Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/11/2023, n. 30493
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In materia tributaria, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza sia di un elemento oggettivo, relativo a circostanze anormali ed estranee al contribuente, sia di un elemento soggettivo, costituito dall'obbligo dell'interessato di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale suddetto, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi; la sussistenza di tali elementi deve essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre l'esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità dovendosi invece evidenziare eventi imprevisti, imprevedibili ed irresistibili, non imputabili ad esso contribuente nonostante tutte le cautele adottate e adottabili, tra i quali eventi non rientra la crisi aziendale .
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Sul provvedimento
Testo completo
FATTI DI CAUSA
Con l'impugnata sentenza n. 2609/2017, depositata il 12/6/2017, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva l'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di (------) e riformava la decisione di annullamento dell'avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, oltre interessi e sanzioni, emesso nei confronti di (------) Srl , a seguito della disposta revoca del regime agevolato previsto dal D.P.R. n. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8 bis, relativamente all'acquisto di fabbricato, sito nel Comune di (------), in regime di esenzione IVA, per mancato rispetto della condizione di ritrasferimento entro tre anni.
Rilevava la Commissione Tributaria Regionale che la società acquirente, beneficiaria dell'applicazione dell'aliquota agevolata dell'1%, per l'imposta di registro, ed in misura fissa per le imposte ipotecaria e catastale, aveva sostenuto di non aver trasferito la proprietà degli immobili, i cui lavori di ristrutturazione erano rimasti incompiuti, essendo stata assoggettata a procedura concorsuale. Rilevava, ancora, che "dalla documentazione in atti e dalle stesse deduzioni della società, appare indiscutibile la disponibilità dell'azienda da parte della società, tanto da consentire alla stessa di completare le ristrutturazioni e di perfezionare la vendita del fabbricato ristrutturato pur se in tempi superiori (di circa quattro mesi) a quelli consentiti dalla norma per usufruire del beneficio fiscale".
Rilevava, altresì, che "di per sè, il concordato preventivo non integra gli estremi di forza maggiore, atteso che (...) nessun ostacolo è posto dalla sorveglianza del Tribunale alla realizzazione delle opere di ristrutturazione" e che "il recupero a tassazione ordinaria operato dall'Ufficio risulta pertanto legittimo" in quanto l'avviso impugnato è pienamente valido perchè la legge non richiede al sottoscrittore "una qualifica dirigenziale" ed è atto adeguatamente motivato, oltre che tempestivamente notificato alla contribuente, dande l'infondatezza anche della eccezione di decadenza dell'Amministrazione dal potere impositivo.
Avverso la sentenza la società propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, mentre l'Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 167 e 173 l. f., giacchè la CTR non ha considerato che l'originaria domanda di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 186 l. f., è stata successivamente modificata in quella di concordato preventivo liquidatorio, ai sensi dell'art. 175 l.f.,, procedura non incompatibile con l'ultimazione del fabbricato destinato per la rivendita, sia pure con le tempistiche dettate dal Tribunale che la deve autorizzare.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 186 bis l. f. giacchè la CTR non ha considerato che, trattandosi di concordato misto con presenza di elementi liquidatori, ogni singolo atto di vendita degli appartamenti doveva essere autorizzato con decreto del Giudice delegato, pena l'inefficacia della vendita e la revoca del concordato.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42, D.P.R. n. 131 del 1986, 53 bis, giacchè la CTR non ha rilevato la nullità dell'avviso di liquidazione impugnato pur non essendo allegata la delega conferita dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate di (------) al funzionario sottoscrittore (Dott.ssa A.A.) della sede di (------), non perchè quest'ultima fosse priva della qualifica dirigenziale, ma per indeterminatezza e genericità della delega, prodotta in corso di giudizio.
Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 111 e 113 Cost., non ha rilevato la nullità dell'avviso impugnato per mancanza di preventivo contraddittorio con il contribuente, prima dell'esercizio della potestà impositiva.
Con il quinto motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della l. n. 4 del 1929, artt. 24, l. n. 212 del 2000, 12, comma 7, giacchè la CTR non ha considerato che è mancata una qualche contestazione fiscale, con redazione di un processo verbale da parte dell'Amministrazione finanziaria che consentisse al contribuente la presentazione di memorie.
Con il sesto motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 55, d. m. del 21 maggio 2009, 6, comma 2, giacchè l'avviso di liquidazione non contiene il conteggio degli interessi dovuti e l'Agenzia delle Entrate è un creditore anteriore alla proposizione della domanda di concordato preventivo.
Con il settimo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, giacchè la CTR non ha considerato che la società ebbe a richiedere tempestivamente la necessaria autorizzazione al Giudice delegato per la stipula definitivi dei contratti di compravendita e che l'autorizzazione è intervenuta soltanto l'8 settembre 2014 e le vendite sono intervenute poco dopo e che nel primo grado di giudizio aveva eccepito anche l'intervenuta decadenza dell'Amministrazione finanziaria, eccezione riproposta "a titolo di appello incidentale al punto 3.7 pag. 32 e punto 6 pag. 50". Deduce, altresì che il termine triennale di decadenza decorre dalla registrazione dell'atto notarile di compravendita, secondo il disposto del D.P.R. n. 136 del 1986, art. 76, comma 2, lett. c), non dal 28 luglio 2014 come ritenuto dalla CTR, mentre la notifica dell'avviso di liquidazione è intervenuta intempestivamente, il 17 agosto 2015.
I primi due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono infondati.
Il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno "spossessamento attenuato" in quanto conserva l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura e, di conseguenza, la