Cass. civ., sez. VI, ordinanza 08/05/2018, n. 11014
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to la seguente ORDINANZA sul ricorso 19759-2016 proposto da: FIORENTINO SERAFINA, FIORENTINO DANIELA, SESSA IDA, domiciliate in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentate e difese giusta procura a margine del ricorso dall'avvocato M E;- ricorrenti -contro FALLIMENTO FIORENTINO MCHELA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO POLIZIANO 76, presso lo studio dell'avvocato M M, rappresentato e difeso dall'avvocato D A in virtù di procura in calce al controricorso;- controricorrente - avverso la sentenza n. 2496/2015 della CORTE D'APPELLO di N, depositata il 04/06/2015;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/02/2018 dal Consigliere Dott. M C;Lette le memorie depositate dal controricorrente;MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La curatela fallimentare di F M, deducendo che nelle more della procedura concorsuale era deceduto F G, genitore della fallita, lasciando a sé superstiti ab intestato il coniuge S I, e le figlie S, M e D, chiedeva procedersi alla divisione giudiziale dei beni relitti, comprendenti alcuni immobili siti in Sorrento alla via Santa Maria delle Grazie ad alla via degli Aranci. Nella resistenza delle convenute, che contestavano il diritto della curatela a richiedere lo scioglimento della comunione, all'esito dell'istruttoria, il Tribunale di Torre Annunziata con la sentenza n. 557/2009, rigettava la domanda in quanto non risultava che la curatela avesse previamente accettato l'eredità. La Corte d'Appello di Napoli con la sentenza n. 2496 del 4 giugno 2015, non definitivamente pronunziando, accoglieva la domanda di scioglimento della comunione promossa dal fallimento, e previa declaratoria di non comoda divisibilità dei beni in comunione, disponeva procedersi alla vendita previa delega ad un notaio. Dopo avere disatteso l'eccezione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi, osservava che doveva reputarsi intervenuta un'accettazione tacita dell'eredità da parte del curatore, per effetto della stessa proposizione della domanda di scioglimento della comunione ereditaria. Ric. 2016 n. 19759 sez. M2 - ud. 15-02-2018 -2- Né poteva rilevare la mancata autorizzazione di cui all'art. 35 della legge fallimentare, posto che la sua assenza implica una semplice annullabilità dell'atto suscettibile però di essere fatta valere solo dalla parte nel cui interesse è stabilita dalla legge, e cioè da parte degli stessi organi fallimentari. Inoltre, poteva reputarsi che la stessa autorizzazione del giudice delegato alla proposizione della domanda di divisione potesse equivalere ad implicita autorizzazione anche ad accettare l'eredità. Quanto invece al dedotto difetto di legittimazione passiva delle appellate, la Corte distrettuale osservava che risultava provata la qualità di chiamate, alla luce della certificazione anagrafica, mentre quanto all'avvenuta accettazione dell'eredità, la stessa doveva reputarsi intervenuta tacitamente a seguito dell'invio della raccomandata del 6/5/2002, con la quale le convenute avevano dichiarato alla curatela che intendevano esercitare il diritto di prelazione sulle quote ereditarie, all'esito dell'asta pubblica che sarebbe stata indetta. Poiché il diritto di prelazione è strettamente inerente alla qualità di coerede, è evidente che l'intento di avvalersene implicava la volontà di adire l'eredità. Quanto al merito della divisione, la sentenza di appello rilevava che i beni apparivano non comodamente divisibili, non essendo dato formare quote in natura omogenee e corrispondenti al valore delle quote ideali, dovendosi quindi disporsene la vendita dell'intero a mezzo di un notaio delegando. S I, Fiorentino S e Fiorentino D hanno proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di un motivo. La curatela del fallimento ha resistito con controricorso. Ric. 2016 n. 19759 sez. M2 - ud. 15-02-2018 -3- Con un unico motivo di ricorso si denunzia la violazione degli artt. 1326, 1346, 1372 e 1418 co. 2 c.c., nonché degli artt.436 e 732 c.c. nella parte in cui si è ritenuto che la missiva del 6 maggio 2002 potesse configurarsi alla stregua di un'accettazione tacita dell'eredità. Con la stessa le ricorrenti avevano semplicemente fornito la loro disponibilità all'esercizio del diritto di prelazione sulle quote ereditarie nel caso di asta pubblica, ma i giudici di appello avevano trascurato però che si trattava di una accettazione sub condicione. Pertanto solo laddove, all'esito dell'asta pubblica avessero inteso esercitare la prelazione sarebbero divenute eredi. Il motivo è evidentemente destituito di fondamento. La tesi di parte ricorrente, oltre a ritenere applicabili norme dettate in tema di accettazione del contratto, in relazione ad una diversa fattispecie nella quale il compimento di atti, sebbene potenzialmente idonei a dar vita ad un'accettazione di una proposta da parte della curatela, sono stati riguardati nella diversa prospettiva di cui all'art. 476 c.c., e cioè quali comportamenti che presuppongono necessariamente la volontà di accettare e che non potrebbero farsi se non nella qualità di erede, trascura il principio di carattere generale che non consente un'accettazione dell'eredità condizionata o a termine. Inoltre, non tiene conto del fatto che la possibilità di apporre, ma in maniera invalida, una condizione all'accettazione vale solo per l'accettazione espressa, laddove in presenza di accettazione tacita è il comportamento in sé che determina l'acquisto della qualità di erede a prescindere dall'eventuale sottoposizione a condizione del diverso atto dal quale inferire ai sensi della norma in questione l'effetto acquisitivo dell'eredità. Ric. 2016 n. 19759 sez. M2 - ud. 15-02-2018 -4- Peraltro, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che la manifestazione di volontà di esercitare, nel caso di eventuale vendita all'asta, il diritto di prelazione sulle quote ereditarie costituisca comportamento che non poteva che essere tenuto se non nella qualità di erede, attesa la spettanza del diritto de quo ai coeredi (e non anche ai semplici chiamati), e che denota chiaramente la volontà di appropriarsi dell'eredità. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte delle ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
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