Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/10/2018, n. 26806
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Testo completo
te SENTENZA sul ricorso 27610-2013 proposto da: M MCKE NIANG MBNMCK61M09Z3431, domiciliato in ROMA, PIAllA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall' avvocato A C, giusta delega in atti;
- ricorrente -
1425
contro
SAVELLI S.P.A. C.F. 000304000177;
- intimata - avverso la sentenza n. 389/2013 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 28/09/2013 r.g.n. 143/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. FERICO D G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. I P, che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto. ud. 114-04-18 / r.. n..2761(1_13 FATTI di
CAUSA
Con sentenza n. 600/2010 la Corte d'Appello di Brescia, in parziale riforma della impugnata pronuncia di primo grado, confermava tale decisione, di rigetto della domanda di M M N, volta ad ottenere l'accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato alle dipendenze della convenuta SAVELLI S.p.a., con le consequenziali pronunce, compensate tra le parti le spese dei due gradi del giudizio. Con la succitata pronuncia la Corte territoriale aveva precisato che l'attore con il suo ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto la natura fittizia del rapporto di lavoro alle dipendenze della Metaltecnica s.r.I., formale datrice di lavoro, desumibile dalla circostanza che per tutto il periodo di durata del rapporto -dal 28 ottobre 2005 al 30 giugno 2006- egli aveva lavorato, con la qualifica di operaio saldatore di 3^ livello dell'industria metalmeccanica, sotto la direzione e la vigilanza degli amministratori della convenuta SAVELLI;
tuttavia, quella anzidetta era stata l'unica circostanza di fatto specifica allegata a dimostrazione della prospettata violazione delle norme in materia di contratto di somministrazione e di appalto;
inoltre, le prove testimoniali stesse non hanno consentito di accertare la non genuinità dell'appalto endoaziendale, descritto nel contratto prodotto dalla società Savelli, benché si trattasse di un contratto dal quale non era agevole desumere con esattezza quale fosse stata la lavorazione commissionata e l'autonomia della stessa rispetto all'intero procedimento produttivo;
era inoltre da escludere che la mancata predeterminazione di un prezzo già stabilito potesse determinare la nullità del contratto indicato, visto che a norma dell'art.1657 cod. civ. è possibile la successiva determinazione del corrispettivo;
poiché l'onere della prova della natura fittizia del rapporto con la società Metaltecnica o della violazione delle norme in materia di somministrazione e appalto, posto a carico del Niang, non era stato da costui assolto la sua domanda veniva respinta. La suddetta pronuncia, n. 600/2010 veniva quindi impugnata mediante ricorso per cassazione dal lavoratore, mentre la Savelli S.p.a. restava intimata (I motivi del ricorso principale erano così sintetizzati: 1) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione dell'art. 2697 cod. civ., relativamente alla ripartizione dell'onere della prova della liceità dell'appalto;
2) in relazione all'art.360 cod. proc. civ., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1;
3) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa motivazione sulla mancanza di organizzazione autonoma derivante dalla mancata considerazione della dedotta commistione, nel medesimo reparto, di lavoratori dell'utilizzatore e dell'appaltatore e della dedotta assenza dell'organizzazione dei mezzi richiesta dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29;
4) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione del medesimo del D.Igs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1, relativamente alle caratteristiche del rischio di impresa, richiesto per la liceità dell'appalto;
5) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa motivazione sulla mancanza dell'assunzione del rischio di impresa, da parte dell'appaltatore). Questa Corte accoglieva il ricorso, cassando la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinviava, anche per le spese, alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, giusta l'ordinanza del 20 novembre 2012 / 23 gennaio 2013, n. 1630/13, poiché i relativi motivi - esaminati congiuntamente, data la loro intima connessione - risultavano palesemente fondati (Tutte le censure sono incentrate sulla disciplina del contratto di somministrazione disciplinato dal L1,1. 114-114-18 / r.g.t. 27b1) 1$ citato D.Igs. 10 settembre 2003, n. 276, nella sua originaria versione -applicabile ratione temporis- e sulla distinzione tra tale tipologia di contratto e quello di appalto, alla luce di quanto stabilito dal citato D.Igs. n. 276 del 2003, art. 29. Secondo quanto affermato da questa Corte in una analoga controversia -Cass. 15 luglio 2011, n. 15610- il D.Igs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 1, stabilisce che il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso da ogni soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 4 e 5, mentre il precedente art. 1, comma 3, prevede che un tale tipo di contratto può essere concluso a termine o a tempo indeterminato, con la specificazione, al comma 2 del citato articolo, che per tutta la durata della somministrazione i lavoratori svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione dell'utilizzatore. L'art. 20, comma 4, individua precise condizioni di liceità del ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato, mentre per la individuazione dei limiti quantitativi di utilizzazione della stessa tipologia contrattuale la norma rimanda ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, in conformità alla disciplina di cui al D.Igs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 10. Con riferimento all'apparato sanzionatorio civilistico, è bene chiarire che lo schema di
- ricorrente -
1425
contro
SAVELLI S.P.A. C.F. 000304000177;
- intimata - avverso la sentenza n. 389/2013 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 28/09/2013 r.g.n. 143/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. FERICO D G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. I P, che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto. ud. 114-04-18 / r.. n..2761(1_13 FATTI di
CAUSA
Con sentenza n. 600/2010 la Corte d'Appello di Brescia, in parziale riforma della impugnata pronuncia di primo grado, confermava tale decisione, di rigetto della domanda di M M N, volta ad ottenere l'accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato alle dipendenze della convenuta SAVELLI S.p.a., con le consequenziali pronunce, compensate tra le parti le spese dei due gradi del giudizio. Con la succitata pronuncia la Corte territoriale aveva precisato che l'attore con il suo ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto la natura fittizia del rapporto di lavoro alle dipendenze della Metaltecnica s.r.I., formale datrice di lavoro, desumibile dalla circostanza che per tutto il periodo di durata del rapporto -dal 28 ottobre 2005 al 30 giugno 2006- egli aveva lavorato, con la qualifica di operaio saldatore di 3^ livello dell'industria metalmeccanica, sotto la direzione e la vigilanza degli amministratori della convenuta SAVELLI;
tuttavia, quella anzidetta era stata l'unica circostanza di fatto specifica allegata a dimostrazione della prospettata violazione delle norme in materia di contratto di somministrazione e di appalto;
inoltre, le prove testimoniali stesse non hanno consentito di accertare la non genuinità dell'appalto endoaziendale, descritto nel contratto prodotto dalla società Savelli, benché si trattasse di un contratto dal quale non era agevole desumere con esattezza quale fosse stata la lavorazione commissionata e l'autonomia della stessa rispetto all'intero procedimento produttivo;
era inoltre da escludere che la mancata predeterminazione di un prezzo già stabilito potesse determinare la nullità del contratto indicato, visto che a norma dell'art.1657 cod. civ. è possibile la successiva determinazione del corrispettivo;
poiché l'onere della prova della natura fittizia del rapporto con la società Metaltecnica o della violazione delle norme in materia di somministrazione e appalto, posto a carico del Niang, non era stato da costui assolto la sua domanda veniva respinta. La suddetta pronuncia, n. 600/2010 veniva quindi impugnata mediante ricorso per cassazione dal lavoratore, mentre la Savelli S.p.a. restava intimata (I motivi del ricorso principale erano così sintetizzati: 1) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione dell'art. 2697 cod. civ., relativamente alla ripartizione dell'onere della prova della liceità dell'appalto;
2) in relazione all'art.360 cod. proc. civ., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1;
3) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa motivazione sulla mancanza di organizzazione autonoma derivante dalla mancata considerazione della dedotta commistione, nel medesimo reparto, di lavoratori dell'utilizzatore e dell'appaltatore e della dedotta assenza dell'organizzazione dei mezzi richiesta dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29;
4) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione del medesimo del D.Igs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1, relativamente alle caratteristiche del rischio di impresa, richiesto per la liceità dell'appalto;
5) in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa motivazione sulla mancanza dell'assunzione del rischio di impresa, da parte dell'appaltatore). Questa Corte accoglieva il ricorso, cassando la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinviava, anche per le spese, alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, giusta l'ordinanza del 20 novembre 2012 / 23 gennaio 2013, n. 1630/13, poiché i relativi motivi - esaminati congiuntamente, data la loro intima connessione - risultavano palesemente fondati (Tutte le censure sono incentrate sulla disciplina del contratto di somministrazione disciplinato dal L1,1. 114-114-18 / r.g.t. 27b1) 1$ citato D.Igs. 10 settembre 2003, n. 276, nella sua originaria versione -applicabile ratione temporis- e sulla distinzione tra tale tipologia di contratto e quello di appalto, alla luce di quanto stabilito dal citato D.Igs. n. 276 del 2003, art. 29. Secondo quanto affermato da questa Corte in una analoga controversia -Cass. 15 luglio 2011, n. 15610- il D.Igs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 1, stabilisce che il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso da ogni soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 4 e 5, mentre il precedente art. 1, comma 3, prevede che un tale tipo di contratto può essere concluso a termine o a tempo indeterminato, con la specificazione, al comma 2 del citato articolo, che per tutta la durata della somministrazione i lavoratori svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione dell'utilizzatore. L'art. 20, comma 4, individua precise condizioni di liceità del ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato, mentre per la individuazione dei limiti quantitativi di utilizzazione della stessa tipologia contrattuale la norma rimanda ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, in conformità alla disciplina di cui al D.Igs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 10. Con riferimento all'apparato sanzionatorio civilistico, è bene chiarire che lo schema di
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