Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/01/2009, n. 794
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Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario - e non del giudice amministrativo, ai sensi del comma 12 dell'art. 7 del d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 (successivamente comma 13 dell'art. 26 del Codice del consumo, di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, poi comma 14 dell'art. 27 del Codice stesso, come introdotto dal d.lgs. n. 146 del 2007, attuativo della direttiva 2005/29/CE) - la controversia promossa da un consumatore per conseguire, "ex" art. 2043 cod. civ., il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (sotto forma di danno alla salute o danno "esistenziale" dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo "stress" ed al turbamento per il rischio del verificarsi di gravi malattie), facendo valere come elemento costitutivo dell'illecito la pubblicità ingannevole del prodotto (nella specie, sigarette del tipo "LIGHT"), recante sulla confezione un'espressione diretta a prospettarlo come meno nocivo.
Il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l'esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonchè (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose.
L'apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie il segno descrittivo "LIGHT" sul pacchetto di sigarette) può essere considerato come fatto produttivo di danno ingiusto, obbligando colui che l'ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall'esistenza di una specifica disposizione o di un provvedimento, che vieti l'espressione impiegata.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
Dott. T S - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BRITISH AMERICAN TOBACCO - B.A.T. ITALIA S.P.A. (GIÀ ENTE TABACCHI ITALIANI - E.T.I. S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell'avvocato P C, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati P R, Z G P, R N, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
S L;
- intimato -
avverso la sentenza n. 7/2005 della GIUDICE DI PACE di NAPOLI, depositata il 04/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 18/11/2008 dal Consigliere Dott. S A;
uditi gli avvocati C P, R P;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso per la giurisdizione dell'ago, nel merito il rigetto. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudice di pace di Napoli ha condannato la British American Tobacco - BAT Italia s.p.a. al pagamento di una somma di danaro in favore del Sisillo a titolo di risarcimento del danno, per aver colpevolmente prodotto, commercializzato e pubblicizzato confezioni di sigarette con l'utilizzo della dicitura "LIGHT", atta ad indurre in errore il consumatore medio in ordine alla presunta minore pericolosità e nocività di tali prodotti rispetto a quelli "normali". Errore nel quale - secondo il giudice - incorse l'attore, il quale ne subì sia il danno da perdita della chance di scegliere liberamente una soluzione alternativa "rispetto al problema fumo", sia il danno esistenziale dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio del verificarsi di gravi danni all'apparato cardiovascolare o respiratorio.
La British American Tobacco - BAT Italia s.p.a. propone ricorso per la cassazione della sentenza del giudice di pace di Napoli a mezzo di sette motivi. Non si difende l'intimato nel giudizio di cassazione. La BAT ha depositato memoria per l'udienza. La stessa società ha dichiarato di rinunziare al sesto motivo di ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
A) LA GIURISDIZIONE.
I motivi secondo e terzo, attinenti alla giurisdizione, vanno preliminarmente trattati.
Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 1, pone, in sintesi, il seguente quesito:
se la controversia instaurata dal singolo consumatore per danni subiti a causa dell'utilizzo della dicitura "Light", da parte del produttore di sigarette, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario o nella giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, art. 7, comma 12, (oggi D.L. 6 settembre 2005, n. 206, art. 26, comma 13), dal momento che si tratta
di pubblicità assentita con provvedimenti amministrativi, emanati, nell'espletamento delle loro funzioni di controllo e vigilanza, sia dall'Ufficio Italiano Marchi e Brevetti (UIBM), che autorizza la registrazione del relativo marchio, sia dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), che autorizza l'inserimento in tariffa, delle sigarette, previa verifica, tra l'atro della regolarità delle etichettature.
Con il terzo motivo la società ricorrente, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4, censura la sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'omessa pronunzia di difetto di giurisdizione
nei confronti dell'autorità Garante della Concorrenza e del Mercato o del Prefetto.
Quest'ultimo motivo può essere subito dichiarato inammissibile sul rilievo che non è prospettabile, sotto il profilo degli artt. 112 e 360 c.p.c., n. 4, la censura di omessa pronuncia in tema di giurisdizione, posto che l'aver deciso il giudice il merito della causa (come s'è verificato nel caso in esame) costituisce implicita accettazione della giurisdizione.
Venendo al secondo motivo di ricorso, la relativa risposta presuppone l'identificazione della domanda proposta dall'attore. Essa risulta caratterizzata dai seguenti elementi:
a) l'attore, premesso di essere un fumatore abituale di sigarette con un normale contenuto di nicotina e condensato, di averne contratto patologie respiratorie e cardiovascolari e di non riuscire a smettere di fumare, sostiene di essere passato al consumo di sigarette pubblicizzate come del tipo "Light", con un minor contenuto di nicotina e condensato, sulla presunzione che esse fossero meno nocive e pericolose;
b) tuttavia, nonostante il consumo di queste sigarette, le sue condizioni di salute, anziché migliorare, peggiorarono, essendo quasi raddoppiato il numero di sigarette da lui fumate;
c) egli era divenuto, pertanto, vittima di una pubblicità ingannevole, illusoria, insidiosa, artificiosa e fuorviante, produttrice di danni per la sua salute, nonché di ansia per il pericolo di rimanere affetto da cancro, con conseguente serio turbamento della sua qualità di vita;
d) di qui la domanda risarcitoria, nei confronti della società produttrice delle sigarette in questione, connessa a danni patrimoniali (la restituzione del prezzo pagato per l'acquisto dei pacchetti di sigarette da lui fumati) e non patrimoniali. I riferimenti normativi utilizzati dall'attore sono quelli di cui al D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 5, coordinato con il D.P.R. n. 224 del 1998 sulla responsabilità del produttore.
Così riassunti i presupposti di fatto, nonché la pretesa esercitata, è possibile desumere che nella specie l'azione esercitata è quella aquiliana di cui all'art. 2043 c.c., con riferimento a danni patrimoniali e non patrimoniali, considerati tra questi ultimi sia il danno alla salute, sia il danno, più generale, "alla qualità della vita". Significativo, in tal senso è il riferimento al D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 5, a norma del quale "È considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, ometta di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza". In questi stessi termini la vicenda risulta essere stata trattata dal giudice, il quale ha accertato "una chiara situazione di illegittimità del comportamento tenuto dalla BAT Italia con riferimento all'utilizzo artificioso della dicitura Light sui pacchetti di sigarette... che non può assolutamente trovare una valida giustificazione". L'individuazione dei danni verificatisi è stata limitata:
a) alla "perdita di chance da parte dell'attore di scegliere liberamente una soluzione alternativa rispetto al problema fumo";
b) al "danno c.d. esistenziale dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio di verificarsi gravi danni all'apparato cardiovascolare o respiratorio". Il giudice non ha, dunque, fatto menzione, tra i danni da lui ritenuti risarcibili, al danno alla salute, che (benché sotto forma di aggravamento rispetto alle sue preesistenti patologie) l'attore aveva pure lamentato.
Neppure la ricorrente, oggi, pone in discussione che la controversia sia dibattuta in ambito aquiliano;
tuttavia, essa invoca il disposto del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, art. 7, comma 12, per sostenere che la causa rientri nella giurisdizione del G.A., in ragione del fatto che la pubblicità della quale si discute era all'epoca assentita con provvedimenti amministrativi.
Il D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, art. 7 menzionato (nel testo allora vigente, ossia, come sostituito dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 67, art. 5, comma 1, e prima di essere modificato dalla L. 6 aprile 2005, n. 49), sotto il titolo "Tutela amministrativa e giurisdizionale",
attribuisce ad una serie di soggetti (i concorrenti, i consumatori, le loro associazioni ed organizzazioni, il Ministro dell'Industria ed ogni altra P.A. che ne abbia interesse) la possibilità di chiedere all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole ritenuta illecita ai sensi del decreto stesso, la loro continuazione e che ne siano eliminati gli effetti. Lo stesso articolo detta la procedura che deve seguire l'Autorità, il suo potere di sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole, i provvedimenti che può emettere all'esito dell'istruttoria (vietare la pubblicità non ancora iniziata o la continuazione di quella già iniziata), la sanzione penale per l'operatore pubblicitario che non ottempera al provvedimento dell'Autorità.
Lo stesso articolo, poi, stabilisce: che i ricorsi avverso le decisioni definitive dell'Autorità rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (comma 11);
che, ove la pubblicità sia stata assentita con provvedimento amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non ingannevole della stessa o di liceità del messaggio di pubblicità comparativa, la tutela dei concorrenti, dei consumatori e delle loro associazioni e organizzazioni è esperibile solo in via giurisdizionale con ricorso al giudice amministrativo avverso il predetto provvedimento (comma 12);
che è comunque fatta salva la