Cass. pen., sez. VI, sentenza 28/03/2023, n. 12985
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
seguente SENTENZA sul ricorso proposto da US GI, nato il [...] a [...] avverso la sentenza del 27/09/2022 della Corte di appello di Milano. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Maria Silvia Giorgi;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della impugnata sentenza perché il fatto non sussiste.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato quella del Tribunale di Milano del 15 marzo 2021 che aveva ritenuto GI US responsabile del reato di cui all'art. 389 cod. pen., condannandolo alla pena di mesi due di reclusione. Il fatto addebitato all'imputato è così ricostruibile: con sentenza emessa in data 8 febbraio 2005 dal Tribunale di Milano (divenuta irrevocabile il 17 aprile 2013) US era stato condannato per bancarotta fraudolenta alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione, oltre alla pena accessoria dell'interdizione dall'esercizio di impresa per la durata di anni dieci. La pena principale veniva condonata nella misura di anni tre di reclusione;
per i rimanenti mesi otto veniva disposta la sospensione della pena ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza per la decisione in ordine all'istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione. In conseguenza del positivo esito dell'affidamento in prova, con provvedimento del 23 giugno 2016 il Tribunale di Sorveglianza dichiarava l'estinzione della pena principale e degli ulteriori effetti della sentenza di condanna. In data 21 novembre 2018 US iscriveva presso il registro delle imprese l'imprese individuale denominata "L'Artigiano GI di US GI". Nonostante la successiva comunicazione con la quale era intimata al medesimo la cancellazione in ragione della pena accessoria, l'imputato non vi provvedeva, venendo la stessa cancellata d'ufficio. La Corte di appello, decidendo in camera di consiglio senza intervento delle parti ai sensi dell'art. 23-bis, comma 1, l. 18 dicembre 2020, n. 176, disattendeva i motivi di gravame con cui si rappresentava: - che la pena principale era stata condonata nella misura di anni tre di