Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/11/2012, n. 19864
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La "doppia soccombenza totale" dell'amministrazione finanziaria nei due gradi di giudizio che, ai sensi dell'art. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 40 del 2010 (convertito nella legge n. 73 del 2010), consente al contribuente la definizione agevolata della lite tributaria pendente in sede di legittimità, va accertata facendo riferimento esclusivo alla oggettiva posizione di vantaggio o svantaggio in concreto conseguita dall'erario in esito al giudizio di merito, e non già con riferimento alle ragioni poste dal giudice di merito a fondamento della propria decisione. Ne consegue che il suddetto requisito non sussiste (e, di conseguenza, è preclusa al contribuente la definizione agevolata della lite) in tutti i casi in cui il giudice di appello abbia accolto il gravame dell'amministrazione finanziaria, a nulla rilevando se l'accoglimento sia avvenuto a causa dell'infondatezza della pretesa del contribuente, piuttosto che a causa di un errore di giudizio del tutto autonomo e non indotto dalle allegazioni difensive della parte privata.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario - Presidente -
Dott. GRECO Antonio - Consigliere -
Dott. OLIVIERI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. CIGNA Mario - Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11413-2006 proposto da:
MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
- ricorrenti -
contro
ASSICURATRICE ITAL VITA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI 9-11, presso lo studio dell'avvocato SALVINI LIVIA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 22/2005 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 17/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/09/2012 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
udito per il ricorrente l'Avvocato GENTILI, che ha chiesto l'accoglimento;
udito per il controricorrente l'Avvocato SALVINI, che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con avviso di accertamento ai fini IRPEG ed ILOR notificato ad Assicuratrice Italiana Vita s.p.a. venivano recuperati ad imponibile per l'anno 1992 costi dedotti in violazione del principio di competenza (per L. 41.498.000) e spese generali concernenti "accantonamenti a riserva matematica" (per L. 715.858.076) illegittimamente portate in deduzione integralmente (con riferimento tanto alle somme derivanti "da incasso dei premi assicurativi" - concorrenti alla formazione del reddito -, quanto alle somme derivanti "dai proventi dell'impiego finanziario dei premi" - interessi maturati non concorrenti alla formazione del reddito -) anziché nei limiti della quota proporzionale tra ricavi imponibili ed esenti, come previsto dall'art. 75, comma 5 TUIR.
La decisione della CTP di Milano n. 249 del 2001, che aveva disposto l'annullamento dell'avviso, è stata parzialmente riformata dalla CTR lombarda con sentenza 17.2.2005 n. 22. I Giudici di appello:
1- hanno accolto il motivo di gravame dell'Ufficio concernente il vizio di extrapetizione della sentenza impugnata nella parte in cui si era pronunciata, in assenza di domanda del contribuente, sulla illegittimità della ripresa concernente i costi non ammessi in deduzione per violazione del principio di competenza;
2- hanno, invece, rigettato il secondo motivo di gravame dell'Ufficio, richiamandosi al precedente di questa Corte 23.10.2003 n. 15935 ed alle successive pronunce conformi, che avevano evidenziato la peculiare natura di "ricavi sospesi" delle somme "accantonate ex lege a riserva", non riconducibili alla disciplina normativa generale della deducibilità delle spese e degli oneri sostenuti "in funzione" della realizzazione di ricavi, ed invece da ritenersi integralmente deducibili quali componenti negativi di reddito indipendentemente dal fatto che le somme accantonate derivassero da ricavi di gestione imponibili ovvero esenti.
La CTR lombarda ha ulteriormente fondato il rigetto del predetto motivo di gravame rilevando che, sulla medesima questione (definita tra le stesse parti con pronuncia della sez. 46 della medesima CTR nella analoga controversia relativa all'anno di imposta 1993), si era formato il giudicato favorevole alla impresa.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate ed il Ministero della Economia e delle Finanze, con atto notificato il 4.4.2006, deducendo con un unico motivo la violazione di norme di diritto.
Ha resistito con controricorso la società, eccependo la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c. nonché chiedendone il rigetto per infondatezza del motivo.
In pendenza del presente giudizio la società contribuente ha presentato istanza di definizione della lite ai sensi del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 2 bis, lett. b) conv. in L. 22 marzo 2010, n. 73, che è stata ritenuta "irregolare" dalla Agenzia delle
Entrate in quanto proposta in carenza del presupposto della soccombenza della Amministrazione finanziaria in entrambi i gradi del giudizio di merito.
La società ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. ed ha eccepito la estinzione del giudizio ex lege n. 73 del 2010, rilevando che l'errore di extrapetizione in cui era incorso il primo giudice - e non imputabile alla parte privata - non poteva risolversi in pregiudizio del contribuente, precludendogli l'accesso alla forma di definizione agevolata della lite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Questioni pregiudiziali.
1.1. Deve essere preliminarmente dichiarala ex officio l'inammissibilità del ricorso proposto da Ministero dell'Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione attiva, non avendo assunto l'Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svoltosi avanti la Commissione tributaria della regione IA ed introdotto con ricorso proposto dall'Ufficio di Milano della Agenzia delle Entrate in data successiva all'1.1.2001 (subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributar pendenti in cui era parte l'Amministrazione statale), con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 c.p.c., comma 3 (cfr. Corte cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).
Non avendo il ricorso proposto dal Ministero comportato aggravio di attività difensiva si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
1.2 La società resistente ha eccepito la estinzione del giudizio ai sensi del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 2 bis, lett. b) conv. in L. 22 marzo 2010, n. 73, contestando l'assunto della Agenzia delle Entrate della assenza del presupposto della soccombenza nei primi due gradi di giudizio, in quanto l'accoglimento da parte della CTR lombarda del motivo di gravame dell'Ufficio concernente il vizio di extrapetizione non implicava soccombenza della società contribuente, non avendo questa contribuito in alcun modo a determinare l'errore commesso dai Giudici di prime cure. La eccezione è infondata.
Con il D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 2 bis conv. in L. 22 maggio 2010, n. 73, il Legislatore ha inteso incidere, in materia di
tributi erariali, sulle situazioni processuali eccessivamente protrattesi nel tempo ("controversie Tributarie pendenti ...da oltre dieci anni") in quanto suscettive di violare il "principio di ragionevole durata del processo" di cui all'art. 6 paragr. 1 CEDU (Concezione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), principio che ha trovato anche fondamento costituzionale nell'art. 111 Cost., comma 2. La norma in esame distingue le controversie (escluse quelle aventi a oggetto istanze di rimborso) pendenti avanti la Commissione tributaria centrale - comma 2 bis, lett. a) - per le quali è prevista la "definizione automatica" (non rilevano ai fini del presente giudizio le successive modifiche introdotte dal D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 29, comma 16 decies conv. in L. 24 febbraio 2012, n. 14), e le controversie pendenti avanti la Corte di
cassazione in ordine alle quali viene introdotta una forma agevolata di definizione delle lite, strutturata secondo uno schema analogo a quello del negozio transattivo, in quanto fondata sul presupposto della incertezza dell'esito della lite pendente ("res dubia") e caratterizzata da concessioni reciproche ("aliquid datum, aliquid retentum"): ed infatti l'Erario rinuncia a far valere l'originaria pretesa, desistendo dalla prosecuzione del giudizio, rimanendo soddisfatto con "il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia" e con la rinuncia da parte del contribuente a far valere eventuali pretese indennitarie ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89;
il contribuente estingue il rapporto tributario versando
una minore imposta rispetto a quella vantata dall'Erario e rinunciando ad azionare eventuali pretese per il pregiudizio sofferto dalla eccessiva durata del giudizio.
Peculiare elemento dello schema procedimentale transattivo è costituito dalla predeterminazione normativa della "res dubia" secondo un criterio oggettivo - volto a sottrarre, alle parti del rapporto tributario, qualsiasi ambito discrezionale di esercizio del potere dispositivo, e volto altresì a prevenire possibili dubbi interpretativi del Giudice in ordine alla individuazione delle liti definibili - ancorato alla duplice soccombenza della Amministrazione finanziaria dello Stato "nei primi due gradi di giudizio". Tenuto conto che la estinzione del giudizio non si produce automaticamente per effetto del pagamento della somma e della manifestazione di rinuncia del contribuente ad eventuali pretese di equa riparazione ("a tal fine il contribuente può presentare apposita istanza alla competente segreteria o cancelleria entro novanta giorni dia entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto con