. E IO Consigliere Dott. M DLL'UTRI Rel. Consigliere Dott. M G ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 681-2018 proposto da: DI C C in qualità di custode giudiziario dei beni staggiti nella procesura esecutiva n. r.g.e. 98/98, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da C D C difensore di se medesimo;
ricorrente - 2019 contro 1447 DI M A, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli Avvocati VINCENZO NOCERA, GIUSEPPE MAURIELLO;
controricorrente - avversO la sentenza n. 1012/2017 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 20/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/06/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per l'accoglimento del ricorso in particolare del motivo 2;
udito l'Avvocato FILIPPO HERNANDEZ per delega;
لائل udito l'avvocato VINCENZO NOCERA anche per GIUSEPPE MAURIELLO;
1 2 Rg n. 681-2018 FATTI DI CAUSA Carmine D C ricorre, avvalendosi di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 1012/2017 della Corte d'Appello di Salerno, pubblicata il 20 ottobre 2017 e notificata il 3 novembre 2017. Resiste con controricorso A D M. Il ricorrente, custode giudiziario dei beni staggiti nella procedura esecutiva immobiliare n.r.g.e. 98/98 pendente dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, espone di aver chiamato in giudizio, dinanzi al Tribunale di Salerno, l'odierna resistente per sentir dichiarare l'inefficacia e l'inopponibilità alla massa dei creditori del contratto di locazione avente ad oggetto l'appartamento sito in Angri, Corso Italia n. 89, stipulato verbalmente con gli eredi di Gerardo M dopo l'atto di pignoramento e l'illegittima detenzione dell'immobile nonché per ottenerne la condanna al risarcimento del danno per illegittima occupazione e al pagamento delle spese processuali. Il giudice adito, con sentenza n. 694/2009, rigettava la domanda, ritenendo che A D M possedesse l'immobile in buona fede, avendo stipulato un contratto con coloro che apparivano i legittimi proprietari dell'immobile e che non ne fosse stata provata la mala fede ex art. 1147 c.c. La Corte d'Appello di Salerno, nella pronuncia qui impugnata, investita del gravame dall'odierno ricorrente, sull'assunto che essa fosse viziata per errata interpretazione dell'art. 560 c.p.c., confermava la pronuncia di prime cure e regolava le spese di lite in forza del principio di soccombenza. Il Collegio giudicante, pur ritenendo "in minima parte fondate" le motivazioni dell'appellante, escludeva che esse conducessero all'accoglimento del gravame. Premesso che, dopo il pignoramento, l'unico soggetto legittimato ad esercitare i diritti nascenti dal contratto di locazione, compresa la riscossione dei canoni di locazione, è il locatore custode, il giudice adito escludeva che la locazione stipulata dai proprietari fosse tamquam non esset, ritenendola soltanto inopponibile alla massa dei creditori, e reputava che Annunziata Di Mauro avesse ignorato in buona fede la pendenza della procedura esecutiva;
in aggiunta, considerato che il custode giudiziario si era surrogato al custode 3 Rg n. 681-2018 precedente del bene pignorato e che aveva cominciato a riscuotere dalla conduttrice i canoni di locazione fino all'effettivo rilascio dell'immobile, il giudice escludeva che A D M potesse essere ritenuta responsabile di aver cagionato un danno e riteneva che il custode avrebbe dovuto rivolgere la propria domanda nei confronti dell'esecutato che, quale custode del bene, ne aveva percepito indebitamente i frutti senza metterli a disposizione della procedura. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo il ricorrente imputa alla sentenza gravata di aver violato l'art. 112 c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La Corte d'Appello avrebbe erroneamente tratto dalla pronuncia di legittimità n. 196124/2016 · · relativa ad una fattispecie diversa da quella per - cui è causa, trattandosi lì della spettanza dei canoni di locazione derivanti da un contratto stipulato dal locatore successivamente al pignoramento la - conclusione che la locazione stipulata dal locatore successivamente alla procedura esecutiva continuasse con il subentro del custode al locatore, oltre ad aver inesattamente ritenuto che la domanda proposta nei confronti di A D M riguardasse la validità del contratto di locazione. La richiesta formulata nei suoi confronti, al contrario, era sempre stata quella di una pronuncia di inefficacia del contratto relativamente alla massa dei creditori, con conseguente inefficacia del titolo di detenzione e correlativa richiesta di risarcimento dei danni per occupazione illegittima. ро In sostanza, la Corte d'Appello avrebbe trasformato una domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno per occupazione sine titulo in una domanda volta ad ottenere il pagamento dei canoni di locazione, rilevando d'ufficio un vizio diverso da quello fatto valere dalle parti ed attribuendo un bene della vita, il canone di locazione, non richiesto e diverso dall'indennità per occupazione sine titulo effettivamente domandata.
2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 65 e 560 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Rg n. 681-2018 Le norme indicate in epigrafe, pur essendo state esattamente individuate sì da essere applicate alla fattispecie concreta, sarebbero state fatte oggetto di una erronea interpretazione, sicché la Corte territoriale avrebbe ritenuto che il custode giudiziario fosse subentrato nel contratto di locazione e ne avesse percepito regolarmente i canoni e che, di conseguenza, non potesse agire nei confronti della conduttrice per occupazione senza titolo, dovendosi rivolgere al debitore esecutato per ottenere la restituzione dei canoni di locazione illegittimamente percepiti;
tutto ciò in assenza di prova che il subentro del custode giudiziario nel contratto di locazione fosse stato autorizzato, senza verifica che il soggetto che aveva percepito i canoni di locazione fosse il locatore custode del bene e, ancora più a monte, senza deduzione dell'avvenuta stipulazione del contratto di locazione e dell'effettivo pagamento dei canoni.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza o del procedimento e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5, c.p.c. Dal verbale di udienza del 10 ottobre 2008, che la Corte d'Appello non avrebbe esaminato, sarebbe emerso, ad avviso del ricorrente, che la stipulazione del contratto di locazione e il pagamento dei relativi canoni non erano stati provati. Dal verbale si evinceva, infatti, il rigetto della richiesta di prova testimoniale formulata da A D M proprio allo scopo di dimostrare che gli eredi M si erano qualificati come proprietari dell'appartamento locato e che i canoni di locazione ad esso relativi erano stati regolarmente pagati nella mani di Elena M dall'ottobre 2004 al dicembre 2006 La tesi del ricorrente è che, non essendovi prova della stipulazione del contratto di locazione, non sarebbe stato possibile subentrarvi e che il subentro avrebbe dovuto essere autorizzato dal giudice dell'esecuzione, il quale, invece, aveva autorizzato l'esercizio dell'azione tendente al risarcimento del danno per occupazione sine titulo, perché ritenuta più efficace per realizzare gli interessi della massa dei creditori. 5 Rg n. 681-2018 Per di più la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che A D M avesse pagato i canoni di locazione, prima al locatore custode, senza neppure accertare che Emilia M rivestisse la qualità di erede e fosse quindi custode dell'immobile, e poi al custode giudiziario subentratogli nella custodia, mentre, invece, le somme versate da Annunziata Di Mauro trovavano causa nella stipulazione di un contratto temporaneo di locazione con la custodia giudiziaria come emergerebbe dal verbale di immissione nel possesso, di talché non vi sarebbe stato alcun subentro nel precedente contratto da parte del locatore-custode.
4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente e per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. Quanto sostenuto dal ricorrente è che la sentenza d'appello sia giunta alle medesime conclusioni di quella di primo grado, ma seguendo un iter logico- giuridico assai diverso, non motivato e in contrasto con le premesse accolte.
5. I motivi sono connessi e possono essere oggetto di esame congiunto. La questione è se il custode giudiziario avesse titolo per agire risarcitoriamente nei confronti di un soggetto che deteneva l'immobile sulla scorta di un contratto di locazione inopponibile alla massa dei creditori e che asseriva di aver corrisposto il canone di locazione al locatore fino al momento in cui era venuto a conoscenza della procedura esecutiva. I punti fermi dai quali partire sono i seguenti: 1) posta la natura personale e non reale degli effetti del contratto di locazione, è del tutto irrilevante che Elena M avesse titolo legittimo per disporre dell'immobile e quindi è inconferente l'accertamento che fosse erede dei coniugi