Cass. pen., sez. II, ordinanza 16/11/2018, n. 51913

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, ordinanza 16/11/2018, n. 51913
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 51913
Data del deposito : 16 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

MPLIFICATA ORDINANZA sul ricorso proposto da: SAYAD SAAD nato a Corleone l'1 giugno 1993 avverso la sentenza del 23 giugno 2017 della CORTE APPELLO di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere M D B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. L'avv. B in sostituzione dell'avv. D L si riporta ai motivi

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.La CORTE APPELLO di Palermo, con sentenza in data 23 giugno 2017 parzialmente riformando la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Termini Imerese del 6 giugno 2016, concedeva all'imputato le circostanze attenuanti generiche ritenendole equivalenti alle aggravanti contestate in relazione al reato di tentata estorsione e, per l'effetto, riduceva la pena inflitta.

2.Propone ricorso per cassazione l'imputato, tramite il suo difensore di fiducia deducendo i seguenti motivi:

2.1 violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla valutazione delle risultanze probatorie, per avere omesso di considerare alcune circostanze essenziali. In particolare il ricorrente si duole che la corte di appello non abbia diversamente qualificato il fatto ascritto all'imputato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con violenza sulla persona. A sostegno di tale assunto rileva che gli unici elementi esterni alle dichiarazioni della persona offesa provenivano da testi che avevano corroborato la ricostruzione del fatto fornita dall'imputato e dal coimputato C. Ed infatti anche dalle dichiarazioni confessorie in merito all'aggressione dei due imputati emergeva che la vicenda prendeva le mosse da un credito vantato da uno dei tre correi, il coimputato A, nei confronti della persona offesa per un non meglio precisato prestito. Tale pretesa avrebbe potuto essere fatta valere in giudizio e appare determinante per la corretta valutazione del reato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
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