Cass. civ., sez. I, sentenza 11/02/2005, n. 2871
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Nel sistema di disciplina della stima dell'indennizzo espropriativo introdotto dall'art. 5-bis, legge n. 359 del 1992, un'area va ritenuta edificabile quando come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici al momento dell'apposizione del vincolo espropriativo, mentre la cosiddetta edificabilità "di fatto", correlata alle peculiari circostanze del caso che rafforzano o comprimono l'edificabilità, rileva esclusivamente in via complementare od integrativa, nella fase dell'apprezzamento del valore venale, con la conseguenza che sulla parte che invoca dette circostanze, al fine di sostenere una variazione in positivo o in negativo del valore dell'area derivante dall'attitudine edificatoria fissata dagli strumenti urbanistici, grava l'onere di allegarle e di dimostrarle
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L G - Presidente -
Dott. G G - rel. Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. R V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Provincia di Macerata, in persona del presidente prof. S P, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Prati Fiscali n. 158, presso l'avv. S D V, che, con l'avv. R F, la difende per procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
A L, elettivamente domiciliato in Roma, via degli Scipioni n. 191, presso l'avv. A A, che, con l'avv. P B, lo difende per procura a margine del controricorso;
- resistente -
per la cassazione della sentenza della Corte d'appello d'Ancona n. 403 del 12 giugno-12 ottobre 2001, notificata il 18 gennaio 2002;
sentiti:
il Cons. Dott. G, che ha svolto la relazione della causa;
l'avv. D V, per la ricorrente, e l'avv. B, per il resistente;
il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale S F, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione provinciale per le espropriazioni di Macerata il 18 marzo 1998 ha determinato in lire 225.931.625 l'indennità dovuta dalla Provincia di Macerata ad A L in dipendenza dell'espropriazione di un terreno di mq. 4913 per la costruzione della nuova sede del liceo scientifico di Recanati.
Tale stima, basata sulla qualificazione dell'area come edificabile, è stata contestata dinanzi alla Corte d'appello d'Ancona tanto dalla Provincia, quanto dal L, con opposizioni proposte il 18 ed U 26 giugno 1998.
Dopo il decreto d'espropriazione, reso il 6 ottobre 1998 sulla scorta dell'indennità indicata dalla Commissione, il 29 ottobre ed il 20 novembre 1998 le parti hanno rinnovato le rispettive opposizioni. La Corte d'appello ha riunito le cause, ha disposto consulenza tecnica, e, con sentenza depositata il 12 ottobre 2001 e notificata il 18 gennaio 2002, ha liquidato in favore del L la complessiva somma di lire 371.380.666, di cui lire 295.111.625 per indennità d'espropriazione e lire 76.269.041 per indennità d'occupazione, oltre agli interessi legali, fra l'altro osservando;
-che l'area espropriata, secondo le previsioni del piano regolatore generale del Comune di Recanati approvato nel 1973, era inclusa in un'ampia zona destinata ad espansione residenziale, con possibilità di realizzare un volume di metri cubi 367.500, e, dunque, era da reputarsi edificabile, al fine dell'applicazione dell'ari. 5 bis del d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (inserito dalla legge di conversione 8 agosto 1992 il 359);
- che tale edificabilità di diritto era insensibile alla sopravvenuta inefficacia, per decorso del termine decennale di cui all'art. 16 quinto comma della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, del piano particolareggiato approvato nel 1977, e che inoltre
detta scadenza non elideva in concreto le possibilità di edificazione (sia pure nel rispetto degli allineamenti e delle prescrizioni che avevano già trovato attuazione nella fase di esecuzione dello stesso piano particolareggiato);
- che la tesi dell'esaurimento nel terreno espropriato della volumetria realizzabile era contrastata dall'indicata previsione di edificabilità per tutti i suoli compresi in quella zona, e non era sorretta da deduzioni e prove circa pregresse utilizzazioni o cessioni da parte del L di quote d'edificabilità;
-che la destinazione specifica alla costruzione di scuola, stabilita con delibera municipale dell'11 luglio 1994 in via di variante del piano regolatore generale, non autorizzava una valutazione del fondo espropriato differenziata rispetto alle altre aree della zona, in quanto la destinazione medesima era attuabile anche da privati;
-che la decurtazione del 40% della semisomma del valore venale e del cosiddetto valore fiscale, contemplata dal primo comma del citato art. 5 bis, non era applicabile, per l'inadeguatezza dell'offerta indennitaria a suo tempo effettuata dall'Amministrazione espropriante.
La Provincia di Macerata, con ricorso notificato il 4 marzo 2002, ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d'appello d'Ancona, formulando tre motivi d'impugnazione.
Il L ha replicato con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Provincia, con il primo motivo del ricorso, torna a sostenere che la riduzione del 40% della media fra il valore di mercato ed il reddito dominicale rivalutato dell'ultimo decennio, stabilita dall'alt. S bis del d.l. n. 333 del 1992, doveva essere nella specie effettuata, dato che l'esigenza di una preventiva offerta indennitaria di ammontare adeguato sussiste soltanto nella fase transitoria di applicazione di detta norma nei procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, non rispetto ai procedimenti instauratisi successivamente, per i quali la decurtazione è evitabile solo nel caso del perfezionarsi della cessione volontaria, o comunque della manifestazione da parte dell'espropriato di volontà o disponibilità al riguardo (volontà non espressa dal L, che non aveva accettato nemmeno la consistente stima della Commissione).
Il motivo è infondato.
In adesione al prevalente orientamento giurisprudenziale (Cass, 16 marzo 2001 n. 3833, 11 maggio 2001 n. 6538, 2 aprile 2003 n. 5059, 4 aprile 2003 n. 5257), che ha trovato l'avallo delle Sezioni unite con la sentenza 2 luglio 2004 n. 12139, si rileva che l'art. 5 bis, sia per le espropriazioni già disposte al momento della sua entrata in vigore ed ancora in corso, sia per quelle successive, non stabilisce una regola indennitaria generale, comprendente l'abbattimento del 40% ogni qual volta non si pervenga a cessione volontaria, ma prevede la riduzione di detta semisomma solo se sia stata effettivamente assicurata all'espropriato l'alternativa della cessione (o dell'accordo sull'ammontare dell'indennità), tramite un'offerta dell'espropriante congrua, cioè pari o prossima all'importo dovuto. Nella vicenda in esame la Provincia non ha addotto di aver effettuato un'offerta del tipo indicato, e, peraltro, si è opposta alla stima della Commissione, sostenendo che l'indennità era da determinarsi sulla scorta dei valori agricoli tabellari, e così ha precluso ogni possibilità di accordo di cessione anche sulla base di detta stima (comunque inferiore all'importo poi riconosciuto dovuto in esito al giudizio).
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, con censure connesse, riguardano la qualificazione del fondo del L come edificabile e l'individuazione del livello delle effettive possibilità di fabbricazione, con i connessi riflessi sulla determinazione del valore venale dell'immobile;
Denunciandosi la violazione degli artt. 5 bis del d.L. 11 luglio 1992 n. 333, 19 e seguenti della legge 22 ottobre 1971 a 865, 14 e
seguenti della legge 28 gennaio 1977 n. 10, 16 e 17 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, nonché l'inosservanza della disciplina dei
menzionati piani del 1973 e del 1977, ed inoltre la mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, si ricorda che il terzo comma di detto art. 5 bis, facendo riferimento alle possibilità effettive oltre che legali di edificazione, espressamente attribuisce rilevanza alla cosiddetta edificabilità di fatto, si richiamano i principi elaborati da questa Corte circa la necessità di tenere conto della relativa situazione al fine di stabilire le concrete facoltà edificatorie (che segnano il valore di mercato), e si critica la Corte d'appello:
- per non aver escluso l'edificabilità di fatto, in quanto tutta la volumetria consentita, od almeno la quota di essa inerente alle costruzioni residenziali, era stata utilizzata, di modo che eventualmente residuava solo la possibilità di realizzare opere di urbanizzazione e servizi (implicante valori venali inferiori), come avrebbe potuto chiarire il consulente d'ufficio e del resto già risultava dalla consulenza di parte;
- per non aver rilevato che la sopraggiunta scadenza del piano particolareggiato rendeva in ogni caso inattuabile l'edificazione residenziale, essendo le previsioni al riguardo del piano regolatore condizionate all'approvazione ed alla persistente vigenza di tale piano particolareggiato;
- per aver trascurato che la destinazione dell'area espropriata a strutture scolastiche determinava un valore commerciale notevolmente inferiore a quello proprio dei suoli edificabili a fini residenziali. I motivi sono infondati.
L'edificabilità legale, discendente dalle previsioni e classificazioni degli strumenti urbanistici, è criterio prevalente ed in sè autosufficiente per la qualificazione del terreno espropriato come edificabile e per l'applicazione delle regole indennitarie di cui all'art. 5 bis del d.l. n. 333 del 1992 (introdotto dalla legge di conversione n. 359 del 1992), mentre l'edificabilità di fatto, correlata alle peculiari circostanze del caso che rafforzino o comprimano la traducibilità in concreto di quelle potenzialità, non è contrapponibile, ne' sovrapponibile all'edificabilità legale, ed ha influenza soltanto complementare od integrativa, nella fase dell'apprezzamento di detto valore venale (v. Cass. s.u. 23 aprile 2001 n. 172, che ha condiviso e ribadito l'orientamento giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente). Dette particolari circostanze, in ragione della loro portata eventualmente correttiva della stima desumibile dall'indice d'edificabilità legale, devono essere allegate e dimostrate da chi sostenga nel caso di specie una variazione in positivo od in negativo del valore derivante dall'attitudine edificatoria fissata dagli strumenti urbanistici, in base ai canoni generali sull'onere della prova di cui all'art. 2697 cod. civ.. Queste rilievi portano a disattendere la prima e la seconda delle riportate deduzioni.
Quanto al preteso esaurimento in concreto delle potenzialità edificatorie del fondo del L, per utilizzazione o cessione della cubatura realizzabile, va osservato che l'affermazione della mancata dimostrazione di detto esaurimento, con la quale la sentenza impugnata ha deciso sul punto nell'implicito presupposto che spettasse all'espropriante tale dimostrazione, si conforma al principio sopra enunciato circa l'onere della prova, e non viene efficacemente confutata dalla ricorrente, che si limita ad un generico riferimento alla relazione del proprio consulente ed all'opportunità di riconvocare a chiarimenti il consulente d'ufficio, senza la doverosa indicazione di quali specifici elementi l'uno o l'altro avrebbero potuto fornire a corredo di quella situazione.
La deduzione poi del carattere condizionato dell'edificabilità residenziale contemplata nel piano regolatore del 1973, nel senso che avrebbe presupposto la perdurante operatività del piano particolareggiato e sarebbe venuta meno a seguito dell'inefficacia di quest'ultimo per decorso del termine decennale, non considera la menzionata decisività, ai fini in esame, delle classificazioni degli strumenti urbanistici, non si traduce in pertinenti contestazioni avverso l'accertamento della Corte d'appello in ordine alla presenza nel piano generale di una diretta previsione d'edificabilità dell'area a scopi residenziali (in sè sufficiente per l'attribuzione dell'edificabilità legale), ed inoltre, ove sottende l'interferenza della sopravvenuta inefficacia del piano particolareggiato sull'edificabilità di fatto, difetta di specificazioni circa l'attitudine della relativa circostanza a ridurre il valore venale al di sotto dell'importo stimato dalla sentenza impugnata. Quanto infine alla destinazione dell'area ad edificazione scolastica, si deve in via assorbente considerare che la Corte d'Ancona ha individuato il titolo di tale destinazione in una variante del piano regolatore, specificamente deliberata nel 1994 proprio per la costruzione del nuovo liceo scientifico.
Detta destinazione, pertanto, deriva da imposizione di vincolo preordinato all'espropriazione, il quale non è computabile, ai sensi del terzo comma dell'art. 5 bis, a detrimento delle spettanze indennitarie dell'espropriato.
Ne consegue l'utroneità della problematica inerente all'incidenza sul valore venale di terreni del vincolo ad edilizia scolastica ed infrastrutture, che sia previsto a titolo conformativo, cioè con riguardo ad un'intera zona, o ad una parte omogenea di essa, non ai singoli fondi su cui si progetti la costruzione di una determinata scuola.
In conclusione il ricorso deve essere respinto, con la conseguenziale condanna della Provincia al pagamento delle spese di questa fase processuale.