Cass. civ., sez. II, sentenza 01/03/2023, n. 06156
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al R.G.N. 20727-2017 proposto da: ROMA 2010 S.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore S A e ROSALBA Società semplice, in personale della legale rappresentante pro tempore R C, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in atti , dall’avv. ANDREA RECUPERATI -ricorrenti - contro BISCIOTTI FLAVIA, CARELLI GIUSEPPE, MILU' DI CARELLI LUCA C S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore,elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIORGIO VASARI 5, presso lo studio dell'avvocato RAOUL Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -2- RUDEL, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato C V, giusta procura speciale in atti;-controricorrenti - avverso la sentenza n. 263/2017 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 03/02/2017;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/09/2022 dal Consigliere Dott. D P;lette le conclusioni depositate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROSA MARIA DELL'ERBA;FATTI DI CAUSA 1. Con scrittura privata del 19 gennaio 2012, F B proponeva alla Soc. Roma 2010 S.r.l. (titolare dell’azienda) e alla R Ss (proprietaria degli immobili) di acquistare un fabbricato ad uso commerciale “conforme alla normativa edilizia ed urbanistica vigente”, nonché un terreno attiguo da destinare a parcheggio siti in Rivoli e individuati nella planimetria sottoscritta dalle parti (sul quale R Ss avrebbe mantenuto una servitù di passaggio), nonchè l'attività di ristorazione comprensiva di cespiti svolta in detti immobili. Il prezzo offerto per l'acquisto degli immobili e della licenza era di complessivi euro 1.200.000,00 che sarebbero stati pagati, per quanto più direttamente rileva in questa sede, anche mediante il trasferimento di un appartamento di proprietà di G C e dell’attività di pizzeria sita in Rivoli, Viale dei Colli, di proprietà della soc. Mù di C Luca C. S.n.c. (d’ora innanzi Mù Snc). La proposta veniva accettata e la B consegnava contestualmente a R Ss assegno bancario di euro 10.000,00 a titolo di caparra confirmatoria. L’impegno assunto Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -3- dalle parti prevedeva che il contratto preliminare di vendita dell’azienda e degli immobili sarebbe stato stipulato entro 60 giorni dalla sottoscrizione e il contratto definitivo entro i 30 giorni successivi alla firma del preliminare e comunque dopo il frazionamento. Si conveniva infine il vincolo di forma per ogni modifica della scrittura. Il trasferimento in permuta dell’attività di pizzeria di proprietà di Mù Snc era avvenuto nel modo seguente: poiché Mù Snc aveva ceduto con riserva della proprietà l’attività di pizzeria al sig. Domenico Ddio, questi -con scrittura privata autenticata del 2 aprile 2012 - l'aveva ceduta a Roma 2010 in adempimento di quanto previsto dalla scrittura del 19 gennaio 2012. L’attività di pizzeria era esercitata in locali condotti in locazione per i quali il Ddio si era reso inadempiente del pagamento di canoni e aveva chiesto una “buonuscita” per iniziare una nuova attività. G C (socio della Mù Snc) aveva emesso due assegni tratti in favore di Roma 2010, per complessivi euro 35.000,00, utilizzati per sanare la morosità e per corrispondere al Ddio la richiesta “buonuscita”. Con lettera del 10 luglio 2012 la B contestatava a Roma 2010 Srl e a R Ss il mancato perfezionamento dell’operazione contrattuale per loro inadempienze, relative in particolare alla mancata messa a disposizione della documentazione attestante la regolarità amministrativa e edilizia, in specie del dehor. 2. Fallito il tentativo di bonario componimento, con atto di citazione notificato il 14 febbraio 2013, F B, G C e la Mù Snc convenivano la Srl Roma 2010 e la Ss R avanti al Tribunale di Torino per ottenere la risoluzione della lettera di impegno del 19 febbraio 2012, il ritrasferimento in favore di Mù Snc dell’azienda già trasferita a Roma 2010, in Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -4- adempimento della scrittura, la condanna al pagamento in favore di G C della somma di euro 35.000,00 oltre accessori e la condanna di Roma 2010 s.r.l. e di R Ss al pagamento in favore della B della somma di euro 33.570,00 (versata a titolo di acconto prezzo) e di 10.000,00 (versata a titolo di caparra confirmatoria). 3. Con sentenza n. 27 del 7/01/2015, il Tribunale di Torino dichiarava risolta la promessa di compravendita immobiliare per colpa delle convenute Roma 2010 Srl e R Ss, condannava Roma 2010 Srl a ritrasferire l’azienda di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande alla Mù Snc, al pagamento in favore dell’attore C G della somma di € 35.000,00 ed al pagamento, unitamente a R Ss, in favore dell’attrice B Flavia della somma di € 53.500,00. Condannava infine i convenuti al pagamento delle spese di lite. 4. Roma 2010 Srl e R Ss proponevano appello. Si costituivano in giudizio tutti gli appellati. Il giudizio si concludeva con la sentenza n. 263 del 3/02/2017, con la quale la Corte distrettuale rigettava tutti i motivi di appello, ad eccezione del decimo motivo, riformando l’importo della somma oggetto della condanna delle due società appellanti a favore della B. 5. Avverso tale decisione Roma 2010 Srl e R Ss hanno promosso ricorso per cassazione affidando le proprie doglianze a sei motivi. 6. Hanno resistito con controricorso F B, G C e Mù Snc. 7. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in pubblica udienza ex art. 375 ult. comma c.p.c. 8. L’udienza si è svolta con rito camerale, non avendo alcuna parte fatto richiesta di trattazione orale. 9. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte. Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -5- 8. I controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.-Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 342, primo comma e 345, primo comma, c.p.c., con conseguente nullità della sentenza, in relazione alla ritenuta titolarità in capo a Mù Snce a G C del rapporto sostanziale dedotto in giudizio (art. 360 primo comma n. 4 o in subordine n. 3, c.p.c.). Con tale mezzo lamentano l’errata pronuncia di inammissibilità per novità della domanda del motivo di gravame relativo al dedotto difetto di titolarità del rapporto sostanziale vantato in giudizio da G C, spettando la legittimazione solo alla B. I ricorrenti osservano che la domanda era stata proposta nell’atto di citazione in appello per come emerge dalla narrativa dello stesso e pertanto la pronuncia della Corte sarebbe affetta da nullità o comunque si pone in violazione o falsa applicazione delle indicate norme processuali. 2.-La seconda doglianza attiene alla violazione dell’art. 81 c.p.c. e falsa applicazione dell’art. 100 c . p . c . , nonché alla violazione dell’art. 1197 c.c. e falsa applicazione dell’art. 1813 c.c., in relazione alla ritenuta titolarità in capo a Mù Snce a G C del rapporto sostanziale dedotto in giudizio (art.360 comma 1, n. 3 c.p.c.). La decisione della Corte territoriale è censurata laddove questa avrebbe “a torto opinato” sulla sussistenza di un contratto di mutuo intercorso tra Roma 2010 e G C, il quale, non essendo titolare del rapporto sostanziale con Roma 2010, non era legittimato ad avanzare nessuna pretesa nei confronti di questa neppure a tale titolo. Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -6- Il motivo deduce anche la violazione dell’art. 81 c.p.c. per avere la sentenza attribuito ad un soggetto (G C) la sostituzione processuale di un altro (F B) al di fuori dei casi consentiti dalla legge e per avere ritenuto sussistente l’interesse ad agire del C. 3.-Il terzo motivo è così rubricato: “Violazione del disposto degli articoli 1352, 2721, primo comma, 2724 n. 3 e 2725 del codice civile, nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in relazione al difetto di motivazione dell’ammissione dei mezzidi prova, con conseguente nullità della sentenza (art. 360, primo comma, numero 4 o in subordine 3, c.p.c.)”. Con il motivo in esame i ricorrenti si dolgono del rigetto del terzo e del quarto motivo di appello relativi all’inammissibilità della prova testimoniale, ritenuti in parte infondati (in quanto la prova dedotta aveva ad oggetto una serie di circostanze e di comportamenti delle parti rilevanti ai fini interpretativi del contratto scritto e non della prova di ulteriori pattuizioni) e in parte non decisivi (non avendo la prova testimoniale avuto alcuna autonoma rilevanza ai fini della decisione, posto che già per tabulasemergevano sia il trasferimento della pizzeria sia la dazione di euro 35.000,00 a cura di G C). Nel merito delle prove i ricorrenticontestano che la relativa capitolazione è inerente all’oggetto del contratto e non alla sua esegesi, sì che l’ammissione delle stesse è avvenuta in violazione dell’art. 2721 c.c., in ragione del valore del contratto, nonché dell’art. 2724 n. 3 c.c., operante – in forza del rinvio a quest’ultima norma operato dall’art. 2725 c.c. –nel caso de quo, in cui la forma convenzionale scritta del contratto era stata voluta dalle parti a pena di nullità. Rilevano in particolare le ricorrenti che il contratto impugnato non era un preliminare di compravendita (ma una promessa di Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -7- compravendita immobiliare e cessione di azienda), quindi l’impegno alla consegna della documentazione relativa alla regolarità “pubblicistica” poteva solo derivare dalla volontà delle parti, che è stata illegittimamente dimostrata tramite il ricorso alla prova testimoniale. 4.-Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la v iolazione e falsa applicazione degli artt. 324, 329, 342, primo comma, e 345, primo comma, c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c., con conseguente nullità della sentenza, in relazione alla ritenuta preclusione pro iudicato della questione delle inadempienze contrattuali della Sig.ra F B (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4o in subordine n. 3, c.p. c . ) . Con il mezzo in questione i ricorrenti imputano alla sentenza di avere erroneamente ritenuto inammissibile il motivo di appello relativo all’eccepito inadempimento della promissaria acquirente perché, a dire della Corte, formulato solo nella comparsa conclusionale del giudizio di appello. Secondo i ricorrenti, la relativa doglianza emerge dall’atto di appello e gli appellanti, quindi, non avevano prestato alcuna acquiescenza alla sentenza di prime cure. Sul punto pertanto non si sarebbe formato alcun giudicato. 5. – Il quinto motivo di ricorso è volto a censurare la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 115, comma 1, c.p.c. e2697, comma 1, c.c., nonché degli artt. 1218, 1453, comma 1, 1455 e 1477, ultimo comma, c.c., in relazione al ritenuto inadempimento contrattuale di Roma 2010 Srl e R Ss (con riferimento all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.). Con il motivo i ricorrenti lamentano l’insussistenza dell’inadempimento attribuito alle società Roma 2010 Srl e R Ss con riguardo alla mancata consegna della Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -8- documentazione attestante la regolarità amministrativa dei beni negoziati, per mancanza di alcuno obbligo al riguardo. Evidenziano che questo non emerge dal contratto impugnato né è rinvenibile nella legge, perché l’ultimo comma dell’art. 1477 c.c. attiene al contratto di compravendita e tale non èil contratto impugnato. Al riguardo i ricorrenti evidenziano innanzitutto che gravava sul creditore (e quindi sulla promissaria acquirente) l’onere di provare la fonte (legale o negoziale) dell’obbligo di cui lamenta l’inesatta esecuzione. Oltretutto il teste arch. Demetrio F, professionista incaricato dalla promissaria acquirente, nella dichiarazione testimoniale, pur contestata dalle ricorrenti per alcune imprecisioni, dichiarava di “aver visto le concessioni in sanatoria dell’immobile”. In sostanza, la Corte decideva nel merito in violazione della normativa sul principio della disponibilità delle prove. 6. –Con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art.345, terzo comma, c.p.c., in relazione alla produzione in appello di documenti nuovi, con conseguente nullità della sentenza (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 o in subordine n. 3, c.p.c.), dolendosi del fatto che la pronuncia gravata abbia ritenuto inammissibili alcune produzioni documentali in appello, in mancanza della dimostrazione di non averle potute produrre incolpevolmente in primo grado. I ricorrenti obiettano che le produzioni in questione sono di formazione successiva allo spirare del secondo termine di cui all’art. 183, co. 6 c.p.c. e alcuni risultano di formazione successiva alla sentenza di primo grado. 7.-Preliminarmente va vagliata l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dai controricorrenti perché redatto in spregio al disposto di cui all’art. 366, primocomma n. 3) c.p.c., Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -9- in quanto, oltre ad essere lesivo dei principi di sinteticità e chiarezza, non contiene una esposizione intellegibile ed esauriente dei fatti di causa, da cui risultino le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e leragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese le deduzione di ciascuna in relazione alla posizione avversaria. Sebbene debba rilevarsi una certa faticosa formulazione, anche dovuta alla deduzione, in più di un motivo, di errores in procedendo, da valere, in subordine, quali errores in iudicando, l’eccezione può essere respinta perché si riescono a comprendere le ragioni di doglianza. 8.-Il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente, per essere accomunati da analoghe ragioni di critica alla sentenza gravata , che ripropongono entrambe l’assenza di titolarità in capo a Mù Snc e a C del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, anche se ad essere investita delle deduzioni contenute in ricorso è prioritariamente la posizione di C. I motivi sono inammissibiliperché mirano ad ottenere una non consentita revisione della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito. Occorre rilevare che la controversia in questione ha ad oggetto una complessa operazione economica negoziale articolata secondo la sequenza preliminare di preliminare (a ciò corrispondendo la promessa di acquisto accettata)-preliminare- definitivo. Per la sua attuazione, la stessa richiedeva chiaramente, come riconosciuto dal Tribunale e confermato dalla Corte di Appello torinese, una pluralità di atti collegati, che coinvolgevano anche soggetti terzi (C e Mù Snc). Il collegamento contrattuale può infatti coinvol gere anche atti stipulati tra soggetti diversi, “purchè essi siano concepiti evoluti Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -10- come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo divisato dalle parti” (Cass. nn. 13164/2007, 12454/2012 ), tanto che “ l a loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi ‘simul stabunt, simul cadent’" (Cass. n. 7255/2013;n. 21417/2014). Nel caso de quo, il giudice di appello ha vagliato nel merito la questione della legittimazione di C e Mu Snc, ravvisando lo “stretto collegamento contrattuale” tra la scrittura 19.01.2012 intercorsa tra F B, Roma 2010 e R Ss e la previsione del trasferimento in permuta dell'azienda di proprietà di Mù Snc, nonché dei pagamenti fatti da C G al fine di rendere possibile questo trasferimento, qualificando tali pagamenti come giustificati in forza di un rapporto di mutuo tra il medesimo e Roma 2010 Srl e sottolineando che “ il secondo negozio non aveva una sua autonomia, ma l’esclusiva finalità di dare attuazione al primo”. Come hanno affermato reiterati precedenti di questa Corte, “accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze delcollegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici” ( Cass. n. 13164/2007;n. 18884/2008;n. 7255/2013;n. 7041/2015). Sostenendo l’estraneità alle vicende negoziali coinvolgenti Mù Snc e ritenendo, contrariamente all’assunto della Corte del merito, che il C abbia estinto un’obbligazione della B, sicché nessun rapporto contrattuale egli ha intrattenuto con Roma 2010 Srl, i ricorrenti prospettano una non consentita, diversa e più favorevole interpretazione dei fatti di causa, di Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -11- fronte ad una motivazione che si presenta logicamente argomentata e giuridicamente corretta. 8.1.-Il primo motivo è anche infondato . Con lo stesso i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c., contestando la sentenza perché avrebbe ritenuto domanda nuova e in quanto tale inammissibile quella, già contenuta nella citazione in appello, volta a dolersi dell’ignorato difetto di legittimazione attiva di Mù Snc e di G C. Si legge in ricorso (pag. 17) che la Corte distrettuale avrebbe ritenuto “censura inammissibile perché non formulata con l’atto di appello” quella secondo cui le ricorrenti “non avevano alcun dovere nei confronti del Iurato (locatore del locale ove veniva esercitata l'attività svolta tramite l'azienda ceduta in permuta) ovvero del Ddio e … invece incombeva sulla B di sanare la morosità e di soddisfare le richieste di questi, con la conseguenza che il C avrebbe dovuto far valere il proprio credito nei suoi confronti e non nei confronti di esse appellanti”. In realtà, la sentenza gravata ha rilevato l’inammissibilità del solo profilo di gravame inerente alla dedotta irripetibilità delle somme versate dal C, in quanto adoperate da Roma 2010 per sanare la morosità dell’azienda oggetto della permuta e quindi a favore di terzi nei confronti dei quali Roma 2010 non aveva alcun obbligo, non essendovi nella citazione in appello nessuna argomentazione difensiva di tale genere, introdotta solo in comparsa conclusionale e nelle note di replica in appello. La Corte territoriale non ha quindi negato che l'argomento in base al quale Mù Snc e C non erano titolari delle pretese azionate in giudizio fosse stato prospettato nell'atto di citazione in appello –come sostengono le ricorrenti - ma ha considerato tale argomento una apodittica affermazione, difettando “il benché minimo riferimento al profilo (rectius,l'irripetibilità delle Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -12- somme versate, NDA) introdotto solo successivamente e fondato su presupposti di diritto e di fatto del tutto differenti”. Sono gli stessi ricorrenti, d’altra parte, a tentare nella memoria difensiva (pag. 4) di superareil rilievo sostenendo, ma senza esiti, che “la sottolineatura dell'irripetibilità degli esborsi da parte di costoro (id est, M il ù Snc e C) costituisce automatico corollario dell'esclusiva legittimazione ad causamin capo alla Sig.ra B”. Nessuna violazione, dunque, sussiste in relazione alle norme processuali invocate. 8.2.- Con il secondo motivo i ricorrent i ripropon gono la questione del difetto di legittimazione del C sotto il profilo – questa volta – della violazione dei principi in tema di sostituzione processuale, avendo la sentenza consentito una impropria sostituzione processuale del C alla B e dell’erroneo riconoscimento in capo a lui dell’interesse ad agire, che non sussiste. Si dolgonoin particolare della qualificazione del rapporto tra Roma 2010 e C in termini di contratto di mutuo, come prospettato dai convenuti-appellati, essendo il C intervenuto con denaro proprio a fornire i fondi occorrenti per liberare l'azienda-pizzeria della Mù Snc dai pesi della pregressa locazione, estinguendo in questo modo un'obbligazione della B e non di Roma 2010, sicché il relativo credito sarebbe maturato verso la di lui moglie(emergendo dagli atti di causa il rapporto di coniugio tra B e C) e non nei confronti della società. A parte che il motivo attinge chiaramente alla qualificazione dei fatti operata dal giudice di merito e quindi ad un profilo non censurabile in questa sede, lo sviluppo argomentativo su cui parte ricorrente si è concentrata nel motivo di ricorso - come Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -13- osservato correttamente dai controricorrenti - è stato proposto dalla Corte ad abundantiam, avendo questa già spiegato le regioni di infondatezza del denunciato vizio di carenza di legittimazione attiva ovvero di titolarità sostanziale, risultando pacifico in causa che l’importo di euro 35.000,00 è stato versato direttamente da C a Roma 2010, in relazione al trasferimento in permuta dell’attività di pizzeria della Mù Snc. “Sul punto, va peraltro sottolineata….”, si legge in sentenza, l’estraneità della dazione di euro 35.000.00 da parte del C a Roma 2010 rispetto alla pattuizione del 19/01/2012, posto che il C non aveva agito come adiectus solutionis causa della B. In altri termini, la qualificazione del rapporto tra C e Roma 2010 in termini di mutuo è argomentazione aggiunta per giustificare la presenza in giudizio del C, anche in forza del richiamo al cumulo di domande connesse. Pertanto, il motivo si qualifica come inammissibile anche perché si dirige contro un’argomentazione meramente rafforzativa che non spiega influenza sulle ragioni della decisione ( da ultimo Cass . n. 18429/2022). Non si comprende poi il riferimento alla violazione della norma sulla datio in solutum , posto che nella sentenza impugnata non viene in considerazione l’art. 1197 c.c., per la ragione che la datio in solutum presuppone che il debitore si liberi, con il consenso del creditore, eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, mentre nella specie il trasferimento dell’azienda-pizzeria di proprietà di Mù Snc era stato pattiziamente previso come parte del prezzo di acquisto. 10.-Il terzo motivo è infondato . Accantonata l’eccezione di novità della censura avanzata dai controricorrenti a pag. 22 del controricorso, che risulta smentita dall’esame da parte della Corte distrettuale del terzo motivo di appello, non risponde al Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -14- vero che la decisione impugnata difetti di motivazione sul punto. Le argomentazioni per il rigetto dei motivi sono state riportate dagli stessi ricorrenti e contengono anche la censurata“mancata presa di posizione” riguardo alla ammissione delle prove compiuta dal giudice di prime cure. Il che è ampiamente sufficiente per respingere la critica di omessa pronuncia, che sussiste solo quando il giudice abbia totalmente mancato di decidere su alcuni capi della domanda, posto che l’insufficiente esame dell'argomentazione delle parti integra semmai un vizio di natura diversa, ma non incide sulla sussistenza del momento decisorio (Cass. n. 5730/2020). Non sussiste dunque alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., ma neppure delle norme che regolano l’ammissione della prova testimoniale, come specificate –in presenza di contratti redatti in forma scritta o che debbano essere modificati solo con forma convenzionale ad substantiam- dalla giurisprudenza della Corte (per l’affermazione che la prova testimoniale deve ritenersi ammissibile quando essa non miri ad ampliare, modificare o alterare la disciplina obiettiva prevista nel contratto stipulato per iscritto ma abbia ad oggetto elementi di meraintegrazione e chiarificazione del contenuto della volontà negoziale: Cass. nn. 1742/22;5071/2007). Con motivazione insindacabile se correttamente argomentata, come nella specie, la Corte di merito ha accertato che i capitoli avevano un contenuto tale da non integrare il divieto dell'art. 2721 c.c., che le prove orali non erano state decisive poiché il Tribunale aveva fondato il suo convincimento sui documenti a cui i capitoli si riferivano e che comunque erano state utilizzate in relazione ad aspetti estranei alle pattuizioni di cui alla scrittura del 19.01.2012. Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -15- 11.-Parimenti infondato è il quarto motivo. Con esso le ricorrenti contestano la sentenza, denunciandone la nullità per avere ritenuto la formazione del giudicato sulla non inadempienza della B, a causa della mancata impugnazione sul punto. La decisionegravata, con motivazione adeguata e puntuale rispetto alla formulazione e al contenuto dei motivi di appello, conferma che nessuno di questi ha investito il punto disatteso dal primo giudice. Il fatto che nella comparsa conclusionale di primo grado di parte ricorrente, in ordine al quinto motivo di appello (“significativamente” intitolato “dell’inadempimento delle parti appellanti”), si introducessero considerazioni riguardo all’inadempimento della B a nulla rileva, per non essere stata la specifica statuizione oggetto di gravame. L'inosservanza dell'onere di specificazione deimotivi di appello, imposto dall'art. 342 c.p.c., determina l'inammissibilità dell'impugnazione e costituisce un limite alla possibilità stessa per il giudice diappello di rilevare d'ufficio questioni attinential merito della res iudicanda. Di nessun pregio appaiono le argomentazioni addotte in ricorso e dirette a segnalare che l’atto di appello era volto ad ottenere la riforma totale dell’impugnata sentenza e l’accoglimento delle domande già spiegate in primogrado. Anche a volere ritenere, in conformità a taluni precedenti di questa Corte, che, quando dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni contenute nell'atto diappello risulti la volontà di sottoporre l'intera controversia al giudice dell'impugnazione, il giudice di appello “è tenuto a riesaminare anche quelle parti della sentenza di primo grado che non abbiano, a differenza di altre, formato oggetto di specifica trattazione nel suddetto atto, in quanto comunque coinvolte nell'integrale impugnazione della Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -16- prima pronuncia” (Cass. n. 17013/2010), resta decisivo il passaggio della motivazione del giudice di appello sul contrasto della volontà di impugnare l’affermato adempimento della B con il tenore dei motivi di appello (che hanno messo in discussione non già l’inadempimento della B ma esclusivamente la scarsa importanza di quello delle ricorrenti) e il palese contrasto di questi con l’ottavo motivo, con il quale le appellanti deducevano che la B avrebbe dovuto intimare loro una diffida ad adempiere, che -come noto - deve provenire dalla parte adempiente. La decisione impugnata fa dunque corretta applicazione dei principi in tema di distribuzione degli oneri probatori, posto che spettava alla B, che agiva in risoluzione, di dare unicamente dimostrazione del titolo, ossia del contratto di cui si invoca la risoluzione e dell’eventuale termine di scadenza previsto per l’adempimento, nonché allegare l’inadempimento della controparte (Cass. n. 826/2015;Cass. n. 15659/2011;Cass.S.U.n. 13533/2001) e motiva correttamente anche sulla non scarsa importanza dell’inadempimento delle ricorrenti, rilevando che gli attuali ricorrenti non hanno provveduto ad adempiere alla consegna della documentazione idonea a dimostrare la legittimità amministrativa degli immobili oggetto di cessione in funzione della stipulazione del contratto di compravendita, “negando in radice di essere tenute a fornire detta documentazione”. 12.-Anche il quinto motivo è infondato. Si legge nella sentenza impugnata che non è onere dell'acquirente quello di procurarsi la documentazione necessaria alla stipula, ma che il rilascio della stessa compete alle cedenti, “quale effetto naturale della loro accettazione della proposta della B ed anche a prescindere da specifiche Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -17- clausole che la prevedano espressamente, trattandosi di accertamenti e dell’acquisizione di documentazione da cui desumersi la regolarità amm inistrativa dei beni oggetto di cessione da parte loro” . La Corte di appello individua dunque nella volontà delle parti la fonte dell’obbligo di consegna della documentazione attinente alla regolarità amministrativa dei locali dove si svolgeva l’attività di ristorazione. Secondo le ricorrenti , invece, tale obbligo non poteva derivare dalla legge, atteso che quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 1477 c.c. attiene al contratto d efinitivo di compravendita, ma neppure dalla volontà delle parti, non essendovi traccia, nella scrittura privata, di assunzione di un tale impegno da parte loro. Va ricordato che nel caso di specie si è al cospetto, come già si è detto (supra, § 8), di una operazione negoziale complessa (avviata con un preliminare di preliminare, già impegnativo per le parti: Cass. S.U. n. 4628/2015) che coinvolgeva, oltre la vendita degli immobili, anche la cessione di azienda (il trasferimento dell’attività di ristorazione, dunque, con i locali, il terreno adibito a parcheggio e tutti i cespiti, dehor compreso, impiegati per lo svolgimento di questa attività), con un programma “esecutivo” che prevedeva la “presa di possesso del locale e dell’attività” entro il 1 maggio 2012, dopo la stipula del preliminare fissata al 19marzo 2012 ma prima della stipula del contratto definitivo da sottoscriversi “entro i 30 giorni successivi alla firma del preliminare e comunque dopo il frazionamento”. Il perseguimento di questo scopo e la realizzazione dell’interesse degli acquirenti richiedeva la dimostrazione, da parte delle cedenti, della possibilità di un regolare esercizio dell’attività promessa in vendita prima della stipulazione del contratto definitivo, visto anche il rilevante valore economico Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -18- dell’acquisto (euro 1.200.000,00). Questo “effetto naturale” dell’impegno assunto, come lo definisce il giudice a quo, anche non codificato in una specifica pattuizione, trova il suo fondamento nell’interpretazione del contratto secondo il canone della buona fede, cheimpone di non frustrare l’altrui interesse oltre il ragionevole sacrificio del proprio , “ avuto riguardo allo ‘scopo pratico’ perseguito dalle parti c on la stipulazione del contatto, e quindi a lla relativa ‘ causa concreta ’ " (Cass.34795/2021). La decisione gravata, dopo avere precisato che non vi è in atti prova della regolarità amministrativa dei beni oggetto della cessione, che, tra l’altro “riguardando un'attività di ristorazione, presupponevano non solo la regolarità degli immobili e della loro destinazione ma anche degli impianti destinati all'esercizio di tale attività”, ha ricostrui to puntualmente il comportamento delle parti richiamando anche la lettera datata 10 luglio 2012 con cui la B aveva intimato a Roma 2010 e a R Ss di provvedere alla consegna della documentazione idonea a dimostrare la legi ttimità amministrativa degli immobili oggetto di cessione, ritenendola necessa ria ai fini della redazione non solo del “compromesso”, ma del “ contratto di compravendita valido per il subentro alla proprietà”. Questa richiesta non è stata evasa dalle ricorrenti che hanno negato in radice di essere tenute a fornire detta documentazione, come già ricordato, con ciò assumendo – scorrettamente -una posizione di mancata collaborazione per la riuscita dell’operazione contrattuale (si legge a pag. 16 della sentenza: “Se anche la B aveva messo a disposizione delle cedenti l'arch. F esse dovevano comunque cooperare e non potevano imporre alla prima tutta una serie di attività che contrattualmente non le competevano”). Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -19- In questo contesto il censurato richiamo compiuto dal giudice di seconde cure all’art. 1477 c.c. è chiaramente rafforzativo dei risultati dovuti alla condivisibile operazione di interpretazione della volontà delle parti, come si evince dall’incipit del periodo (“… anche perché ex art. 1477 c.c. , ultimo comma c.c. rientra tra le obbligazioni del venditore quella di consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta”). Non sussiste di conseguenza alcuna violazione delle norme denunciate con il mezzo di gravame. 13.-Il sesto motivo è anch’esso infondato , posto che la Corte di Appello di Torino ha correttamente rilevato la mancanza di prova dei ricorrenti in ordine all’impossibilità incolpevole di produrre la documentazione con l’atto di appello, compresi i documenti allegati alla denuncia penale sporta contro il teste arch. F. Di nessun pregio il rilievo di parte ricorrente secondo cui la Corte territoriale avrebbe doppiamente errato in quanto almeno uno di questi documenti allegati alla denuncia penale sporta contro il teste arch. F (la dichiarazione dell’arch. T allegata sub n. 11) reca la data del 14.01.2015. Anche per esso manca la prova dell’impossibilità di non averlo potuto produrre prima (a dispetto della data, l’incarico all’arch. T avrebbe potuto essere dato in anticipo) e trattasi comunque di dichiarazione di professionista di parte, che al più può valere come allegazione difensiva, incapace di inficiare la conclusione della sentenza. 14.-In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 15.-Stante l’esito, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti processuali per il versamento da parte del Ric. 2017 n. 20727 sez. S2 -ud. 22-09-2022 -20- ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma dello stesso art. 13 comma 1 bis, se dovuto.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi